Un grande aiuto alla candidatura di Ascoli a capitale della cultura 2024 è arrivato, in maniera davvero inattesa, da Repubblica che a questo ha dedicato ben due pagine a specchio ricche di articoli e foto. Insieme con l’illustrazione della candidatura attraverso le parole del sindaco Marco Fioravanti e del project manager Giorgio Bisirri, vengono sottolineate anche alcune peculiarità. In particolare viene illustrato l’innovativo progetto Phygital che ha come obiettivo la valorizzazione del contesto urbano e delle condizioni di fruizione attraverso il dialogo fra reale e virtuale. C’è anche attenzione per i 61 eventi previsti sottolineando come ne siano stati svelati solo tre che vedranno come ptagonisti due ascolani doc come Giovanni Allevi e Dartust.Molto rilievo è dato anche al fatto che i comuni della provincia siano tutti coinvolti nella candidatura Infine l’accenno al fatto che il progetto complessivo è proiettato a completarsi nel 2030.
Immaginiamo che, compatibilmente con lo spazio disponibile e quindi non esaustivo, i contenuti siano i più rappresentativi ed emblematici della proposta presentata dal nostro Comune. L’impressione è che, a prescindere dall’esito della candidatura che ci auguriamo positiva, si sia – ancora una volta – persa una grande occasione.
Accettando questa sfida si sarebbe potuto superare quel male atavico che affligge da sempre il nostro territorio e gran parte delle città medio piccole italiane: il provincialismo. Con questo termine intendiamo quell’insieme di fattori che assommano il vanto di celebrare i concittadini diventati illustri, per lo più lontano da casa, il desiderio di mettere insieme il più numero possibile di associazioni, eventi e quant’altro confondendo la quantità con la qualità e avallando la vecchia modalità dei contributi “a pioggia” ricorrendo a nomi famosi paracadutati a nobilitare e legittimare la validità della proposta.
Quando si dice di occasione persa ci riferiamo al fatto, con questa opportunità, di poter iniziare a dare al Piceno una sua specifica identità. La proliferazione di eventi non consente di sedimentare nel tempo un’immagine ben definita, riconducibile alla città. Ospitare cultura, o presunta tale, non significa essere, creare, produrre cultura.
Da anni si rimpiange, o ci si culla a farlo, di non aver colto l’occasione del Festival dei Due Mondi. Ecco, la candidatura a Capitale della Cultura poteva essere una nuova chance, non una carrellata di piccoli/grandi appuntamenti ma una proposta forte, che potesse crescere anno dopo anno, che partendo dalla grande visibilità offerta si consolidasse nel tempo.
Per essere propositivi e non solo critici si poteva partire dal Paesaggio, un denominatore comune legato all’ambiente ed alla sostenibilità che si sarebbe anche avvantaggiato dei nostri personaggi famosi nei vari campi della musica, della letteratura, della pittura, della scultura, del cinema, del teatro ed altro ancora.
Un filo conduttore con cui imporsi all’attenzione nazionale ed internazionale: che potesse legare, in modo coerente e suggestivo, il mare ai parchi nazionali, passando per il travertino, dando vita ad un privilegiato osservatorio permanente.
Le montagne per muoversi non hanno bisogno della Cultura, purtroppo loro si muovono da sole.