Samuele Ripani, “la fotografia di moda non era come me l’aspettavo”

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Non solo moda, però. “Eh sì, ci tengo a dirti che ho ripreso anche a insegnare. Per un’accademia di fotografia a San Benedetto del Tronto che è riuscita a recuperarmi online. Quattro lezioni sulla post-produzione. È sempre divertente”.

Ti capisco, d’altronde è il mio mestiere principale. Ma a parte questo, oltre alla moda, c’è stato altro?

Se parli di progetti personali, ho messo in pausa tutto. Mi piacerebbe un progetto che ho in mente, in bianco e nero, e ispirato alla mia amata Francesca Woodman, di cui abbiamo parlato altre volte. Però al momento sono completamente (e voglio sottolineare) felicemente con la fotografia di moda”.

E allora parliamo meglio, il tuo interesse è nato da ragioni economiche?

“Lo faccio perché mi piace, e pure parecchio. Si tratta del modo per vivere esclusivamente attraverso la fotografia, senza fare altro. Se per sopravvivere non servissero soldi, io scatterei comunque e senza chiedere compenso. La fotografia fa parte di me. Purtroppo, il mondo non funziona al momento così”.

Ma come ci sei arrivato?

“Uscito dall’Accademia, non ho perso tempo. Mi sono rimboccato le maniche e ho iniziato a propormi. La fotografia è un settore saturo e anche il settore della moda non fa eccezione, anzi. Eppure, sto piacendo molto. E questo mi riempie di soddisfazione. Sentirsi dire che sei un fotografo, che hai la tua propria visione, che sai scattare. La fotografia di moda sta diventando un lavoro a tempo pieno. All’inizio bisogna faticare (scattare, farsi vedere, proporsi..), ma alla fine tutto questo ‘paga’”.

Ti sento finalmente felice.

“Sì, sono le 11 di sera e sto cenando. Ho due ore di sonno e fra poco mi metterò a post-produrre. Questo ritmo lo riesci a tenere solo se ti trovi davvero bene”.

E se ti chiamano a lavorare.

“Verissimo. La mia è una fotografia con un po’ più di legame, di sentimento… cosa che mi porto dal mio lavoro come storyteller. Alle agenzie di moda questa mia caratteristica piace, perché non vado lì con la pretesa di saper fare la fotografia commerciale precisa, la modella che si veda bene… La prima cosa che voglio fare, quando vado sul set, è ridere, giocare. E qui si vede la distanza con quanto dicevo nelle precedenti interviste che abbiamo fatto.
Proprio il feeling analogico, le lunghe esposizioni, il mettere molta grana, il portarmi la macchina a pellicola sul set, il giocare con contrasti e controluce, il mettere i filtri, l’usare pose particolari, il lasciare molto spazio… alle agenzie piace.
Prima avevo una visione troppo ridotta e parziale della fotografia di moda. Invece, ci si può sperimentare tantissimo, giocare, fare cose. Sempre con il fine di far vedere il prodotto, ovviamente”
.

Com’è cambiato il tuo lavoro?

“Innanzitutto da una constatazione: il cliente paga. Ci sono quelli che ti stanno a sentire totalmente, altri in buona parte, altri ancora un po’ e chi non lo fa per nulla. Dipende. Dipende da te e da chi hai di fronte. Ma questo non vuol dire che non ci sia io dietro quelle fotografie, anzi.
Sicuramente è tutto diverso rispetto a prima e all’inizio ne soffrivo. Non ero più io a gestire da solo lo shooting. Non sentivo le foto come mie. In realtà tutte le figure che ti attorniano (le make artist, le stylist, ecc.) non sono ostacoli ma alleati. Mi sono messo finalmente in testa che mi devo far dare una mano. Non posso capire tutto da solo. Ho intuito ma non può bastare. Ognuno copre un lato e tutti insieme si porta a casa il risultato. In tutto questo poi non smetterò mai di dirlo che la modella è un essere umano e che la si deve far sentire partecipe. Non si tratta di semplici corpi che non ha voce in capitolo su niente. Anche perché la loro partecipazione dà una grandissima mano alla riuscita”.

Se scatti tutti i giorni, vuol dire che nella moda il lavoro è costante?

“Tutto il contrario. La moda peraltro ha tempistiche strane, lavori tutti i giorni senza pause e il lavoro verrà mostrato al pubblico magari mesi e mesi dopo… È ciclica. Per me è così perché ogni giorno mi occupo di un sottosettore differente. Un test con una nuova modella, un e-commerce online, oggetti ecc. e io voglio studiare tutto, soprattutto ora. D’altronde alle agenzie piace il mio giocare con la fotografia, però, mi dicono che queste foto poi hanno difficoltà a venderle. Alle modelle fanno comodo, all’agenzia dà un contributo importante, creano il mood ecc. e quindi vogliono che lo faccia ma, al contempo, devo approfondire sempre di più il lato commerciale, che è quello poi che fa, banalmente, guadagnare”.

Tu non eri un esperto di moda, cosa hai dovuto/devi fare per lavorare nel settore?

Studiare. E tanto. Bisogna essere costantemente aggiornati, giorno per giorno. Apro il telefono e quasi tutte le app sono relative alla moda. Va indagata in tutte le sue sfaccettature attuali. Ad esempio, l’idea che avevo della modella perfetta, truccatissima e tirata a lucido era sbagliata. Gli scatti che ho fatto recentemente per una boutique di alta moda (con brand come Balenciaga) r sono stati invece con una bellissima ragazza cinese, tutta scompigliata, con vestiti iperfuturistici, truccata in modo particolare, con delle linee che vanno in over. E ora vada così, devi saperlo. Non si vedono più le bionde occhi azzurri, ma modelle magre, castane e con gli occhi scuri. Niente pose assurde, ma piuttosto espressioni annoiate. Le tendenze devi conoscerle a perfezione. Ma, e a te da storico farà piacere, non si può affatto ignorare la storia. Ogni brand ha la sua identità, la sua impronta, il suo percorso. E devi padroneggiare le differenze. Con un brand più elegante devi fare certe cose, con uno più futuristico fai altro. Al di là di quello che hanno fatto all’ultima sfilata.
E non va ignorato nemmeno il futuro, vengo a contatto con professionisti che immaginano e prevedono le tendenze future ad esempio”.

Abbiamo parlato di agenzie, chi ti chiama?

“Possono essere privati, ma soprattutto sono agenzie esattamente. Voglio citare quella con cui lavoro di più, che mi ha preso davvero a cuore: la NUR Model Management. Ha sede a Roma e si occupa di reclutare, anche a livello internazionale, modelle e modelli per eventi, sfilate, cataloghi, fiere e fotografia. Marco Barbaro ha grande fiducia in me e lì mi occupo sia i book per le nuove modelle con Marco e sia della post-produzione. E stiamo per partire insieme per Dubai, per lavoro ma anche per respirare un’aria nuova. Ancora più aperta alle tendenze internazionali”.

E dimmi un po’, come sei noto nel settore?

“Sono quello delle foto blu. Un’etichetta che non mi scollerò!”

E per capire il perché, leggete le precedenti interviste se non l’avete ancora fatto.

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