“Ed un po’ mi fa ridere // Se penso che ora c’è lì un altro che ti uccide i ragni al posto mio” cantano i Pinguini Tattici Nucleari. Ridere fa bene, anche nelle situazioni più difficili. Gli scienziati sono concordi nel riconoscere i molteplici benefici sul corpo e sulla mente di una risata: migliora la circolazione del sangue, aiuta a prevenire le malattie cardiovascolari, tiene il cervello allenato, contrasta ansia e depressione e contribuisce alla salute del sistema immunitario. Ma soprattutto, migliora il rapporto con gli altri e con sé stessi, influenzando positivamente le relazioni di tutti i tipi.
Ridere ha, però, anche un importante significato etico. La Corte di Cassazione ha dato una definizione giuridica di satira: “È quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di ‘castigare ridendo mores’, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene”.
C’è ancora spazio, oggi, per la satira? Come, e di cosa, ridono i nativi digitali? Lo abbiamo chiesto a ragazzi e ragazze delle province di Ascoli e Fermo.
“Secondo alcuni quesiti posti ai miei amici (me compresa), solo 2 di loro su 50 si interessano a queste tematiche e io non faccio parte di quel 4%”, rivela Laudomia. “So che può sembrare strano, – racconta Pietro – ma credo che di satira io ne abbia sentito parlare per la prima volta solo lo scorso anno, studiando la storia di Roma. Nel mio libro di testo veniva riportata l’espressione ‘panem et circences’, che indicava il mezzo con cui Augusto otteneva il consenso delle masse, e affianco ad essa uno specchietto in cui si spiegava il significato di questa espressione, della satira e di Giovenale. O meglio, ammettendo un po’ la mia superficialità, dovrei affermare che fino a quel momento io di satira nella mia vita ne avevo vista, ma non mi ero mai reso conto né curato di comprendere che quella che vedevo non fosse normale comicità”. Per Giulia: “Una specie in via d’estinzione, ecco cos’è la satira oggi. Contemporaneamente inizia a delinearsi con sempre maggiore prepotenza una strada alternativa che fa sperare in una rinascita, quella dei social. Eppure la satira è tutto fuorché una fenice: non riesce ad insinuarsi tra post e stories e né tanto meno a spiccare tra quantità illimitate di insulse page comiche, che la sovrastano e la appiattiscono nel magma della risata passeggera e fine solo a sé stessa”.
Secondo Stefano, “molti sostengono che oggi si faccia meno satira che nei decenni passati, io non mi sento capace di smentire o negare in quanto troppo giovane (e poi non mi ero mai interessato all’argomento prima), ma comunque posso osservare oggettivamente che un tempo vi erano molti più autori satirici considerati tali dalla maggior parte delle persone (Grillo, Luttazzi, Paolo Rossi, Benigni…) ed erano ovunque: nei teatri, sui giornali ma soprattutto in tv. Al giorno d’oggi questi si contano sulle dita d’una mano. L’esodo degli autori satirici dalla tv dovrebbe aver portato oltre che nei teatri anche nel web il fulcro della satira, non sono riuscito però a trovare nessuna pagina sui social veramente satirica”. Concorda Beatrice: “Sotto alcuni aspetti la satira è stata portata alla massima espressione dai social, sotto altri sono stati posti dei limiti in più a questo umorismo, la satira a causa dei social è diventata più uno scambio di battute poco ragionato”.
“Senza qualcuno – si chiede Valerio – che ti mostra un punto di vista differente dal tuo in modo anche scherzoso, come fai ad avere la sicurezza che ciò che pensi non si sbagliato o chi segui non sia poi tutto questo granché? Sarà mica perché vogliono che tu non veda nessun punto di vista differente? Per questo che ogni venerdì sera mi fermo a guardare e ascoltare i monologhi di Crozza, dato che qualche volta offre più informazione libera in una serata che un telegiornale in un’intera settimana. Per la nostra generazione credo che la satira sia una cosa molto importante, dato che in questo periodo si sta anche discutendo sul voto per i ragazzi di 16 anni e appunto questo il momento della vita in cui ognuno di noi comincia a farsi un pensiero politico”.
