Scuola, gli studenti in piazza vogliono essere ascoltati

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Bisogna certamente comprendere che siamo in emergenza e che nelle scuole quando si uscirà dall’emergenza coronavirus si passerà a un’emergenza sociale che vedrà esplodere la rabbia e la contestazione. Fanno bene i ragazzi a protestare, se avessi 50 anni di meno scenderei in piazza anch’io. Stiamo mettendo una palla di piombo ai loro piedi. Ricordo che ci sono liceali che hanno fatto due terzi del loro percorso tra Dad e altre forme di didattica strane“. Così Agostino Miozzo, coordinatore del Cts durante la fase più difficile del Covid e, per un breve periodo, consulente del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi sulla gestione dell’epidemia nelle scuole il 7 febbraio su La Stampa.

E, in effetti, la situazione sulla scuola si fa sempre più caotica. Dopo giorni di manifestazioni e proteste da parte degli studenti, ieri è arrivata la stroncatura da parte del Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi): gli esami di Stato proposti dal ministro non vanno giù a nessuno. Al termine di sei ore di discussone, i membri del Cspi hanno inviato il loro parere (obbligatorio ma non vincolante) al ministero. Nonostante il tentativo raffazzonato (ne abbiamo parlato QUI) di tornare in presenza, infatti, la Dad ha dominato in questa prima metà dell’anno scolastico. Scrive il Cspi: “L’accertamento delle competenze nelle materie di indirizzo possa avvenire anche con modalità più adeguate alla situazione, non prevedendo necessariamente la seconda prova scritta”. Stessa cosa per l’esame di terza media, per cui si richiede il ritorno al maxi-orale.

Molti, all’interno del mondo della scuola, si sono chiesti in questi giorni quale logica fosse dietro il ritorno alla normalità degli esami, quando coloro che li affronteranno quest’anno sono stati i più colpiti dalla pandemia. E questo al di là delle considerazioni (ricorrenti) sull’utilità (o piuttosto inutilità) degli esami di Stato in sé. Se la decisione di Bianchi resterà la stessa, comunque, saranno ancora una volta le commissioni d’esame totalmente interne (salvo il presidente) a tenere conto della realtà, ma intanto la politica potrà far finta di aver dato priorità alla scuola… al prezzo (fino all’ultimo) del malessere psicologico degli studenti (che già si trovano a vivere una fase molto complessa, ne abbiamo parlato QUI).

Intanto, oggi il ministro vedrà i rappresentanti delle Consulte provinciali degli studenti, per un dialogo definito inutile e tardivo da parte della Rete degli studenti medi: ai ragazzi e alle ragazze non resta che la lotta: il ritorno in piazza è fissato per questo venerdì. Abbiamo sentito i membri di Robin Hood – Rete degli Studenti Medi, la sede di San Benedetto del Tronto del più grande sindacato studentesco italiano.

“Venerdì 4 febbraio, unendoci alla mobilitazione nazionale per la maturità, siamo scesi in piazza per protestare. Dopo mesi di silenzio da parte del ministero dell’Istruzione, la reintroduzione della seconda prova e l’eliminazione della tesina a pochissimi mesi dalla maturità sono l’ennesima dimostrazione del fatto che Bianchi non tiene assolutamente conto degli studenti: queste modalità di esame non considerano i due anni di didattica precaria che abbiamo vissuto, mettendo in difficoltà gli alunni che in 4 mesi dovranno preparare un esame che dovrebbe essere frutto di competenze acquisite nei 5 anni di lavoro. 
Durante l’emergenza Covid la scuola è sempre stata l’ultima ruota del carro, ed è per questo motivo che lo scorso venerdì abbiamo deciso di manifestare: non siamo disposti ad abbassare la testa davanti a un ministero che non vuole ascoltarci. 
Considerando che sono più di due anni che a San Benedetto non si scende in piazza per tematiche studentesche, la manifestazione è stata abbastanza sentita ed hanno aderito studenti di diverse scuole, anche da Fermo e dall’Abruzzo. Ci sono stati numerosi interventi e tutti hanno manifestato non solo indignazione per le scelte ministeriali, ma anche un grande disagio psicologico legato alla situazione pandemica e alla didattica precaria degli ultimi anni, di cui ancora si parla troppo poco. 
A livello nazionale la mobilitazione ha avuto grande risonanza e sono scesi in piazza più di centomila studenti: nonostante ciò il ministero sembra molto fermo nelle sue decisioni e indisposto all’ascolto. È per questo che le mobilitazioni a Roma continueranno finché non si otterrà un dialogo con il Ministro Bianchi, sperando in un ascolto da parte sua. Come Robin Hood crediamo che sia fondamentale che noi studenti diciamo la nostra e che, davanti a chi non ci ascolta, si facciamo sentire”.

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