Musica, Claver Gold e Tofare: ricordi e riflessioni sulla condizione giovanile

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Io mi ricordo di Tofare negli anni Novanta”, canta Claver Gold (pseudonimo di Daycol Emidio Orsini) in “Malastrada”. Si riferisce al quartiere dove è nato e ha vissuto fino a 18 anni, ad Ascoli Piceno. Io, di sei anni più giovane di lui, fino ai diciott’anni ho abitato nel pieno centro del capoluogo piceno e ora… mi ritrovo a vivere proprio nel quartiere di Tofare. E, a oltre tre settimane dall’uscita del singolo, penso sia stupefacente l’assenza di cenni sui giornali e sulle riviste locali a questo bel pezzo di un artista locale (che è diventato uno dei maggiori rapper nazionali) che racconta un pezzo della sua storia, che è anche la nostra storia: almeno della mia.

Ma andiamo con ordine. L’ultimo album solista di Claver Gold risale al 2020 con “La maggior parte”. Nel frattempo ha realizzato, con l’amico e collega Murubutu, “Infernvm”, che ripercorre l’inferno dantesco in musica (ed era infatti in quell’occasione che ne avevamo parlato QUI su Ithaca). Il nuovo album “Questo non è un cane”, in uscita il 16 settembre, sarà “un disco dalla coscienza adulta affrontato sempre in chiave intimista”, così almeno ha dichiarato l’autore (ma non a me, però magari dopo questo articolo riuscirò a ottenere un’intervista!). La genesi è stata, come per molti, il momento di solitudine e riflessione personale della pandemia. Un momento introspettivo e di rimessa in discussione (non solo individuale ma anche collettiva: ci sarà spazio, infatti, anche per la politica), pure di certi aspetti fondati sull’ostentazione esteriore del rap più mainstream. Ma intanto ascoltiamolo:

Il filmato in bianco e nero è stato girato, in un solo giorno, proprio nel quartiere: era necessario immergersi proprio in quell’atmosfera. Vi sono ritratti i genitori, il fratello e gli amici dell’artista. I volti dei suoi familiari trasportano nel presente il testo di una canzone che parla di uno spaccato del 1997, venticinque anni fa. Era un’epoca di genitori stanchi, operai anneriti, rivolte culturali e ancora bombe: non mancano le somiglianze con l’oggi… Ci si immerge in un mix geniale che mesce la memoria individuale – dall’ascoltare “La cura” in radio al tagliare vento e fumo nei paesaggi giovanili – e ricordi collettivi dell’Italia post-Pertini, con i Mondiali del 1994 e l’assedio di Sarajevo.

Un brano malinconico, un rap narrativo che dalla dimensione personale si amplia fino a raccontare una generazione. Daycol l’ha composto durante il primo lockdownn, quando si è accorto che sarebbe stato il primo Natale senza famiglia (che, peraltro, è molto numerosa). A quel punto ha sentito l’esigenza di raccontare quello che voleva dire vivere in un quartiere popolare come Tofare. C’è una pagina Instagram nostalgica gestita da qualcuno degli abitanti che è denominata affettuosamente “tofare_bronx”, eppure non si tratta certo di un posto in cui ti sparano, anzi è decisamente tranquillo (forse troppo? Ci arriviamo). Oggi, comunque, Claver Gold vive a San Benedetto del Tronto: “Un luogo dove sto bene, un luogo per me”.

La storia del quartiere Tofare è interessante. Da storico, ve la riassumo. A fine anni ’50 (1957-1960) viene costruito nell’ambito degli interventi INA-Casa, una delle più importanti, consistenti e diffuse esperienze di realizzazione nel campo dell’edilizia sociale del nostro Paese. Alloggi sani e moderni posti, entro un’area prossima al centro storico (come in questo caso) o con la realizzazione di nuovi nuclei urbani, hanno offerto la possibilità a migliaia di famiglie di migliorare le proprie condizioni abitative. Fu pensato come quartiere autonomo e autosufficiente, con una dotazione di servizi collettivi, scuole, asili, centri aggregativi secondo la logica di dar vita ad una comunità viva. Progettato dall’architetto Luigi Pellegrin e Ciro Cicconcelli, fu costruito secondo i criteri delle “città giardino”, in cui gli spazi verdi sono predominanti e le residenze caratterizzate da una tipologia e distribuzione articolata. Colpiscono i dettagli, le geometrie triangolari, il mattone a vista: un’architettura d’eccellenza rara nella nostra regione.