Chiara Pia ritiene che: “Gli unici programmi satirici ad oggi in onda sulla TV italiana si contano sulle dita di una mano: Fratelli di Crozza, una pezza di Lundini, Propaganda Live e pochissimi altri. Tuttavia si tratta di satira piuttosto debole, che fa attenzione a non sprofondare in questioni etico-politiche ‘fastidiose’ e che tende a trasformare le figure dei politici in macchiette, rifacendosi a loro caratteristiche e abitudini, senza attaccarle direttamente su un piano politico. E poi aggiunge che occorre fare un’importante precisazione:
Tommaso domanda: “Il lettore, spettatore o pubblico che sia, sa capire la profondità, andare oltre gli aspetti più grotteschi, più volgari che la satira ci offre? Questa è una bella domanda, perché il pubblico è indotto a pensare, a riflettere, a discutere, a confrontarsi e a riconoscere e superare, grazie a delle solide basi culturali, quella linea sottilissima, quasi invisibile, che divide humor e cattivo gusto, ponendosi al centro della satira stessa e riconoscendosi o meno dalla parte di chi fa satira. Si, perché la satira ha sempre diviso il pubblico, e sempre continuerà a farlo”.
Per Andrea: “Attraverso i secoli in modi diversi, ma con lo stesso obiettivo la satira ha attaccato il potere e sottolineato le contraddizioni della società mettendole ferocemente in discussione. La satira non si ferma solo alla politica come fa Maurizio Crozza ma la satira, ad esempio, può arrivare fino all’alimentazione come ha fatto Saverio Raimondo. In Italia i modelli della satira politica e sociale televisiva degli ultimi dieci anni hanno il tono rassicurante e innocuo di show come Zelig e Colorado. Poi, posta su un piano differente, c’è la satira di Maurizio Crozza. Se la satira diventa troppo pesante c’è il rischio di venir censurati come è successo a Grillo e i fratelli Guzzanti (Corrado, Sabrina)”.
Interessante la considerazione di Pietro: “Credo che tra noi giovani – mi riferisco a ragazze e ragazzi della mia età o con pochi anni meno – la satira sia poco diffusa e sia un tema di poco interesse forse perché i ragazzi di oggi (dico ‘di oggi’ perché i ragazzi di prima io non li ho conosciuti da giovani, ma non per questo credo siano stati migliori) si piegano e si abbandonano solamente a ciò che è di immediata comprensione e che non richiede alcun minimo sforzo e astrazione”.
Gli fa eco Irene: “Oggi a fare satira, soprattutto in TV, sono veramente pochi. Ma ciò non perché essa sia ‘passata di moda’ oppure perché ‘non ci si interessa più alla politica come una volta’, ma poiché è sempre più difficile nella società d’oggi sfuggire al controllo. Donne e uomini così convinti dei propri ideali da parlare nonostante la quasi certezza di venir zittiti sono ormai esempi rari e in via d’estinzione. Infatti, in una società in cui tutto è reso facile e a portata di mano senza alcuno sforzo, essere in grado di alzare la testa è diventato difficilissimo e non più scontato. Tra i sopravvissuti, ancor troppo pochi per fare un cambiamento, in Italia troviamo Crozza, che però ultimamente ha perso la sua fama, infatti sono poche le persone della cosiddetta ‘generazione Z’ a sapere chi sia”.
“La satira addita politica e religione – continua Pietro – Però la politica non interessa perché la si vede ancora come qualcosa ‘da vecchi’. Perché? Il governo italiano è vecchio e tutela i vecchi: Per quanto riguarda la religione, si è troppo presi dal fare e non dal pensare a tal punto che non vi è più occasione neanche di scegliere se credere o meno in un ipotetico Dio”.
