Innovazione, Maura Bertaglia racconta il suo lavoro all’Intesa Sanpaolo Innovation Center

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Il TEDx di Ascoli Piceno era la tua prima esperienza?” “Intendi parlare davanti a un pubblico di 700 persone? Sì! Senza contare che poi verrà inserito su YouTube, dove tutti potranno vedere il mio intervento, incredibile”. Abbiamo conosciuto Maura Bertaglia al teatro Ventidio Basso il 27 gennaio 2024 (QUI il nostro resoconto dell’evento), presentata come analista di trend d’innovazione e da lì è nata la curiosità di approfondire il suo percorso e il suo attuale lavoro.

Non era la prima volta che facevo conferenze, ma a questo livello…al tappeto rotondo rosso (icona di TEDx)… l’emozione non poteva non esserci”. Il suo intervento lancia un messaggio potente: “L’AI può replicare il pregiudizio umano?” e l’ha raccontato attraverso un mix tra emozioni, professionalità e innovazione. Un filo conduttore: la sua storia personale al cui centro vi è il tema delle balbuzie e di come grazie all’ascolto empatico si possa migliorare. 

COME HO AFFRONTATO LA BALBUZIE

Pur soffrendone ancora, “è decisamente meno evidente. Ce l’ho da sempre e ricordo perfettamente il momento in cui me lo fecero notare per la prima volta: da lì il senso di inadeguatezza, accentuato soprattutto per le critiche che ricevevo. Gli amichetti da piccola mi scansavano, perché parlavo male. Poi ne risentirono i voti, agli orali non riuscivo a spiegarmi bene e faticavo a esprimere i concetti. Ricordo le persone che mi dicevano ‘Ma sei normale?’. Per questo, ma anche per darmi una possibilità, ho voluto lavorare molto per migliorare. Due elementi mi hanno aiutato molto: l’aspetto tecnico, affrontato tramite la logopedia passando anni a ripetere parole al contrario o facendo esercizi di fonetica, e l’aspetto psicologico emotivo, perché la paura e l’ansia che provavo poco prima di parlare erano diventate negli anni ingestibili, bloccavano le mie azioni tanto da spingermi a rinunciare a partecipare ad attività di gruppo per l’angoscia di dover interagire con altre persone. La terapia e un percorso di coaching mi hanno aiutato a gestire le mie emozioni e a comprendere come grazie a loro potevo aumentare il mio potenziale.  Per esempio, capire come la rabbia o la paura nascono, da dove vengono e perché le si prova, saperle gestire e considerare che non esistono emozioni positive e negative – mi ha fatto assumere punti di vista che non consideravo fino a quel momento. Tutto ciò mi ha aiutato a non puntare il dito sugli altri, ma a concentrarmi su di me e imparare che il chi siamo lo decidiamo solo noi”.

E poi è fondamentale la passione, che può vincere qualunque cosa. “Bisogna coltivarle le proprie passioni e me l’hanno insegnato i miei capi scout. Hanno contribuito molto nella mia educazione e nel modo con cui affronto tutt’oggi le sfide.  Hanno creduto in me e mi hanno insegnato a credere in me stessa, con piccole azioni che in me hanno fatto la differenza, da come si gestiva un campo scout alle responsabilità di gestione di una squadriglia, dall’insegnamento che il tempo donato è il più grande regalo che una persona possa fare al prossimo alle innumerevoli ore investite nello spiegarmi la matematica, per cui ringrazio in particolare Federico. Alla fine mi sono detta:  ‘ Allora posso essere Maura, posso essere chi voglio diventare’, wow un messaggio potentissimo non credi?  Però è stata lunga, anni e anni in cui mi sentivo dire ‘sei brava, ma preferiamo un’altra risorsa, è più preparata di te’ oppure ‘sei preparata ma hai sempre quel problema…’ e sapevo che questa balbuzie mi stava rallentando, che in parte era la causa di quei ‘sì ma…’. All’età di 16 anni mi dissi: Se conosci talmente bene un tema e lo puoi  dimostrare autorevolmente, nessuno te lo può portare via. E così ho investito sulla formazione, lei è stata la prima mia alleata di vita. Ecco perché invito sempre le persone a studiare. Anche se ci si inceppa, si avrà la certezza di avere tanto da dire. Avrai dalla tua il tuo primo alleato: te stesso.  E se ci si inceppa, pazienza, persevera, la prossima volta andrà meglio!”

