Festival dell’antifascismo, “Esiste un femminismo di destra?” “No”, risponde Sara Lucaroni

Dalle amanti del Duce alle donne di potere nell’Italia post-berlusconiana, il libro di Sara Lucaroni ci mostra quanto poco sia cambiato, e quanto serva ancora il femminismo. "La destra e le donne. Da Mussolini a Giorgia Meloni" non è solo una storia documentata, ma un tentativo di riaprire il discorso pubblico sull’immaginario femminile nella società italiana. Con ironia e profondità

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“Ma allora perché non portiamo Sempre lui. Perché Mussolini non muore mai’ ad Ascoli?. Così, semplicemente, a cena, qualche mese fa, parlando con Sara Lucaroni, giornalista e scrittrice di grande lucidità. Avevamo appena presentato La luce di Singal, il suo reportage sul genocidio degli Yazidi. “Ma non un semplice evento dedicato al libro,” ragionavamo, “qualcosa di partecipato, con tutta l’opposizione. Con tutte le realtà antifasciste, no?”. Le avevo raccontato un po’ della complessa situazione politica ascolana.
Poi -nei mesi successivi- mentre già si parlava di portare ad Ascoli anche il nuovo libro uscito a maggio, “La destra e le donne. Da Mussolini a Giorgia Meloni, è successo qualcosa. La vicenda di Lorenza de L’assalto ai forni (di cui parlammo QUI e QUI). Le mando quasi in tempo reale il video. Lei lo pubblica e le visualizzazioni si impennano e oggi sono a oltre un milione. “Ogni giorno ci sono commenti, apro Instagram e mi ricordo della tua città”. Segue poi la grande manifestazione antifascista (raccontata QUI). Capiamo che non c’è più tempo per rimandare. È urgente.
Troppe volte, a sinistra, si aspetta. Si discute per dividersi. “Io sono più credibile”. “Tu sei troppo a sinistra” (o viceversa). “Io non vengo se c’è lui/lei/loro”. Basta, serviva un fronte comune — non elettorale, ma culturale. Uno spazio condiviso per riattivare e ricostruire, insieme, una comunità. Unita.

Sara Lucaroni con (quasi) tutti i rappresentanti delle realtà partecipanti

Qualcuno dice che l’antifascismo sia superato. Ma come scriveva Norberto Bobbio, andare oltre fascismo e antifascismo significa metterli sullo stesso piano. E come dice Tomaso Montanari, il fascismo oggi è “la manifestazione violenta della paura. Paura di vivere, di essere umani fino in fondo”. La Resistenza non è finita. È nelle lotte di oggi: per il lavoro, per i diritti, per la pace. Vuol dire stare dalla parte dei subalterni, di chi vuole cambiare il mondo. La Costituzione, ricordava Calamandrei, è una rivoluzione promessa. Ma il problema è che non l’abbiamo mantenuta. E allora, oggi più che mai, serve prendere la parola. Serve uscire dall’isolamento, ritrovarci. Come hanno detto pochi giorni fa i Wu Ming: “Tornare a fare cose insieme coi corpi è l’unico vero modo per arginare l’epidemia di solitudini… incontrare lettrici e lettori è già politico. È già lotta”. Ecco, questo è stato solo l’inizio.

Esiste un femminismo di destra?”. È da questa domanda, solo all’apparenza retorica, che parte il suo intervento. Il pubblico – decine e decine di persone, fra chi era seduto, chi in piedi, chi si fermava con la bici nello spazio esterno de La Birretta a largo Crivelli – ascolta con attenzione. Un pubblico a prevalenza femminile, partecipe, mentre l’autrice, con la sua grande capacità affabulatoria, raccontava i suoi libri (e molto di più). “Non esiste. È un concetto falso. È una narrazione che serve a rafforzare modelli regressivi, non a liberare davvero le donne”:

Perché il punto è proprio lì: che cos’è emancipazione? Le donne della destra sono spesso descritte come forti, indipendenti, ce l’hanno fatta. Ma a quale prezzo? Non mettono mai in discussione il potere. Lo abitano. Lo servono. Lo rafforzano”. E, quindi: “Non sono femministe, perché non vogliono cambiare le regole del gioco. Vogliono solo giocare meglio con le regole già scritte dal patriarcato”. Regole che l’autrice rivela, con sincerità, di aver dovuto subire professionalmente (e lo ricorda bene nella sua introduzione nel libro).