“La comicità dei nativi digitali – aggiunge Alessia – è spesso una satira rassicurante in linea con la tradizione che si limita a raccontare l’ordinario. Quando c’è necessità di usare l’ironia lucida per raccontare chi è fragile e chi forte, chi subisce un’ingiustizia e chi la infligge, la differenza tra le madri del Sud e quelle del Nord e tra quartieri della stessa città è insufficiente per tenere viva la dialettica democratica che passa anche per la vitalità di sketch virali. Ci si potrebbe soffermare anche sulle numerose parodie di Giorgia Meloni nelle quali si cerca di renderne i discorsi più divertenti e quindi anche interessanti, soprattutto per un pubblico più giovane e meno informato sugli argomenti”.
Rincara la dose Giulia, che spiega: “Molti giovani hanno difficoltà nel cogliere il sottilissimo divario tra satira e comicità e per questo non apprezzano maggiormente la prima rispetto alla seconda. Inoltre nella vita frenetica i secondi sono preziosi e in alcuni post è addirittura riportato il tempo di lettura, poiché se fosse superiore ad un minuto scoraggerebbe la maggior parte dei già intrepidi miei coetanei che hanno osato cliccare su una immagine piena di scritte e sicuramente poco accattivante. L’articolo d’autore non è ammesso in questo circolo vizioso alla ricerca della risata istantanea, l’input alla riflessione scansato con ripugnanza. Occorrono sketch rapidi, d’impatto, si guarda più alla forma che al contenuto. Ci si chiede, quindi, se queste condizioni uccidano la satira completamente, o se essa permanga grazie all’invettiva di valorosi eremiti. Fortunatamente, come si suol dire, esiste l’eccezione che conferma la regola, perciò è facile incontrare una simpatica pagina satirica, lercio.it, che ha coniato la combinazione perfetta grazie alla quale è sopravvissuta alla selezione naturale. Una palese e provocante fake news che fa ridere, ma anche pensare, stagliata su sfondo che altro senso non ha, se non quello di attirare l’attenzione.
Per passare da Instagram a Youtube basta un click, e anche qui la situazione è pressoché la stessa: di canali comici se ne trovano a bizzeffe, basti pensare ai The Jackal, a casa Surace, a iPantellas e a le Coliche, mentre di satira apparentemente neanche l’ombra. Eppure essa si nasconde subdola tra i meandri delle cover musicali, spuntando qua e là in pezzi che trattano di temi spinosi con l’ironia e la leggerezza che solo le note sullo spartito possono dare. Si è trasportati dalla melodia e alle parole si dà poca importanza, ma se ci si inoltra nel testo, magari alla ricerca del messaggio intrinseco in esso si verrà piacevolmente sorpresi, da cantanti satirici di tutto rispetto. Esemplificativo è il cantautore Caparezza che nel suo brano “Vieni a ballare in Puglia” parla della su amata terra, bella e dannata, trattando delle morti bianche in mare, degli incendi nel Gargano, dell’inquinamento dovuto all’ex Ilva di Taranto e del Caporalato degli extracomunitari nei campi, con ironia e incisività.
Al di fuori dello smartphone la strada è certamente più impervia, a partire dalla televisione, dove gli unici rimasti sono probabilmente Crozza e la Litizzetto, mossi come marionette di un teatrino itinerante, in bilico tra controversie e successi”.
Anche Pietro concorda sulla condotta della satira online: “Ci sono molte pagine che, però, non fanno satira bensì semplice comicità, senza neanche un briciolo di spessore culturale. Ne cito uno: ‘commenti-memorabili’ ed è interessante notare che il numero di followers sono 3,2 MLN a confronto dei 706 MILA di lercio.it e dei 26,7 MILA di spinozait. Quindi, meno pagine satiriche e con meno followers rispetto a quelle comiche. Per quel poco che ne resta poi, vi è da dire che la satira è cambiata completamente: non la fanno più comici e attori in tv, non si fa più parlando, dunque senza percepire le espressioni facciali, ma è scritta e comunica per immagini. La comicità, invece, coinvolge molte più persone. Basti pensare al recentissimo comedy show ‘LOL-chi ride è fuori’ con ascolti record – tanto che alcuni siti internet dicono sia lo show più visto su Prime Video; tale è il successo che ultimamente su Whatsapp gli stickers più virali tra noi adolescenti sono quelli che ritraggono i comici di tale programma”.