E poi, per salire sul palco, è stato importante anche un corso di public speaking. “Io inviterò sempre chiunque a frequentarne, perché ti fa capire come gestire l’emotività. La propria e quella del pubblico: ‘come faccio a far entrare in risonanza quello che provo dentro di me con quello che prova chi si trova di fronte a me?’ Mi ha dato gli strumenti per cogliere diverse sfumature e opportunità che prima non vedevo. E devo ringraziare la mia insegnante, Federica Ruggero, attrice e presentatrice di tv e teatro. Comunicare è importantissimo per far arrivare le nostre idee, ho lavorato sul contenuto del testo, sulla fonetica, sulla voce e sulla gestione delle mie emozioni. E’ stato un lavoro che mi ha permesso di esprimermi e di raccontare una storia – la mia – e di farlo nel modo più autentico possibile. Mi sono detta: ‘Fai come gli sportivi. Preparati bene, allenati ogni giorno, poi se arrivi seconda, terza, o ultima non sarà un problema, hai fatto un percorso che ti ha reso comunque più forte’. Ma ho comunque pianto tanto prima, devo dire la verità. Ci vuole una certa maturità per esporsi e per lavorare sulle proprie zone d’ombra. A vent’anni probabilmente non ce l’avrei fatta, non avrei avuto gli strumenti per gestire con responsabilità un messaggio così importante: il pregiudizio. E ho voluto portare una storia personale perché la nostra storia, ognuno per la propria, può fare la differenza se è autentica. Ecco, se devo dare un messaggio, è quello di cercare sempre di essere persone autentiche. Fare una cosa perché la si sente nel profondo alla fine porta a un risultato ben migliore. Sono grata dell’esperienza che ho fatto e sono davvero stupita per ciò che è successo all’uscita. Le persone che mi hanno fermato e mi hanno condiviso un loro punto di vista, una loro gioia, un loro apprezzamento, mi hanno fatto sentire meno sola rispetto al viaggio che sto facendo”.

LE TENDENZE NEL CAMPO DELL’INNOVAZIONE: COSA SONO, COME CI LAVORO

Se la balbuzie era il mio problema, i numeri e le formule hanno rappresentato un rifugio. Istituto tecnico alle superiori e ingegneria elettronica all’università. In Italia, soprattutto allora, non c’erano molte donne nella mia specializzazione e devo dire ancora oggi è un tema delicato.  A Ferrara, dove ho scelto di studiare visto che sono originaria del Polesine, grazie alla presenza di borse di studio che hanno sostenuto il mio percorso eravamo solo due ragazze. Un numero davvero esiguo rispetto al potenziale che noi donne possiamo mettere in campo nelle materie STEM. Dopo di che, ho avuto dei compagni di corso e dei professori eccezionali, non ho percepito discriminazione o pregiudizi, anzi mi sono integrata molto bene”.

Ma il tema donne nelle materie STEM rimane tutt’oggi un punto su cui riflettere. “Veniamo molto condizionati dal nostro ambiente familiare con frasi del tipo: ‘Non ce la farai a fare un percorso così duro! Ma poi anche se ti laurei è un lavoro per soli maschi. Sono materie troppo maschili e tu sei femmina’. Alla fine,anche se so che ci si prova ad affrontare un dialogo di questo tipo con i propri genitori, si finisce per crederci davvero e si scelgono vie meno rivoluzionarie ma che portano a reiterare questo pensiero di genere. Purtroppo, questi ambienti oggi nel 2024 esistono ancora e ti condizionano negativamente. O viceversa ambienti positivi sono capaci di spingerci ad aumentare e accrescere il nostro talento ed il nostro potenziale. Se si tratta di materie umanistiche o scientifiche è importante capire cosa proviamo e cosa vogliamo diventare, è lì che si deve puntare senza lasciarci influenzare da commenti come: ‘Con questa Laurea poi, puoi solo insegnare’ o ‘non avrai futuro in questo ambito, sei donna!’. Più si fa quello che si desidera fare, più la nostra mente acquisisce quell’apertura, quella creatività, quel genio che poi lo si potrà applicare ovunque. A volte serve anche studiare cose che non ci piacciono del tutto, questo va detto, i sacrifici e l’impegno sono elementi imprescindibili per la nostra crescita, è l’approccio il nostro secondo alleato più potente, perché sapere che quel passo è importante per raggiungere il tuo obiettivo ti aiuterà a rimanere focalizzato nei momenti no”.

