“Scuola in assenza”, che sta succedendo nelle aule?

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Siamo noi a dare i numeri“. A volte gli involontari doppi sensi, come questo del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, dicono più di tante parole. La questione era la solita: “Le scuole sono luoghi di contagio?“. La risposta potrebbe sembrare banale (per tutti) eppure, dal ministero e altrove, si nega l’evidente realtà per evitare di dover poi ammettere un doppio fallimento. Da una parte, il mantra ripetuto fino allo sfinimento “La scuola non deve chiudere” (si intende che non deve andare a distanza, anche se non è proprio la stessa cosa) anche se, oggi, ci siamo accorti che c’è qualcosa di molto peggio della Dad, ovvero la folle didattica prodotta dalle procedure approvate dal Governo; dall’altra, negare che le scuole siano luoghi di contagio fa da scudo alla richiesta di investimenti per una presenza rispettosa del diritto alla salute e di quello all’educazione: non si mette in sicurezza qualcosa che è già sicuro. Per il pedagogista Cristiano Corsini: “Chi tratta gli esseri umani come mezzi non può che considerare la scuola un ‘parcheggio’ da tenere aperto costi quel che costi“. E, al contempo, nemmeno si investe nemmeno per migliorare la qualità della didattica a distanza, tanto è una modalità del tutto “residuale“, oltre che perennemente demonizzata (abbiamo parlato della questione QUI).

Oggi lezione di illusionismo. Oggi il sottoscritto, contatto ad alto rischio per aver fatto lezione in classe con 8 positivi, terrà una lezione di illusionismo, in supplenza di un collega assente, ad una classe intera in DAD. E cioè io che non dovrei essere in classe sostituirò qualcuno che non c’è, in una classe che non è qui. Vado a presentare come e qualmente sia possibile che al ministro Bianchi risulti in DAD/DID il 20% delle classi, mentre nella mia scuola siano in DAD/DID il 90 % delle classi. Abracadad…abracadid…e voilà! La classe eccola qua!“. Queste le parole di Antonio Coronato, che esemplificano bene la situazione dei docenti.

Tante aule sono vuote. Almeno il 30%. In quasi tutte c’è almeno un collegato a distanza (la cosiddetta didattica mista), questi sono i dati che circolano fra gli addetti ai lavori. “Chi insegna con passione si è visto togliere qualsiasi possibilità di agire dignitosamente. Si è dovuto barcamenare tra il babysitting e la didattica a distanza, in un vortice di presenze/assenze/distanze che cambia ogni mattina. Chi la scuola la frequenta da alunno/a come può stare in una situazione così limitante, con regole che procurano malessere fisico (le mascherine per 6/8 ore di fila mettono a dura prova anche gli adulti…), disagio nelle relazioni e continua interruzione della didattica? Chiedetelo a loro, per favore. Chi affida i propri figli alla scuola, invece, è disorientato dalla farraginosità incomprensibile delle disposizioni, e quasi totalmente abbandonato dal servizio sanitario pubblico, che le scuole le ha mollate esattamente all’uscita del Decreto Legge del 7 gennaio. Nelle scuole l’affanno è palpabile, e non è solo quello dovuto al tracciamento continuo e alla conta dei positivi, con immediata e vorticosa produzione di provvedimenti di auto sorveglianza o quarantena, che spetterebbero ad un’autorità sanitaria, di certo non ad una scolastica. Mentre due anni fa, ad inizio pandemia, era notevole l’aggregazione professionale tra le persone, con l’obiettivo di risolvere insieme l’enorme problema dell’impatto del lockdown sulle attività didattiche, ora si percepiscono stanchezza, sconforto, impotenza“. Sono le icastiche parole della dirigente scolastica Laura Biancato.

Perché? Se volete capirci qualcosa vi sintetizziamo, in quanto le norme variano a seconda del tipo di istituto, di quanti casi positivi ci sono in classe, del fatto che gli studenti siano vaccinati o meno (per le età in cui è prevista la vaccinazione). Per quanto riguarda i docenti, di fatto, restano sempre e comunque in aula (peraltro anche se la classe intera è in Dad).

SCUOLA DELL’INFANZIA

Se nella classe o nella sezione c’è un caso positivo, le attività sono sospese e i bambini sono in quarantena per 10 giorni.

SCUOLA PRIMARIA

Nella scuola primaria, Se c’è un caso positivo in classe, parte la sorveglianza: test antigenico rapido o molecolare quando si scopre il caso di positività, poi un altro dopo 5 giorni dall’ultimo contatto. Se i casi positivi sono due o più, la classe va in quarantena e per 10 giorni le lezioni si svolgono in Dad.