Il libro non è un saggio dotto, ma si vuole rivolgere a tutti. Ma è preciso e documentatissimo e ironico. Lucaroni ricorda uno studio del 2019 che ha analizzato i discorsi di figure come Giorgia Meloni, Flavia Perina, Daniela Santanché: per loro si può parlare come di un “emancipazionismo complementarista”. Si tratta di un approccio che combina elementi liberali e neoliberali all’interno di una visione conservatrice della società. Ci si muove nel solco di un modello familiare tradizionale, fondato sul lavoro salariato maschile e sulla funzione riproduttiva e di cura assegnata alle donne.
Tutte si dichiarano donne forti. Ma lo fanno partendo dal rifiuto della solidarietà femminile. Io ce l’ho fatta da sola. Io non sono vittima. Io non sono come le altreE in quel non sono come le altre c’è l’intero edificio retorico di un potere maschile che divide, che isola, che trasforma la donna in una singolarità docile: funzionale, spendibile, inclusa ma subordinata.
Lucaroni si sofferma a lungo su Giorgia Meloni, che è una delle protagoniste del libro: “Meloni è l’esempio perfetto di una donna che ha raggiunto il potere senza mai mettere in discussione i suoi meccanismi. Anzi, ne è diventata garante. Ha promosso un modello femminile che esclude ogni istanza collettiva, ogni orizzonte di liberazione. E precisa: “Il suo è un femminismo del merito che nega le condizioni strutturali di disuguaglianza. Dice: io sono qui, quindi tutte possono farcela. Ma non è così. È una bugia utile al potere.

C’è poi il nodo della maternità, del ruolo sociale della donna: “Oggi c’è un’offensiva culturale che vuole riportare la donna al suo ruolo tradizionale. Madre, moglie, custode dell’ordine domestico. La destra propone sicurezza, ma in cambio chiede obbedienza. È il contratto patriarcale aggiornato alla contemporaneità. E ancora: “La maternità non è più solo una scelta privata. È diventata un dispositivo politico. Lo Stato ti incentiva solo se ti comporti da madre, secondo un certo modello. Se sei queer, se sei single, se sei precaria, no. Sei fuori dalla cornice.

Non manca una riflessione più ampia sul linguaggio della destra: “È un linguaggio che rassicura. Che semplifica. Il mondo è complesso? Ti dico io come stanno le cose. E in quel pacchetto c’è anche il ruolo delle donne: ordinate, composte, performanti, ma mai veramente libere.

E poi ricorda Daniela Santanchè: “Io sono l’emblema, io sono il vostro male assoluto, sono una donna libera, porto i tacchi da dodici centimetri, ci tengo al mi fisico, amo vestirmi bene”. Oltre alle donne belle e curate, anche la ricchezza è di destra giustamente.

Lucaroni intreccia anche la storia. Torna al fascismo, agli anni del regime, alle disuguaglianze sancite dalla legge di cui si occupa nella prima parte del libro. “Mussolini diceva che la donna doveva stare a casa, fare figli, servire la patria. Ma intanto manteneva decine di amanti con stipendi pubblici. È sempre stato così: controllo, ipocrisia, sessualizzazione del potere. Parla delle amanti del duce, perché ha scritto una sua vera e propria (interessantissima) biografia sessuale, facendo parlare le sue innumerevoli donne.
Parla dei modelli veicolati dal cinema e dalla televisione, dal berlusconismo in poi: “Il ventennio di Berlusconi ha ipersessualizzato la politica. Le quote rosa venivano usate come premi fedeltà: carriere costruite su avvenenza e complicità. Ha creato un modello femminile plastificato, decorativo, completamente dipendente dallo sguardo maschile. Ci ha fatto più male di quanto vogliamo ammettere. E anche qui ampio spazio è dato alla voce delle donne protagoniste di quella fase. “Il duce era tragico, Berlusconi farsesco, ma il principio è identico: la donna deve compiacere. Non disturbare. Può esserci, ma solo in forma decorativa.

