Jennifer Guerra: “L’amore è inutile e per questo rivoluzionario”

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No, non è un libro di self-help”. Ma è un libro necessario, verrebbe da aggiungere. “Il capitale amoroso: Manifesto per un eros politico e rivoluzionario” è il titolo di un breve ma densissimo saggio che vorrebbe suonarci la sveglia. Dagli antichi greci a Spinoza, da Erich Fromm a Martin Luther King, da Hemingway a Marcuse e bell hooks. Al centro c’è l’amore come oggetto culturale. L’autrice è Jennifer Guerra, ospitata venerdì 16 luglio presso il Circolo Nautico Sambenedettese (poi causa pioggia spostato all’Auditorium comunale) per una conversazione con l’autrice Maria Rita Bartolomei nell’ambito della rassegna “Incontri con l’Autore 40° edizione estate”, de I Luoghi della Scrittura e la libreria Libri ed Eventi, a cura di Mimmo Minuto con il sostegno di Comune di San Benedetto e Regione Marche.

L’AUTRICE – Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia. Attualmente vive in provincia di Treviso. Ha conseguito la laurea triennale in Lettere e la magistrale in Editoria, Comunicazione e Moda alla Statale di Milano. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su “La Stampa”, “Forbes” e “The Vision”, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista “AntiCorpi”. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto “Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà” (2020). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.

Siamo abituati a pensare che l’amore sia qualcosa che si possiede e non che si dà. Cerchiamo quindi di essere amabili, di farci amare anziché concentrarci su ciò che noi facciamo per amare il prossimo. La nostra società incoraggia questo tipo di mentalità deplorando la solitudine e colpevolizzandoci, se non siamo degni di essere amati. Invece di incoraggiarci a riflettere su quanto possiamo fare per cercare una compagna o un compagno, punta il dito contro le nostre caratteristiche, il nostro aspetto, il nostro stile di vita. Secondo la cultura dominante dovremmo cambiare per diventare degni d’attenzione e quindi d’amore, va da sé che sono le categorie marginalizzate a soffrire di più di questo pregiudizio. Al contempo però si tace della nostra disponibilità ad amare, come se il rapporto amoroso fosse unilaterale.

Jennifer guerra, “il capitale amoroso”

L’AMORE È UN “CAPITALE” – Il titolo del saggio ne vuole esprimere il punto principale: “Si tratta di un concetto assimilabile a quello di capitale umano. In realtà mi sono ispirata al grande sociologo francese Pierre Bourdieu, che ha analizzato tutti questi capitali che ci portiamo dietro quando entriamo nella società e che dipendono dal contesto sociale, economico e culturale in cui ognuno si è sviluppato. Io affermo con forza che l’amore non sia una faccenda privata ma una forza politica, un valore sociale profondo. E quindi c’è un capitale amoroso che ci portiamo dietro”.

STRUTTURA –Il mio saggio si muove in due direzioni: da una parte analizzando quanto il nostro sistema sociale, politico, economico, ideologico influenzi e modifichi l’amore sia nel viverlo concretamente sia a livello di nostra rappresentazione ideologica; dall’altra descrivo come possa l’amore modificare il sistema in cui noi siamo, si spera verso il meglio”.

SPUNTI BIOGRAFICI –La pratica femminista ci insegna che il modo migliore per leggere la realtà è partire da sé. A questo libro sono quindi arrivata anche a partire da un’esperienza personale, che è la mia relazione con un uomo molto più grande di me. Un’esperienza che mi ha segnato e cambiato molto, perché mi sono resa conto di quanto la differenza d’età susciti ancora tanta sorpresa, nonostante i periodici proclami di rivoluzione sessuale. La gente ci guarda ancora per strada, mi rendo conto io stessa di dover continuamente giustificare la mia relazione (a breve matrimonio). L’immagine della coppia ideale monogama, eterosessuale e normata è ancora molto forte. Questo mi ha fatto riflettere sullo stretto legame esistente fra sistema ideologico, convenzioni sociali e vita concreta delle persone. Altro aspetto, comune a molti: per quattro anni, all’inizio della relazione, vivevamo a distanza e mi sono confrontata con la difficoltà del dover pianificare, incastrare gli incontri. Anche questo mi ha fatto riflettere. Un’altra cosa importantissima è stato lo studio del femminismo e l’interesse per l’amore come questione culturale”.

