Storie

TEDx ad Ascoli, il racconto di questa edizione dedicata alla fiducia

Quando vedo libri, non posso fare a meno di fermarmi e… comprare”. Una ragazza mostra tutto il suo entusiasmo a un’amica mentre si avvicina al tavolo di Daniele De Angelis della libreria Prosperi (di cui abbiamo parlato QUI), nel foyer del teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno. I giovani sono tanti, tantissimi, e il loro vociare – nella pausa e all’uscita – riempie tutto il teatro: si percepisce una gran voglia di partecipare, di dire la propria. Se l’occasione è il TEDx ascolano, l’auspicio è che eventi culturali di questo tipo siano parte integrande della vita cittadina (e che si comprino più libri!).

TED è l’acronimo di Technology Entertainment Design e indica un serie di conferenze iniziate nel 1984 e divenute nel corso del tempo un evento d’élite per i frequentatori della Silicon Valley e dell’imprenditoria canadese e americana. I partecipanti pagano biglietti che possono costare anche 6mila dollari, o più. La vera esplosione è a metà dei primi anni 2000, quando l’organizzazione decide di mettere a disposizione di tutti i video delle conferenze su YouTube e una piattaforma proprietaria. Così da condividere le idee non solo tra chi può pagare, ma con tutti. In pochissimo tempo i TED sono diventati un’affascinante modo per diffondere idee, esperienze, previsioni e analisi. Il format si è rivelato molto efficace perché sono conferenze brevi, con una durata di non più di 18 minuti. Ex capi di Stato, premi Nobel e in generale persone che hanno fatto cose straordinarie: entrare a farne parte è come far parte della ristretta cerchia dell’intellighenzia moderna.

Foto di gruppo finale fra speaker e organizzatori

Poi sono arrivati i TEDx, che hanno espanso il marchio con un modello di franchising che l’ha portato ovunque nel mondo. Le regole per ottenerlo sono precise e il modello resta quello originario: il breve intervento imparato a memoria e declamato con grande efficacia oratoria (e, di solito, ironia). Nessun compenso per chi è sul palco, così come onlus sono quelle che li organizzano: la filosofia è quella del volontariato, chi sa dona a chi vuole sapere, visto che al di là dell’evento fisico poi i video finiscono tutti liberamente online. Il 27 gennaio 2024 al TEDx Ascoli Piceno si sono alternati sette speaker, condividendo storie di come la fiducia, il tema della giornata, abbia giocato un ruolo essenziale nelle loro vite.

Gli speaker in un selfie sul palco

Tutti hanno sempre questo terrore di perdere il treno, quel treno che nella vita passa una sola volta. E allora si corre, e allora si pensa di essere sempre in ritardo. Se non lo si agguanta, la vita è finita. E invece non è così!”. Giulio Xhaet sviluppa progetti di formazione nativa digitale ed è responsabile della Digital Business Unit di Newton, cofondatore di Made in Digital Srl. Autore di numerosi saggi, è coordinatore scientifico e docente per la 24ORE Business School e speaker per importanti università e centri formativi. “A 29 anni ero ancora un musicista fallito e laureando in Scienze delle merendine (ovvero la tanto bistrattata Scienze delle comunicazione)”, ma da lì è poi arrivato ad essere ciò che è oggi. Come?

Spesso accade che le persone sicure di sé e di successo abbiano alle spalle un percorso turbolento, frutto di molti cambiamenti, fallimenti e ripartenze. I ricercatori hanno condotto uno studio sui cosiddetti ‘dark horse’, riprendendo il termine che indica i cavalli che nelle corse restano indietro per tutta la gara per poi rimontare alla fine. “Le persone che raccontavano di aver trovato la propria strada solo dopo tanti anni e tanti tentativi alla fine erano moltissime ed erano anche quelle che facevano le cose più interessanti. Quelle che più felici”. Se una iperspecializzazione perseguita sin dai primi anni oggi viene vista come un vantaggio competitivo, in realtà perfezionarsi in un solo campo può risultare anche un limite, così come i momenti di crisi e di improvvisazione possono essere i più utili. Se dedicare parte del tempo ad attività e compiti non immediatamente monetizzabili è ‘inefficiente’, allora l’inefficienza può essere un obiettivo da perseguire con tenacia. “Cosa volevo fare da bambino? Perché? Quali sono i modi in cui mi piace giocare? Qual è la cosa più preziosa che posso offrire agli altri? Ripartiamo da domande come queste”.