E proprio a dimostrazione del fatto che i percorsi sono tutt’altro che lineari, l’esperienza casuale che la porta in banca. “Non ero laureata, avevo 21 anni e spinta dai miei genitori feci una selezione per entrare in banca. Andai ovviamente con i se e i ma del caso e mi ricordo che dissi a mia mamma ‘Lo provo solo per te’, perché volevo fare la ricercatrice. Lo provai, ci misi impegno e lo passai. Il primo anno è stato di formazione, anche perché avevo pochissime conoscenze di finanza: a malapena sapevo cos’era un conto corrente e non conoscevo nessuno strumento di gestione del credito. Avere un datore di lavoro che crede in te e ti permette di formarti lo trovai un approccio non convenzionale. Fino ad allora ero immersa nel mondo universitario e stavo preparando la tesi sul post processing grafico per esami medici, un mondo completamente diverso rispetto alla finanza: mi ha fatto bene andare fuori dalla mia zona di comfort. Quando parlavo con i clienti, però, sentivo che mi mancava qualcosa, una maggiore autorevolezza, e sentivo anche una certa responsabilità verso di loro e verso i loro risparmi. Così ho frequentato per due anni un master di primo livello in finanza e poco dopo feci un percorso di alta formazione Bancaria con l’ABI.  Ho potuto osservare la banca non solo dal punto di vista dei prodotti finanziari, ma anche dal punto di vista del management. Gli anni da consulente finanziario mi hanno insegnato a non demordere e  persone capaci e brillanti hanno saputo insegnarmi che la passione esiste sempre anche quando non cogli subito il disegno del tuo percorso. Oggi quelle persone sono a capo di strutture di rilievo nel Veneto e sono orgogliosa di essere stata una ’loro allieva’. Grazie Guido, Viviana e Federico”.

E a un certo punto, a sorpresa, arriva il settore dell’innovazione. “Una decina di anni fa, le aziende si stavano iniziando a rendere conto di quanto fosse importante innovare e di come le tecnologie fossero la chiave per aumentare la propria competitività. Erano i primi anni delle buzzword: Startup, Ecosistemi e Open Innovation. Intesa Sanpaolo ha voluto a questo proposito creare un team di innovazione di 100 persone, sulle 95mila che facevano parte del gruppo: era il 2014 e l’obiettivo era studiare i trend tecnologici futuri, costruire e implementare l’innovazione nel Gruppo. Una finestra nel futuro che nel 2018 è diventata una società autonoma, Intesa Sanpaolo Innovation Center, e oggi conta 3 laboratori di ricerca applicata, 70 specialisti, più di 800 startup accelerate, un catalogo prodotti dedicato alle imprese italiane ed estere e un ufficio, quello di cui faccio parte, che ha il compito di analizzare i trend tecnologici di lungo periodo e raccontarli in chiave prospettica”.

Il percorso per arrivare a occuparsi di innovazione non è lineare. “Tanto più si riesce ad ampliare il proprio modo di ragionare, anche cogliendo punti di vista differenti dal nostro e coltivando lo sviluppo della nostra moltitudine,  come chiamo le n versioni di noi che possiamo costruire nel tempo, tanto più il lavoro nell’ambiente innovativo diventa stimolante. Caratteristiche che partono dallo studio, che passano attraverso approcci imprenditoriali, alla costruzione di startup e che vedono poi nel network una forza esponenziale verso l’innovazione. Fare analisi nel mondo delle tecnologie per me vuol dire questo. A rafforzare quest’aspetto, in Intesa Sanpaolo Innovation Center, è il fatto che si lavora sempre in team multidisciplinari. Molti vengono da studi economici, ma ho anche diversi colleghi fisici, matematici, laureati in psicologia e design. Percorsi diversissimi tra di loro, ma necessari per avere approcci differenti su di un task o in un’analisi. Orgogliosamente, posso dire che c’è un perfetto bilanciamento fra uomini e donne e ancora di più sono orgogliosa che le materie STEM siano gestite da donne, come la  mia responsabile, che è a capo di un team che parla di tecnologie, e le colleghe che guidano 3 laboratori di ricerca applicata”. A guidare il mio ufficio Trend &Tecnologies abbiamo Stefania Vigna, laureata in matematica  e con un percorso altamente tecnologico alle spalle nel Gruppo, che mi ha insegnato come essere chi sono ora e a credere nel potere della condivisione, superando e investendo nelle mie zone d’ombra. Il processo di cambiamento di cui ho parlato al Tedx arriva anche attraverso il prezioso aiuto ricevuto al lavoro. La nostra mission è essere un punto di riferimento autorevole nell’individuare e interpretare i trend innovativi, sviluppando per il Gruppo e le imprese italiane strumenti e servizi che anticipino i nuovi scenari evolutivi. Come lo facciamo? Analizzando e valutando i trend di innovazione legati all’introduzione di nuove tecnologie, progettando e realizzando periodicamente report, pubblicazioni e supporti per contenuti multimediali, svolgendo attività di ricerca, analisi e monitoraggio di tecnologie cross industry e erogando servizi di knowledge sharing a clienti e a colleghi del Gruppo“.