La riflessione arriva torna all’oggi, e al femminismo contemporaneo: “Ci sono linguaggi femministi che vengono assorbiti dalla destra e svuotati di senso. Si prende la parola differenza, la si trasforma in essenzialismo. La donna è donna perché è madre, perché è più sensibile, più spirituale. Ma è una differenza mitologica, mistica, che serve solo a recluderci in ruoli prescritti. Come ricorda una delle tante, forti, voci che parlano nel libro (in questo caso è Luciana Castellina): “Certo che sono differenti le donne, il problema non è farle stare a casa, ma cambiare la società per consentire loro di fare figli e anche di fare gli ingegneri astrofisici”.
E poi si torna al punto di partenza, che è anche la conclusione implicita: “Il femminismo non è dire io ce l’ho fatta. È dire ce la facciamo insieme. È capire che non basta una donna al potere per dire che le cose sono cambiate. È costruire reti, corpi, legami. Il personale è politico. E se perdiamo questa grammatica, perdiamo tutto.

E poi si amplia la riflessione verso la situazione politica attuale: “È fascista questo governo o no?”. Le posizioni, spiega, sono essenzialmente due. Da un lato Marco Travaglio, che sostiene: “Più che fascisti, sono incompetenti assoluti, con qualche nostalgismo particolare, perché la formazione è quella”. Dall’altro Tomaso Montanari, secondo cui “un pericolo effettivamente c’è, perché le scelte ideologiche sono molto chiare, precise, nette”.
Io mi sento a metà”, commenta Lucaroni. “A volte sembra si esageri, in altri momenti però… vedo dei tratti, c’è qualcosa che non se n’è mai andato. Ho scritto 400 pagine su questo, in Sempre Lui”.

Poi ci si chiede, perché la destra seduce? “In un mondo che frana, in cui vale tutto, in cui sembra che le regole saltino, dove è impegnativo pensare, mettersi in gioco, confrontarsi… in cui la democrazia è diventata ancora più faticosa perché vuol dire guardarsi intorno, confrontarsi, mettersi in discussione, concedere spazi, perderli… le persone preferiscono affidare il proprio mondo e magari il proprio pensiero a qualcun altro, che ritengono forte e rappresentativo. Qualcuno che vince e convince, che parla per slogan, che semplifica la complessità del mondo”.
E noi “non abbiamo voglia di affrontarla, questa complessità. Così ci affidiamo a chi propone ordine e sicurezza, a chi ha un’idea chiara, netta: ‘Noi siamo il popolo e vi difendiamo.’ La gente ci crede. ‘Vi risolvo i problemi.’ Perché il mondo spaventa. Allora escludiamo, richiudiamo tutto nel nostro cerchio. È il meccanismo della paura”.

E la sinistra, perché si divide? La grande domanda: “E una bella risposta me l’ha data una volta Luciano Canfora: Perché a sinistra abbiamo tante idee. Le condividiamo, ne discutiamo, litighiamo… e da ogni discussione ne nascono di nuove. È normale che ci si divida, quindi.
Però è un dato di fatto che questo sia controproducente. Sarebbe importante, anzi fondamentale, riuscire a superare alcuni limiti e riuscire a stare insieme. Tenere insieme tutte queste idee, senza snaturarne nessuna. La sinistra, in fondo, è un grande noi che non esclude nessuno.
A destra non possono dividersi. Da cent’anni un’idea hanno: che vuoi che si dividano? Son sempre quelli.
Eppure questo nostro fermento di idee è una ricchezza. Non possiamo condividere tutto, tutti, sempre. Ma possiamo imparare a tenerle insieme. E combattere la paura, insieme”.

E allora -mentre sorridevamo per qualche voce lontana che urlava: “Viva Giorgia Meloni”- intervenivano con entusiasmo le varie realtà politiche, sociali, culturali, sindacali partecipanti, oltre a liberi cittadini e  libere cittadine pronti a costruire quel NOI.

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