di Sandro Conti
La domanda che noi tutti ci poniamo è quando finirà questa “maledetta” pandemia che da due anni ci perseguita mettendo a forte rischio la nostra salute. Il solo che potrebbe dare una risposta compiuta è il Padreterno. Non si riesce a venirne fuori perché gli studiosi del settore brancolano ancora nel buio senza riuscire a trovare l’antitodo giusto. La nostra vita è diventata ostaggio del Covid 19 che costringe a vivere con la mascherina, a limitare i rapporti interpersonali, a sottoporsi ai vari vaccini nella speranza che abbiano un effetto protettivo.
Raccontiamo di un episodio verificatosi la scorsa settimana nella nostra città. Dieci amici si sono ritrovati in un ristorante del centro storico per festeggiare uno di loro che compiva gli anni. Dopo tre giorni all’unisono hanno cominciato ad avvertire i sintomi classici della malattia. Si sono sottoposti al testa del tampone che per tutti ha dato esito positivo. Per “punizione” sono dovuti andare in isolamento fiduciario nelle rispettive abitazioni. Resta il mistero di chi abbia trasmesso, presumibilmente senza saperlo, il virus che ha contagiato il resto della “truppa”.
di Oreste Silipo
Per ora non preoccupa la risalita dei casi Covid, che si sta registrando in Italia, ma certo merita molta attenzione. E in 7-8 giorni bisognerà vedere se non risalgono i ricoveri, perché quello sarebbe il segnale che qualcosa va male. “Se i ricoveri non salgono, possiamo rasserenarci un poco”, dicono gli esperti.
Sarà un andamento disomogeneo e a onde geografiche. Prima è stato più colpito il Nord e il Sud stava meglio. Adesso pare come se Covid volesse scendere e andarsene fuori via mare. Se non fosse
ensare dovremmo dire “speriamo”.
Possibile si tratti di un «rimbalzo». L’attenzione però non deve scendere: sarebbe «pura follia pensare di abbandonare l’utilizzo delle mascherine al chiuso».
Il 31 marzo è terminato lo stato di emergenza e non vediamo il rischio per una proroga – ha detto il vice ministro Sileri, senza abbassare la guardia, diremmo noi, rispettando i tre perni della lotta al virus: distanza, mascherine e vaccino.
Con una media di 40mila casi al giorno la pandemia non è finita. Nonostante la diminuzione progressiva dei tamponi effettuati l’incidenza è all’11,4%. I prossimi tempi saranno cruciali per capire se ci troviamo davvero di fronte ad una nuova ondata.
di Michele Canaletti
E allora? Verrebbe da chiedersi, cosa facciamo? Il Novavax non ha sortito l’effetto sperato, le vaccinazioni sono in una fase di stanca lasciando aperto un varco robusto di no vax e gli assembramenti hanno ripreso vita come se nulla fosse. Oggi a tenere banco è la guerra Ucraina, come se nella vita due eventi di una certa gravità non siamo in grado di affrontarli. Passerà la guerra e allora torneremo a preoccuparci del virus, per ora è poco più di una semplice influenza, anche se i morti giornalieri che registriamo non sono proprio da influenza.
Non vogliamo creare allarmismi, ma questi sono i risultati di ieri nelle Marche: nuovi casi 2.249 per una media negli ultimi sette giorni di 2.051; casi totali nelle Marche dall’inizio della pandemia 405.000 con 3746 decessi. Il totale in Italia è pesante: 15,1 Mln con 160.000 decessi. Solo qualche mese fa dati come questi ci avrebbero fatti saltare sulla sedia.
di Giovanni Giacomini
Fra guerra in Ucraina e pandemia quali sono i segnali che arrivano dal mondo del lavoro? Secondo i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, elaborati dalla Cgil Marche, le aziende marchigiane hanno assunto nel corso del 2021 in totale 203.595 persone, il 24,6% in più rispetto allo stesso periodo 2020 (+40 mila circa) ma -2,9% rispetto al 2019.
Nello stesso periodo, le cessazioni dei rapporti di lavoro sono state 186.732, +12% rispetto al 2020 e al contempo una decrescita del 7,4% rispetto a due anni fa.
Il saldo assunzioni/cessazioni risulta positivo nel complesso (+16.863) e per le singole tipologie contrattuali, ad eccezione dei contratti a tempo indeterminato, che segnano -15 mila unità.
Sul totale delle nuove assunzioni, quelle a tempo indeterminato sono una quota molto ridotta (11,2%); la tipologia contrattuale maggiormente presente è il contratto a termine (38,5%), seguita dal contratto intermittente (17,1%). Anche l’incidenza dei contratti a termine sul totale è inferiore alla media nazionale (38,5% contro 44%). Per le attivazioni di contratti di somministrazione, il valore regionale è di poco superiore alla media nazionale (16,3% contro 14,2%). Sul totale di nuove assunzioni part-time, i due terzi riguardano donne, mentre solo il 38,5% delle trasformazioni in contratti a tempo indeterminato (6.689) ha coinvolto le donne.