Anche per Irene: “Sicuramente a noi ragazzi sono più note le ‘classiche’ pagine di meme sui vari social che attraverso immagini ci inducono ad una frivola risata su questioni importanti e di alto rilievo. Esse possono essere considerate un po’ come figlie o nipoti di quelle vignette che prima si leggevano molto sui giornali, vignette che esistono ancora, ma che, a causa della poca popolarità del giornale cartaceo, sono dimenticate. Ovviamente questi post online possono essere utili a riflettere, ma non fanno lo stesso effetto o impatto di un volto in carne ed ossa che ti parla guardandoti negli occhi. Infatti prima, delle vignette spesso si sapeva l’autore, ma adesso questi meme sono quasi sempre anonimi, pubblicati su pagine con nomi del tipo ‘Ansia totale’ o ‘Trash italiano’ in cui l’ideatore del post non ci mette la faccia, riuscendo così anche a scampare la censura diretta. Infine, io, nonostante la sua crescente scomparsa, continuo a credere che la satira sia un mezzo molto forte per aprire gli occhi alle persone che altrimenti si lascerebbero lavare il cervello da coloro che gridano: ‘la libertà è per tutti!’, ma che alla fin fine se ne sciacquano le mani e pensano solo a stare comodi sulle proprie poltrone”.
“Ma perché si sviluppa molto proprio su Instagram, Facebook e nelle altre piattaforme – si chiede Valerio. Perché i limiti che nella televisione sono posti dalla politica, nei social non vi sono e quindi c’è via libera per qualsiasi tipo di battuta o sketch comico e quindi metodo di espressione.
Questa è la comicità che seguono i ragazzi e le ragazze, molto varia nei temi e nei contenuti, e quindi ampia di riflessioni e veloce nello svolgersi: per leggere un post ci si impiega pochi secondi e subito dopo puoi passare ad un altro post ancora che parla di un altro argomento, e tutto ciò in tempi brevi, che però ti lasciano sempre la possibilità di fermarti a riflettere su ciò che hai appena visto e farti un’idea a riguardo”.
Specifica Stefano: “Mi sono imbattuto in due tipi di pagine: quelle che trasmettono messaggi violenti verso categorie discriminate rendendo lecito l’insulto, dichiarando di fare satira o comicità, e in pagine che al contrario prendono in giro il potere ma solo attraverso meme e sfottò più comici che satirici, che a volte finiscono per rendere più simpatici i personaggi attaccati. Questo sembra un controsenso: in un sistema (quella dei social) in cui tutti costantemente si sentono chiamati ad esporre la loro opinione in un continuo dibattito, soprattutto sotto i post, non sono riuscito a identificare esempi di satira. Un tipo di comicità molto usata nel web sono i meme, che a differenza della satira però spesso in ambito politico rendono virale l’ideologia di un politico invece di ridicolizzarla. Ho trovato anche un esempio a proposito: Io sono Giorgia. Infatti questo meme, a parer mio, potrebbe aver messo in una posizione di forza la Meloni, che ha forse usato la ridicolizzazione pubblica per apparire come una persona forte, che nonostante la viralità dello sfottò di cui è vittima, continua fieramente a portare avanti le sue idee; in più ha reso popolare il suo discorso, facendo una sorta di pubblicità alla politica in questione e rendendola più simpatica agli occhi del pubblico. Nella musica italiana ci sono ancora degli artisti che nei loro testi denunciano e fanno riflettere, facendo ironia, sulle scelte del potere. Ad esempio Willie Peyote usa spesso testi per certi versi pungenti e critici. Il rap in generale si basa sulla critica sociale e politica del degrado usando spesso ironia ed anche autoironia, ma comunque stiamo assistendo anche ad un lento declino o corruzione del genere”.
