“Scommessa sul passato”: il teatro Filarmonici va in analisi

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“La normalità è solo una statistica, che vi devo dire?”. Un testo cerebrale, costruito come un gioco a incastri dove le battute si rincorrono fra paradossi, ironie e improvvise verità. Scommessa sul passato – Commedia onirica in sei sedute, scritta e diretta da Francesco Tranquilli, si presenta subito così: come un esperimento lucido e visionario, in cui la psicoterapia diventa una scena, e la scena una forma di conoscenza.

La protagonista, Angela, interpretata da una intensa Daniela Fioravanti, entra in scena con l’inquietudine di chi non cerca risposte ma tenta almeno di dare un ordine al caos. È un’insegnante, ma anche una donna che ha perso i contorni del proprio equilibrio sentimentale. A ricomporre i frammenti della sua vita è il colloquio con uno psicologo — o meglio, uno psicoterapoeta, come ama definirsi il personaggio interpretato da Ettore Picardi, figura ironica e colta, capace di passare da una citazione letteraria a una pillola di saggezza di suo conio con la stessa sorridente imperturbabilità.

Il pubblico ascolta, sorride, si stupisce. Le battute fra terapeuta e paziente non restano confinate nello spazio del palcoscenico: si rifrangono nella platea come echi. Qualcuno commenta a bassa voce. È il segno che lo spettacolo non racconta “una” storia, ma molte. Tutte quelle che ognuno porta con sé quando si siede al buio, pronto a guardare gli altri per capire un po’ di sé.

Ma Scommessa sul passato non è solo un dialogo: è un percorso nei sogni. Ogni volta che la luce cambia — e si fa più tenue, irreale — la scena si trasforma in un viaggio interiore. Angela incontra le sue sorelle gemelle, Barbara e Cecilia (entrambe interpretate con energia e sfumature da Valentina Pacetti), e quel doppio riflesso familiare diventa una specie di specchio deformante, dove le identità si moltiplicano e la memoria si sdoppia. Nei sogni torna anche Enrico, l’amore “morto ma non troppo”, impersonato dallo stesso Tranquilli: presenza-assenza, ombra e carne, rimpianto e ironia.

Il ritmo dello spettacolo alterna con sapienza momenti di leggerezza e improvvisi scarti di commozione. C’è una musicalità sottile nel testo, accentuata dal tema musicale originale Angela’s Dream, composto dallo stesso Tranquilli e arrangiato da Marco Primavera, eseguito con grazia da Erika Vagnoni. Le note fanno da ponte fra veglia e sogno, fra la razionalità del dialogo terapeutico e la vertigine dell’inconscio, come se la musica avesse il compito di tradurre ciò che la parola non osa dire.

Ciò che colpisce è la struttura quasi speculare del racconto: ogni seduta con il terapeuta spalanca un nuovo frammento di sogno, e ogni sogno restituisce ad Angela — e al pubblico — un pezzo di realtà. È come se la memoria stessa fosse una drammaturgia, con le sue luci, le sue omissioni, le sue improvvise epifanie. In fondo, anche la psicanalisi è una forma di teatro: un copione che si riscrive ogni volta che lo si racconta.

Alla fine, quando il sipario si chiude, l’inaspettato: non cala il buio definitivo. Tranquilli, con un gesto che rompe la quarta parete — come già era accaduto nel corso dello spettacolo — annuncia che gli attori scenderanno dal palco per incontrare il pubblico. È una chiusura simbolica, coerente con lo spirito dell’opera: la terapia, come il teatro, si compie solo nel contatto con gli altri, nel riconoscimento reciproco di chi ha appena recitato e di chi, in silenzio, ha partecipato.

Fuori scena, nelle parole che restano, aleggia il senso del titolo: scommettere sul passato è forse l’unico azzardo possibile per chi vuole davvero cambiare. “Scommettere” significa credere che il passato non sia un dato immutabile, ma una materia viva, da rielaborare, da discutere, da perdonare. In fondo, è quello che fanno gli attori in scena: cercano nel proprio passato fittizio qualcosa di autentico, e nel farlo ci restituiscono un frammento di verità.

Il pubblico, all’uscita, non fa che complimentarsi. Si scambiano impressioni, commenti. È il segno che la commedia — brillante, sentimentale, ma anche profondamente umana — ha raggiunto il suo obiettivo: farci dubitare che la memoria sia davvero ciò che ricordiamo.

E forse la vera “scommessa sul passato” non è quella di Angela, ma la nostra: avere il coraggio di guardarlo, ancora una volta, per comprendere che non esiste guarigione senza racconto, né racconto senza ascolto.

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