“CRONOFAGIA” – “All’inizio del XX secolo si dormiva mediamente per dieci ore a notte, dati alla mano in un secolo il tempo del sonno si è ridotto di un terzo, oltre a esserne peggiorata la qualità. In mezzo ci stanno assieme tutte le invenzioni, dall’illuminazione pubblica a Netflix, c’è soprattutto il capitalismo neoliberale. Ci ha spiegato Davide Mazzocco. Le nostre giornate ruotano intorno al lavoro. Marcuse intravedendo le derive che stava prendendo la nostra società ha parlato di “principio di prestazione”: bisogna essere produttivi ed essere felici d’esserlo. Scompare il tempo libero perché anche quando non lavoriamo continuiamo a lavorare, i classici hobby diventano performativi (guardo una determinata serie tv sennò come partecipo al dibattito del momento?) e da capitalizzare (se intreccio collanine, poi devo venderle!). L’aggiornamento dei social network come vero ‘lavoro’ per noi utenti e merce per la piattaforma.

L’AMORE OGGI? –Oggi abbiamo sempre meno tempo da dedicare all’amore, l’attività improduttiva, ‘inutile’ per eccellenza. Amare è l’unica cosa che può farci stare bene, mi sembra l’unico e ultimo spazio di autenticità che ci è rimasto, anche se appare sempre più difficile da realizzare. L’amore si piega al principio di prestazione. Diventa parte anch’esso di quella continua fabbricazione delle nostre vite (‘se non mi sposo prima di quell’età…’; ‘se non ho abbastanza partner sessuali sono…’). Facciamo fatica a pensare l’amore come un’esperienza liberatoria proprio perché lo consideriamo una delle tante cose che dobbiamo gestire nelle nostre vite”. Riecheggia qui, volutamente, il filosofo Byung-Chul Han.

Il neoliberismo è un sistema molto efficace nello sfruttare la libertà, intelligente perfino: viene sfruttato tutto ciò che rientra nelle pratiche e nelle forme espressive della libertà, come l’emozione, il gioco (la gamification e la ludicizzazione della vita), la comunicazione e il condividere. Sfruttare qualcuno contro la sua volontà non è efficace. Soltanto lo sfruttamento della libertà raggiunge il massimo rendimento.

BYUNG-CHUL HAN. “il Capitalismo delle emozioni”

COS’È L’AMORE? – “Difficile fare un discorso universale. In ogni caso a me interessava spiegare quanto possiamo viverlo, qual è il suo ruolo all’interno della società. Nell’affannarsi nell’essere amati, desiderati ci dimentichiamo di una sua componente attiva: l’amore è un’azione dice bell hooks. Linguisticamente in inglese ha ancora più senso. L’amore è una scelta ci ha insegnato Fromm. Se lo consideriamo così, ci assumiamo una responsabilità di quello che è un sentimento, non un’emozione. È cioè qualcosa di elaborato, che dura nel tempo, non un’irrazionalità momentanea. Quando amiamo qualcuno, ne riconosciamo l’esistenza, entriamo in comunione con bisogni ed esigenze che non ci appartengono. Alain Badiou dice che l’amore ci sposta, ci fa vedere il mondo da un altro punto di vista. Già questo contiene in sé il concetto di amore ‘politico’, capacità trasformativa della realtà. Perché nel momento in cui noi mettiamo da parte noi stessi, possiamo iniziare a sviluppare un’idea di società diversa dalla nostra. Per questo siamo terrorizzati dall’amore, siamo terrorizzati dal suo potenziale rivoluzionario.

DA MARTIN LUTHER KING AD ALEKSANDRA KOLLONTAJ –Come ho scritto nel libro, Martin Luther King è una figura che è riuscita a trasformare questa idea in realtà. È stato in grado di trasferire sul piano concreto il principio d’amore, mettendosi da parte e donandosi agli altri. Aleksandra Kollontaj ha elaborato una interessantissima teoria sull’amore agapico. Per lei un ‘eros alato’, cioè un amore in grado di spiccare il volo rispetto alle consuetudini dell’amore. La sua grande capacità è stata quella di evidenziare la connessione tra la dimensione privata di coppia e una dimensione pubblica e collettiva. Per me, come femminista, la sua visione dell’amore è la più completa possibile, proprio perché riverbera il privato sul politico e soprattutto perché prende in considerazione il tema dell’amore come cura. L’agape, l’amore come sacrificio di sé è per me l’unica forma di resistenza al sistema capitalistico e agli ideali di sopraffazione, individualismo e competizione che lo sostengono”.

Per approfondire il multiforme impegno di Jennifer Guerra è possibile visitare: https://www.jenniferguerra.it/ o dare un’occhiata agli innumerevoli video che la vedono protagonista, a cui si è attinto per il presente articolo.

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