“Negli ultimi anni la comicità si è evoluta, dividendosi in diverse fasce, categorie di comici più apprezzati dagli adulti e dagli anziani, i quali tendono ad una comicità più classica, come Massimo Troisi e Gigi Proietti; d’altra parte le generazioni più giovani tendono ad accostarsi ad un umorismo come quello di Valerio Lundini, che attraverso sketch e spettacoli induce la risata in televisione, ma anche, con l’avvento dei social media, sono emerse diverse figure comiche, che con atti banali, quasi infantili, suscitano le risate come Frank Matano, che deve la sua fama ai video su YouTube” distingue Linda.
Meno pessimista di altri è Francesca: “Ai giorni d’oggi secondo me è ancora presente sia la satira sia la comicità, anche se cambiate rispetto al passato. Io in prima persona mi rendo conto attraverso i miei genitori di come i contenuti che facciano ridere siano cambianti nel tempo; quelle citazioni, quei video o quelle battute che sono presenti nel web non riescono a farli ridere e molte volte non le comprendono neanche. Ovviamente questo è dovuto al fatto che inevitabilmente i tempi sono cambiati e continuano a cambiare, così come cambia anche la comicità e il modo di fare satira. Ad esempio su Facebook sono presenti pagine satiriche, come ‘Satira marcia’ e ‘Viva la satira’, che trattano temi attuali con un grande senso critico, andando a mettere in ridicolo decisioni prese dai nostri governanti, criticando decisioni sportive oppure andando a commentare le ultime notizie con toni scherzosi e poco seri. Questo tipo di comportamento non manca nemmeno su Tiktok, piattaforma dove ognuno può pubblicare contenuti propri. In molti profili soprattutto di ragazzi, come ad esempio ‘Parpaglions’, si trattano temi come il razzismo, l’omofobia, e altri tipi di discriminazioni molte volte con tono provocatorio, andando a condannare tutti i comportamenti sbagliati e irrazionali presenti nella società odierna. In aggiunta anche nei commenti di questi video viene fatta della satira, vista come mezzo di comunicazione forte ma al tempo stesso efficace, un modo per non perdere la libertà di espressione e di opinione che molte volte appare minacciata. Chiaramente poi ogni tipo di comicità è adeguata a suoi destinatari; ad esempio ciò che fa ridere noi giovani d’oggi potrebbe addirittura non essere capito dagli adulti, poiché molte cose che si trovano divertenti sui social presuppongono una precedente conoscenza di personaggi, vicende oppure semplici storie o volti di persone che girano sul web”.
Concorda Chiara Pia, “coi social, stiamo assistendo ad un ritorno della satira, ma sotto una veste diversa. Basti pensare a Twitter e alla formula principale del suo successo: la necessità di esprimere il proprio pensiero in 140 caratteri, viene così premiata la capacità di sintesi, lo sguardo originale su un evento, su un nome e sulla formulazione dell’hashtag del momento. La satira ha potuto dunque diffondersi sulla rete grazie alla libertà di espressione che essa dà agli utenti, libertà che non c’è in televisione. Ovviamente sui social ci si imbatte molto spesso in banalità, ma in alcuni casi si affermano pagine di qualità, come Spinoza, Lercio, The Onion e The Babylon Bee. Negli ultimi mesi mi sono avvicinata al genere della satira probabilmente per via della situazione politica in Italia, che mi ha fatto molto riflettere sulla politica in generale e su cosa mi aspetto da essa. Il programma Fratelli di Crozza mi ha inoltre aiutato nella formazione di un pensiero critico sulla politica e mi ha fatto interessare al genere della satira, che frequento soprattutto sui social. Sono convinta che la satira non stia scomparendo, bensì stia solo cambiando forma e mezzi e sono fiduciosa, nei prossimi anni, nella sua completa fioritura”.