SCUOLA MEDIA E SUPERIORE

Passiamo alla scuola secondaria di I e II grado (medie e superiori). Con un positivo in classe, si attiva l’auto-sorveglianza: lezioni in presenza, ma gli alunni devono indossare le mascherine Ffp2. Con 2 positivi, le cose cambiano tra vaccinati e non: i non vaccinati, quelli che non hanno la terza dose, quelli che hanno completato il ciclo vaccinale primario da più di 120 giorni e quelli che sono guariti dal Covid da più di 120 giorni, seguono lezioni in Dad; tutti gli altri in presenza con Ffp2. Con 3 positivi, la classe è in quarantena per 10 giorni e in Dad.

Avete letto come la Ffp2 sia richiesta in molti casi come obbligatoria. Le scuole ne hanno a disposizione? No. Non solo ancora, a settimane dalla vigenza delle norme, non ne hanno nessuna a disposizione, ma si continuano a spendere milioni di euro per delle mascherine chirurgiche che quasi nessuno usava prima (sono degli immensi fazzolettoni che venivano usati dagli studenti per gli usi più svariati) e che oggi si ammassano in scatoloni nei corridoi.

Alla Conferenza Stato-Regioni della prossima settimana, intanto, verrà presentata una serie di richieste, tra cui quella di installare nelle aule scolastiche sistemi di ventilazione meccanica. Si tratta di sistemi la cui installazione, però, richiede lavori strutturali per costruire impianti che scambino l’aria interna con quella esterna a un ritmo sufficiente. E, per mantenere una temperatura adeguata, devono essere accoppiati a sistemi di condizionamento. Impossibile fare tutto questo in qualche settimana, a scuole aperte: andava fatto semmai due anni fa quando le abbiamo chiuse per un po’. E così è iniziato il fai da te degli istituti e delle singole Regioni. Il problema è che: “L’iniziativa individuale delle scuole, per quanto motivata da buone intenzioni, può condurre a investimenti del tutto inefficienti” afferma Giorgio Buonanno dell’università di Cassino che ha studiato la questione.

Sugli aeratori la Regione Marche ha puntato molto. Ha dichiarato la consigliera regionale del Partito Democratico Anna Casini: “Il fallimento della giunta Acquaroli nella lotta al Covid19 è ogni giorno più palese. Meno male che il presidente della Regione dice che gli areatori funzionano (pensa se non funzionavano), peccato che come abbiamo sempre sostenuto ne sono stati installati pochissimi e quei soldi potevano essere investiti in screening periodici gratuiti per studenti e personale che sicuramente avrebbero permesso a molte più classi di andare a scuola in sicurezza. Propaganda e niente più, questo fa chi dovrebbe difendere la salute dei cittadini e delle cittadine delle Marche e forse dopo due anni è arrivato il momento che la Latini smetta la sua lotta ai vaccini e inizi quella al Covid. PROPOSTA: perché non dare dei sussidi alle famiglie con i figli in DAD per supportarle in un nuovo difficile momento visto anche l’aumento vertiginoso delle bollette?

La scuola è ad oggi il posto in cui il contagio si diffonde sulle fasce giovanili. Nei 15 giorni di vacanza le tre fasce d’età giovanili non hanno seguito l’andamento delle fasce degli adulti. I dati sembrano affermare che favorire la mobilità e tenere le scuole aperte senza spendere una lira in azioni di contrasto è una scommessa azzardata. Nella settimana del rientro in aula indicano per bambine e bambini sotto gli 11 anni un raddoppio dei casi accertati di positività, un incremento di ricoveri nei reparti ordinari e nelle terapie intensive e un decesso. Ha scritto innumerevoli volte il fisico Gaetano Salina, analizzando i dati.

Al rientro dopo le vacanze, erano fioriti scioperi in tutta la regione per chiedere sicurezza. Come minimo uno screening obbligatorio di massa. Non è arrivato né dal livello centrale né regionale. Solo con dieci giorni di ritardo, la Regione è intervenuta con una settimana di ritardo.

Il Pd di Ascoli è intervenuto sulla questione dei tamponi: “Sulla scuola uno dei problemi più grandi è legato ai tamponi che vengono richiesti per far restare in presenza i ragazzi in caso di un positivo in classe (T0, T5, T10). Ad Ascoli purtroppo sono totalmente a carico delle famiglie sia dal punto di vista economico che organizzativo, e questo non può più essere. Per questo nel raccogliere le istanze di tanti genitori chiediamo al Sindaco ed agli assessori competenti” affermano i consiglieri Ameli, Frenquellucci e Procaccini “di attivarsi affinché vengano somministrati tamponi gratuiti agli studenti delle scuole dell’infanzia e primaria. Per le scuole secondarie infatti sono già previsti i tamponi gratuiti in farmacia dietro ricetta del medico curante. Basterebbe fare un accordo con farmacie e centri analisi, con le scuole che invierà direttamente ai centri convenzionati l’elenco degli alunni che dovranno effettuare il test, i quali comunicheranno alle famiglie data e fascia oraria del tampone”.

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