Intelligenza artificiale (IA). “L’obiettivo è quello di generare nuovi asset, come algoritmi, modelli matematici, soluzioni di robotica umanoide e di servizio, da industrializzare a supporto del business, tutelandone al contempo la proprietà intellettuale e arrivando a produrre numerose pubblicazioni scientifiche, che certificano il livello di innovatività del lavoro svolto. Il Lab di AI, guidato da Laura Li Puma, STEM per eccellenza che mi ha aiutato molto nel tempo a creare quei punti di vista di cui ho parlato e a essere una persona rispettosa degli altri e della loro moltitudine-, condivide i risultati della sua attività con colleghi e pubblico esterno attraverso seminari divulgativi. Il modello dell’AI Lab ha abilitato la nascita della società Anti Financial Crime Digital Hub s.c.a.r.l.., che vede tra i soci fondatori Intesa Sanpaolo, Intesa Sanpaolo Innovation Center, Politecnico e Università di Torino e CentAI. Il modello multidisciplinare e collaborativo alla base di tutto è stato anche valorizzato nel PNRR, in cui l’innovazione è sempre più intesa come frutto dell’interscambio tra entità diverse, soprattutto tra pubblico e privato. Tra alcuni settori su cui si sta concentrando il Lab nell’ultimo periodo troviamo tutto il mondo Finance Risk Management, Climate, Energy”.

Neuroscienze. “La ricerca collaborativa in particolare con il partner scientifico Scuola IMT Alti Studi Lucca  permette di sviluppare modelli neuroscientifici che supportano le strutture aziendali sia del Gruppo Intesa Sanpaolo sia di imprese clienti in diversi ambiti organizzativi. Uno degli ambiti di applicazione delle neuroscienze è quello artistico-museale. Immaginiamo di ammirare un capolavoro della pittura mondiale come l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci al Cenacolo Vinciano a Milano e chiediamoci cosa succede nel nostro cervello quando ci troviamo di fronte a stimoli come questo. Si possono comprendere e misurare le nostre reazioni? E quali applicazioni ne possono derivare? Attraverso la rilevazione di parametri psicofisiologici possiamo registrare le nostre percezioni, anche quelle dei dettagli che ci sembra di non notare. Altri ambiti sono relativiall’apprendimento continuo delle persone, al benessere psicofisico e alla ideazione di programmi di allenamento per la calmierazione di indici stressogeni (technostress, ageing, carico cognitivo), training che hanno valso alla Banca il Top Employees Award 2023. La stretta collaborazione con ricercatori internazionali sviluppa le competenze degli esperti del dominio di business a cui si applicano le neuroscienze  permette di affermare il Gruppo anche in ambito scientifico e di innovazione. A guidare questo laboratorio troviamo Sonia D’Arcangelo, laureata in fisica, che mi ricorda sempre come per svolgere bene il proprio lavoro si debba trovare un equilibrio interiore”.

Quanta curiosità serve al mio lavoro, vedi? E poi oltre all’ingegno, alla creatività e alla tanta curiosità serve molto spirito positivo. Non nel senso di essere sempre felici e contenti. In gergo tecnico, essere positivi significa ‘trovare’. Costruire n soluzioni per un problema ed è questa la cosa più affascinante.

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