Per Leonardo, “oggi di satira non è che ce ne sia così tanta (in tv poca, qualcosina nei vari social… ma niente di importante), ma sicuramente quasi per niente la “vera” satira. Per “vera” intendo quel tipo di satira contro la politica, quella capace di far aprire gli occhi alla gente riguardo questioni politiche e che quindi ci riguardano tutti, nessuno escluso (infatti tutti dovremmo essere interessati nelle questioni del nostro Stato, forse oggi questo si sta perdendo sempre di più poiché ognuno pensa per sé…). È proprio per questo motivo che la satira politica, secondo me, potrebbe avere un grande potere che però gli viene tolto fin da subito proprio dalla politica stessa attraverso la censura. Ed è proprio questo punto che mi tocca di più e che mi fa chiedere: se la satira è libertà, perché una persona libera deve essere mutata se dice una cosa contro il proprio Stato?”. Giacomo è lapidario sull’argomento: “In generale credo che l’Italia sia molto controllata e la libertà di stampa è quasi inesistente, infatti è arrivata ultima in Europa a questo proposito”. Per Emma, appunto: “Il fatto che numerosissime trasmissioni satiriche siano state cancellate è forse sintomo di qualcosa di grande, di un tentativo di adeguare le ideologie degli spettatori a quelle del sistema, e magari di far accettare passivamente ciò che accade”. Segue Pietro: “Certamente a contribuire alla scomparsa della satira è la censura, centro di grande dibattito proprio in questi giorni, dopo il discorso di Fedez durante il concerto del 1° Maggio. Ciò che ci interessa non è tanto il discorso in sé per sé, né quali siano in realtà le vere opinione del cantante sugli omosessuali – è stato accusato di aver composto egli stesso canzoni omofobe – ma la telefonata, ormai diffusa su ogni rete televisiva e condivisa sulle storie Instagram di chiunque. E dunque la vera domanda da porsi diventa: quella della Rai nei confronti di Fedez è stata censura in senso proprio?”
Molto profonda la riflessione che propone Linda: “La televisione tende sempre a schierarsi in difesa del potere, portando contenuti ‘satirici’ e ‘comici’, o che definisce tali, tentando di scatenare le risate del pubblico attaccando le minoranze, dunque, andando contro i principi stessi della satira; infatti è sempre più comune sentire giornalisti che, dall’alto delle proprie poltrone e in prima serata, dopo aver insultato intere categorie, le quali si trovano in una chiara situazione di disparità sociale, si nascondono affermando che ai giorni nostri non si possa più dire nulla, e che si sentono oppressi da quella che definiscono ‘tirannia del politicamente corretto’, che nella realtà si tratta di semplice evoluzione sociale, la quale impedisce di utilizzare terminologie offensive e disumanizzanti. come, ad esempio la n-word ( termine esplicitamente razzista, che rimanda ai periodi di schiavitù), giustificandole come satira, ma satira non è, poiché essa per definizione parte dal basso e si rivolge contro il potere, e non contro i deboli; dunque sarebbero le categorie più marginali a dover deridere e burlare, quelle stesse persone sedute su poltrone di design che ridono alle battute sulle femministe e applaudono ad una burla sull’olocausto; un esempio calzante è lo ‘spettacolo’ fornito da Pio e Amedeo i quali, il 1 maggio 2021, fra una risata e l’altra pretendono di insegnare, dalla loro posizione agiata di maschi eterosessuali bianchi, come reagire ai termini denigratori, che definiscono senza peso e senza nessun accezione offensiva e, ovviamente, tutto ciò viene definito ironico, satirico, quando in realtà si tratta di razzismo, omofobia e misoginia, però, dato che non ostacola in alcun modo chi è al potere, viene trasmesso davanti a quattro milioni di persone senza alcun problema”.