Ho iniziato con la programmazione in algo, con i primi computer negli anni Ottanta, ma non faceva per me. Ora formo ingegneri e professionisti nel settore informatico”. Con una formazione internazionale tra Paesi Bassi, Stati Uniti e un dottorato all’Università di Cambridge, Claudia Peverini è esperta di sintassi (italo-)romanza comparata, con oltre dieci anni di tutoraggio e docenza nei dipartimenti di Italianistica e Linguistica. Negli ultimi anni, si è concentrata nel settore dell’Higher Education, sviluppando progetti innovativi in collaborazione tra atenei e imprenditoria. “L’unica cosa su cui ho contato, per il mio variegato percorso, è stato l’apprendimento. E ho capito alcune cose. Imparare è qualcosa che dura tutta la vita, avviene in ogni tipo di contesto spaziale e riguarda la nostra dimensione profonda (a partire dai valori che ci muovono). L’apprendimento è qualcosa di non lineare, cambia totalmente rispetto alle persone con cui lo fai, cambia rispetto a quanto lo ritieni importante e rispetto a come ne parli”. E ha poi concluso con una citazione di Alvin Toffler: “L’illetterato del futuro non sarà la persona che non sa leggere ma chi non sa come imparare qualcosa”.

GenS è la prima community digitale e fisica che vuole connettere studentesse, mondo dell’Istruzione e aziende per diffondere la cultura STEM e permettere alle ragazze di essere informate, motivate e orientate a scegliere consapevolmente la propria il proprio futuro. “Vogliamo abbattere le barriere degli stereotipi ma soprattutto aprire le frontiere della scienza alle donne attraverso il racconto diretto delle protagoniste che hanno sfidato le troppe diffidenze che ancora esistono e raggiunto l’obiettivo” ha dichiarato Chiara Pacchioli. “Fin da piccola ero affascinata dalla natura, ma nel pieno dell’adolescenza mi sono ritrovata a fare i conti con una malattia infiammatoria cronica intestinale, la rettocolite ulcerosa, che mi ha regalato una serie infinita di visite e terapie, ricoveri, dolore e tanti fallimenti. All’università mi hanno spinto a Lingue, ma alla fine… ora a 36 anni sono laureanda in Biologia, ho tre figli e ho tantissimi progetti. Se avessi avuto più persone, in passato, ad avere fiducia in me…” ha raccontato Chiara De Marchi.

“Sono nata e cresciuta nell’Italia profonda delle ridenti colline marchigiane al confine con Emilia-Romagna, Umbria e Toscana. E sono arrivata in alto con disciplina e impegno, dovevo essere sempre la migliore”. Ha iniziato Greta Cristini.Con una doppia laurea in giurisprudenza tra Firenze e Parigi, ha vinto una borsa di studio che l’ha portata a New York per un master post-lauream di diritto americano. “Ho fatto domanda in giro e una Big Law, uno di quegli studi legali americani con dei fatturati stratosferici, mi ha contattata visto che parlavo francese, italiano e inglese. Ci ho lavorato per tre anni coronando il sogno di occuparmi di indagini anticorruzione”. Da anni, però, leggeva Limes, la rivista italiana di geopolitica, e “pensavo che il diritto potesse aiutarmi a spiegare un po’ le cose del mondo, mi accorgevo sempre di più che non trovavo lì le risposte ma nello studio della geopolitica. Da un lato a New York mi sono accorta che nel mio lavoro mi mancava lo stimolo intellettuale di cui invece mi nutro e con la geopolitica questo lo avevo quindi, semplicemente, ho fatto la scelta meno prudente possibile. ‘Ma sei pazza’ mi dicevano tutti. ‘Ma sei pazza’ mi ripetevo io”. Così dall’appartamento a pochi passi da Central Park (con relativo stipendio) torna in Italia e si rimette a studiare, con la Scuola di Limes, e poi è già sul campo, prima in Ucraina in mezzo alla guerra e recentemente in Palestina (e, nel frattempo, ha scritto un libro). “Non è stato facile, la sindrome dell’impostore è sempre dietro l’angolo. Occorre però comprendere la nostra unicità e buttarsi, tentare e ritentare”.

