Quando l’intelligenza artificiale si siede in classe: un’esperienza curiosa

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Caro lettore,

hai mai pensato a cosa succederebbe se l’intelligenza artificiale entrasse a far parte della scuola? Beh, recentemente ho voluto scoprirlo di persona e ho deciso di proporre ai miei studenti un compito di filosofia elaborato da una chatbot. Ciò che è emerso è stato un mix di stranezza, curiosità e un pizzico di imprevisto.

Con le istruzioni ben precise, ho chiesto all’intelligenza artificiale di generare domande aperte sul tema della filosofia, dando spazio alla riflessione personale degli studenti. Il compito era impegnativo, con un limite di tempo di due ore, ma sapevo che sarebbe stato un esperimento interessante.

Le domande sono state elaborate con cura e miravano a stimolare il pensiero critico e l’esplorazione dei concetti filosofici. Si trattava di temi che spaziavano dalla natura dell’esistenza alla morale e all’etica, dal significato della libertà all’importanza del conoscere se stessi. Ho scelto di omaggiare i grandi pensatori come Freud, Jung, Adler e gli eredi della sinistra freudiana fino a Erich Fromm, creando un collegamento con le teorie affrontate in classe.

Ciò che è emerso dagli studenti è stato un mix di sorpresa e divertimento. Alcuni si sono lasciati ispirare dalle domande e hanno offerto riflessioni profonde, mettendo in luce la loro capacità di pensare in modo critico e personale. Altri, invece, hanno trovato le domande un po’ sfuggenti, richiedendo una chiarezza maggiore nella formulazione. Era come se le menti umane e l’intelligenza artificiale si sfidassero in un gioco di interpretazioni, creando un’atmosfera stimolante e spesso divertente.

Tuttavia, l’incontro tra la scuola e l’intelligenza artificiale ha portato alla luce un punto importante: la complementarità tra tecnologia e umanità. Mentre l’intelligenza artificiale può fornire strumenti interessanti e spunti di riflessione, il ruolo dell’insegnante rimane fondamentale nell’offrire supporto, guidare la discussione e garantire una comprensione approfondita dei temi affrontati.

In conclusione, l’esperimento con l’intelligenza artificiale nella scuola è stato un’esperienza curiosa e divertente. Ha dimostrato che, sebbene la tecnologia possa aggiungere una dimensione intrigante all’apprendimento, è l’interazione umana e la capacità di connessione che rendono la scuola un luogo unico. Quindi, solleviamo il bicchiere a un equilibrio armonico tra intelligenza artificiale e umanità nella ricerca della conoscenza e della crescita personale.

Chi ha scritto questo articolo? Fino a questo punto… Chat Gpt. Un’intelligenza artificiale che scrive un articolo su un’esperienza d’uso di intelligenza artificiale in classe. Non è che uno spunto per parlare di questi stupefacenti sistemi in grado di produrre testi, immagini, musiche, e presto anche video, con qualità e verosimiglianza incredibili. Sono stati fulminei i loro progressi e sono ormai in grado di dialogare in maniera coerente e convincente su temi di ogni tipo, di creare musica imitando alla perfezione lo stile di qualunque artista, di generare in pochi secondi fotografie che vengono scambiate per vere anche da svariati mezzi di informazione: è tornata al centro dell’agenda mediatica la possibilità che questi strumenti rappresentino un grave pericolo per la nostra società.

A marzo, Goldman Sachs ha pubblicato un rapporto che sottolinea come l’IA potrebbe rappresentare una minaccia per 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Una vasta gamma di professionisti, anche di ambito creativo, si troverà sempre più impattata. In “Appunti” di Stefano Feltri è uscito un pezzo intitolato “Ho sostituito la mia fidanzata con l’intelligenza artificiale (per fare fumetti)” e sottotitolo: “Un giovane narratore si ritrova single e senza illustratore, ma grazie a Midjourney riesce comunque a costruire il suo fumetto. Con risultati sorprendenti“. Senza aprire in questa sede tutti i problemi che legano AI e la disinformazione.

Insieme a Midjourney e altre vengono definite “intelligenze artificiali generative”. Ovvero, Large Language Model, reti neurali estremamente ampie e impiegate a scopi linguistici, in grado di riconoscere, riassumere, tradurre, creare testi (e non solo) sulla base della conoscenza appresa dal dataset. Parlare di conoscenza però rischia di essere fuorviante: per generare i suoi contenuti Chat Gpt si limita infatti a scovare correlazioni statistiche all’interno di un database. Non viene appreso ciò che avviene nel mondo, ma si impara il modo in cui le persone usano le parole in relazione ad altre parole. Non è possibile conversarci con coerenza perché sta diventando intelligente o perché capisce ciò che diciamo, si limita invece a scovare nei miliardi di testi con cui è stata addestrato quale sia la risposta che ha la maggiore probabilità di risponderci in maniera sensata.

Cosa manca davvero loro per essere un'”intelligenza”? Per gli esseri senzienti il linguaggio porta con sé la capacità di generalizzare, di astrarre e sintetizzare, ovvero la capacità di pensare: se l’intelligenza artificiale non è dotata di un corpo, non può fare esperienza del mondo, nella modalità multimodale con cui lo fa l’essere umano.

I risultati restano, comunque, sorprendenti. Ho sperimentato Chat Gpt per rispondere ad auguri di compleanno, per fare congratulazioni per importanti traguardi della vita, per consolare o motivare. Nessuno si è accorto. Persino per ottenere un rimborso da un servizio clienti riottoso. E per tornare all’inizio di questo articolo, quando ho rivelato ai miei studenti, fra lo stupore, che il compito non era stato scritto direttamente da me… “Ma allora perché noi non possiamo rispondere con Chat Gpt?“. Ci si dovrebbe domandare se abbia senso sostituire lavori con la creatività, l’espressione, che magari ci piace fare.

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