Continua Mary Jane: “Vi sono alcuni post che scherzano e fanno dell’ironia su questioni estremamente serie, dove persone soffrono. Ora, è vero che l’arte è libera, ma fare giochi di ironia sulla possibile morte di una persona, sulle varie religioni o su situazioni davvero difficili, nelle quali noi non sappiamo proprio come si vive (ess: lo sfruttamento minorile e il razzismo) lo trovo un po’ eccessivo e irrispettoso. Secondo me si dovrebbe cercare di non sfociare nella satira volgare, quando ormai gli eccessi non fanno più ridere, e stabilire un confine tra critica e offesa, al fine di evitare proprio di offendere la sensibilità di qualche individuo. Ma, a parte questo, devo dire che, nella situazione in cui ci troviamo ora, senza poter quasi mai uscire di casa, al posto di svagarci con gli amici, queste vignette, ché tirano un po’ su il morale, sono proprio delle buone alleate”.
All’estremo opposto Andrea: “Oggi un altro tipo di censura molto famoso è il ‘politicaly correct’ che esiste sia nella vita di tutti i giorni sia nei social come youtube e twitch. Ad esempio su twitch alcune parole come “nero” o “frocio” oppure anche alcuni comportamenti sono bannabili come violenza o autolesionismo. Molti streamer si sono lamentati per le troppe restrizioni. Anche nei dibattiti di tutti i giorni è diventato difficile esprimere le proprie opinioni rispetto un argomento senza offendere nessuno. Secondo me da questo punto di vista il mondo sta regredendo perché invece che normalizzare alcune cose le rende ‘illegali’. Invece sulla satira penso che finché non arrivi all’insulto non debba essere censurata”.
Giulia si concentra su un elemento spesso invocato: “Una delle motivazioni preferite della censura è la volgarità, di cui spesso si macchia la satira in ogni sua forma, ma che a mio parere è parte integrante di essa, che la contraddistingue. Anzi la satira mostra che la volgarità non è da penalizzare a priori, ma che può trovare posto in essa, esaltando e arricchendo l’ironia; e solo gli sciocchi non capiscono che non devono usarla come fonte di imitazione in altri contesti dove risulterebbe sconveniente e scortese”.
Segue Tommaso: “Pio e Amedeo, andato in onda in prima serata. Forse hanno fatto una satira un po’ spinta, eccessiva. E se uno sketch di alcuni minuti ci fa riflettere, ben venga! Ha raggiunto il suo scopo, è stata una provocazione riuscita. Quindi mi chiederei fino a che punto può spingersi questa satira. Personalmente penso che la satira si possa spingere oltre certi limiti e possa toccare qualsiasi ambito, perché la satira non è una critica che accettiamo solo quando è rivolta agli altri, ma una critica che va accettata anche e soprattutto quando ci sentiamo ‘obiettivi’ di questa. Se è vero che è cambiata nel tempo, è anche vero che la satira è una delle più grandi dimostrazioni di libertà e di democrazia, e per questo, non possibile in tutti i paesi: noi abbiamo la fortuna di essere uomini liberi in un paese libero”.