L’intervento di Maura Bertaglia raccoglie molti consensi, tanti apprezzano la sua storia e il modo di raccontarla, che riesce ad arrivare a tutti. Al centro, la questione della sua balbuzie. Laureata in Ingegneria, nonostante il suo problema, arriva a lavorare in finanza. E non è affatto facile, malgrado sia brava, sconfiggere i forti pregiudizi che riguardano lei come tutti gli altri 5 milioni di italiani che ne soffrono. “Ero stanca di non sentirmi mai all’altezza, mai nel posto giusto nel momento giusto e mai con la parola corretta o la frase giusta“. Tutto per quei dannati 50 secondi necessari a pronunciare correttamente. “Fino a che… ha dimostrato meno pregiudizi un algoritmo”, che la sceglie per fare l’analista di trend di innovazione. “Ma attenzione, l’intelligenza artificiale non significa per forza superamento dei pregiudizi. Tutto dipende da quali dati vengono usati per allenarla. Dipende da noi”.

Noi marchigiani siamo eccellenti artigiani” esclama Graziano Giacani, portandosi dietro un carretto (riproduzione del tradizionali biroccio marchigiano). “Eppure, manca qualcosa: non sappiamo comunicare. Produciamo come terzisti, ma sono altri a metterci il marchio, poi. Sappiamo faticare, ma non riusciamo a raccontarci”. E ne parla alla luce della sua esperienza ventennale nella comunicazione, specializzato nel progettare l’identità visiva di aziende, persone e territori. Nel 2016 ha fondato Premiata Fonderia Creativa, un’agenzia di comunicazione specializzata nel branding ed è l’ideatore di Brand Festival, il festival italiano dell’identità.

Gran finale con Mudimbi, classe 1986 e originario di San Benedetto del Tronto. A 30 anni, decide di liberarsi dalla routine del lavoro da meccanico per seguire la sua più antica passione, il rap. “O lo faccio ora o non lo faccio più… Scrivo i miei testi da solo, creo i miei videoclip. Così mi nota e poi contrattualizza una major. L’unica opportunità, inaspettata (e forse lontana da me) è Sanremo. Arrivo terzo fra i Giovani. Arriva un successo molto importante, ma non mi ci riconosco. Avevo perso la mia libertà creativa. Sto male e lascio la musica. Il mio messaggio è: ‘Non sostituiamo mai il voglio col devo’. Ora sono tornato, ma facendo le cose a modo mio. E sta andando benissimo. A volte, è meglio il crollo se serve a ‘farci’”.

Uscendo apro il profilo Instagram di Greta Cristini che parla del suo arrivo ad Ascoli. Racconta del bus da Roma, spiegando che ovviamente non ci sono trasporti adeguati (e ci viene in mente la questione della Ferrovia Salaria, di cui abbiamo parlato QUI e in generale la questione della mobilità, che abbiamo trattato QUI). Verrebbe voglia di intervistarla per chiacchierare di geopolitica, anche perché fra le altre cose abbiamo fatto entrambi la Scuola di politiche (SdP) a Roma. La contatto e.. vediamo se risponde! Ho fiducia.

Giorgio Tabani

Racconto storie.

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