Ma oggi? Ci vivono perlopiù anziani e famiglie di media condizione economica. La qualità della vita, anche rispetto agli anni cantati da Claver Gold, si è ridotta perché la dimensione sociale si è drasticamente impoverita. Nonostante la dimensione degli alloggi e dei singoli vani sia piccola, gli spazi pubblici sono sottoutilizzati, in cattive condizioni di manutenzione e poco ospitali. Quelli esterni, in particolare, sono adibiti a parcheggio per le auto, il verde c’è, ma è in abbandono o lascia il posto ad asfalto e cemento, appena possibile. Gli interventi di potatura o taglio di piante malate non portano a nuove piantumazioni.

Un’altra clip del video

Di chi guardava ancora il mondo dietro una fessura” canta ancora Claver Gold. La generazione degli anni ’90 guardava il mondo attraverso un media unidirezionale e controllato come la televisione. Ha raccontato in un’intervista il cantante: “Nel video del brano ci sono due miei cari amici, un writer e un rapper famosi, che ce l’hanno fatta e sono partiti da un quartiere, il mio, il nostro, non semplice. Ho visto tanti ragazzi pieni di talento, ma che non riuscivano a sprigionare il fuoco. È come se tutti fossero già destinati: se nascevi in un contesto semplice, non potevi aspirare quasi a nulla”. E ancora, in un’altra occasione: “Volevo raccontare la possibilità di riscatto sociale, la rivalsa di chi sfrutta al massimo le poche possibilità che gli vengono conoscesse. Uscire fuori da una zona popolare, ‘dove il male vince il bene’, dove il profumo del cibo si mischia a quello della benzina, dove i sogni costano troppo”.

Effettivamente, la difficoltà della vita nella provincia italiana non risiede semplicemente nel non riuscire a esprimere la propria identità (certo, c’è anche questo), ma nel non poterla concretizzare. Si cresce nel genere di posto in cui ogni velleità divergente non fa di te una persona interessante, ma un disadattato che non ha ben presente ciò che lo circonda: ovvero una realtà in cui si fanno lavori “normali” e si hanno aspettative “normali”. Una grande lezione che ho appreso precocemente è che nulla di ciò che mi interessava era ritenuta degna d’attenzione dalle persone che potevo frequentare, lì. Il ricco, in questi posti, ha una percezione estesa del proprio privilegio, perché tutti sanno chi è o sanno chi sono tuo nonno, tuo zio o tua madre. Lo stesso vale all’inverso: se sei povero, nella provincia sei circondato da una bolla di anonimato che sembra insondabile. Non ci sarà un reportage di Rai3 a illuminare con un faro il disagio, ma tutto resterà vuoto pneumatico e anedonia.

Due modi ci sono per reagire: o integrarsi o rifiutare rabbiosamente ciò che ti circonda, sdegnando tutto e tutti mentre si attende la fuga. Anche se, a volte, può capitare di provare nostalgia per la dimensione sociale di questo piccolo mondo, anche se chi (come me) è stato almeno un po’ via, se ne vergogna, ma alla fine quando torna, si annoia a morte, tutto gli sembra insipido e insensato. La provincia è come una culla in cui le cose non cambiano mai e che allo stesso tempo è asfissiante mentre ti rassicura. Una provincia italiana come luogo dell’anima. Rimane lì, anche se provi a non pensarci.

Claver Gold attraverso i suoi ricordi e la sua musica ci richiama una condizione giovanile singola, ma sempre più universale. Il futuro, che da promessa è diventato minaccia, non riesce, quindi, a retroagire nel presente come motivazione. E i giovani stanno male. A Tofare, come altrove, anche se a volte non se ne rendono conto. Ecco, diamo una speranza a questi giovani (e meno giovani). Date qualche speranza a chi, come me, vive a Tofare.

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