Su Pio e Amedeo, Chiara è tranchant:
Lunga l’argomentazione di Leonardo: “Nell’ultima puntata di venerdì scorso, i due comici hanno toccato tre temi molto delicati: il razzismo contro le persone di colore o ebree e l’omosessualità. Secondo me, lo hanno fatto nel loro stile: senza porsi limiti. Per questo capisco che ci siano persone che si possono essere sentite offese dal loro monologo. Tra queste Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, che ha affermato ‘la superficialità nell’uso delle parole può essere pericolosa. Non credo che i comici possano permettersi di essere superficiali… La satira serve per far riflettere, per scardinare, ma non certo per sdoganare l’utilizzo di certe parole o di certe associazioni come l’essere ebreo e l’essere avaro… Se nel luogo comune questo diventa un’abitudine radica un pregiudizio razzista che diventa stimolo per legittimare ed alimentare qualcosa che in passato ha creato le condizioni perché si compissero tragedie e nefandezze’. Tuttavia non sono d’accordo con quelli che li hanno attaccati, etichettandoli come omofobi o razzisti, magari senza aver ascoltato tutto il loro monologo, perché secondo me non hanno capito il vero senso del loro monologo. Infatti, come hanno sottolineato più volte durante la puntata e poi ribadito in un post instagram per rispondere alle varie critiche, i due comici volevano porre l’attenzione sull’importanza dell’intenzione con cui si dice una cosa. Infatti nel post scrivono: ‘…le parole hanno la loro importanza! Eccome se ce l’hanno…ma non sono nulla in confronto all’intenzione’ È logica: ‘Le parole non valgono quanto l’intenzione!’ Questo abbiamo detto!”. Poi spiegano l’arma che è l’ironia: ‘l’utilizzo dell’ironia è chiaro, è solo quello di tentare di disinnescare l’offesa! Nessuno ha detto che che l’ironia disinnesca la violenza! La risata è solo un palliativo dell’ignoranza (…)’, aggiungendo che ‘la cura dell’ignoranza è l’educazione civica”. Nel post poi, a quelli che hanno detto loro di dover appartenere ad una comunità (ebraica, omossessuale) per poterne capire le debolezze, rispondono così: “(…) per risolvere il problema non bisogna essere della comunità ma conoscerne gli ‘aguzzini’, gli ignoranti intorno”. Nella parte finale scrivono: ‘Esistono i cattivi, i vili, gli schifosi… quelli che adottano la violenza, è contro di loro che ci dobbiamo concentrare. Perché ognuno è libero di fare ciò che vuole sempre, ma nel rispetto del vivere civile! Questa è democrazia. Non fermiamoci alla grammatica delle parole, oggi purtroppo non basta… educhiamo anche la testa e non solo il linguaggio!’. Secondo me Pio e Amedeo hanno fatto un’importante riflessione che però non tutti sono riusciti a capire, infatti la maggior parte si sono fermati al pregiudizio sui due comici, fermandosi solo alle parole (negro, gay o ebreo) ripetute più volte dai comici; le quali, ormai, vengono intese in un unico modo, in senso dispregiativo o insulto, ed è per questo che queste persone le hanno usate per definire i due comici omofobi o razzisti. Pio e Amedeo hanno sottolineato con il loro monologo su come in Italia oggi non si può dire niente senza che qualcuno non si offenda. Ed è vero, basti pensare alle accuse di razzismo rivolte a Striscia la Notizia, dopo che Gerry Scotti e Michelle Hunziker, per scherzare, hanno imitato gli occhi a mandorla dei Cinesi durante una puntata, senza però voler offendere nessuno. Oggi tutti sono influenzati, o meglio costretti, dal politicamente corretto perché se non ci si adegua ad una certa linea di pensiero, si è costretti a non parlare. Nel caso non seguissimo questo “codice” del politicamente corretto, ci troveremmo nella stessa posizione di Pio e Amedeo, accusati di razzismo e omofobia o di qualsiasi altra cosa. Questa cosa, secondo me, è peggiore della censura: è una forma di schiavitù, alla quale però i due comici non si sono voluti piegare. Ed è anche per questo che nel post non hanno chiesto scusa, come invece tante altre persone avrebbero potuto fare al loro posto: sono stati anche coraggiosi! Il fine dei due comici con la loro satira era etico? Direi proprio di sì”.
Conclude Luca: “In sintesi io credo che siamo finiti e stiamo finendo in un mondo dove non ci sarà più libertà di parola e che ogni giudizio personale diventerà insulto, ma tutto ciò è un assurdità perché secondo me non c’è cosa più bella del dibattito pacifico con le persone e la condivisione delle proprie idee con gli altri”.