Santoro a Giulianova, il suo grido: “Dovete per un attimo passare da social a socialisti”

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Sai, una serata così mi ha riconciliato realmente: mi ha fatto riscoprire la passione per la politica”. Questo era il tenore dei commenti che si sentivano all’uscita del Palazzo Kursaal di Giulianova (TE). “Il sogno del partito che non c’è” era il titolo del monologo presentato in anteprima da Michele Santoro, in una sala gremita da generazioni, dalle più giovani alle meno, tutte cresciute col nuovo modo di fare informazione televisiva da lui inaugurato. “Per essere qui, questa settimana, ho rifiutato inviti da quasi tutte le televisioni, perché queste sono prove tecniche di trasmissione, ma anche prove spirituali di trasmissione, perché io ho bisogno – in questo momento – di sentire le persone intorno a me, di guardarle in faccia, di sentire battere i loro cuori”.

Dopo un breve cenno al triste spettacolo delle primarie del Partito Democratico, il celebre giornalista è chiaro: “Di questa politica italiana è facilissimo parlare male, ma l’esercizio molto più difficile è dire quello che noi vorremmo fare; bisogna rompere quella scissione che c’è dentro di noi fra la disillusione per la politica e la possibilità che si possa intraprendere un cammino nuovo”. Il partito che non c’è è infatti quello che si rivolge a quel 50% di cittadini e cittadine che non si reca più a votare. Una democrazia si fonda sulla partecipazione popolare e se questa manca, “uno dei motivi principali è il disastro dell’informazione”. E un esempio recente è la vicenda del boss latitante Matteo Messina Denaro: “Non so voi, ma io sono rimasto prigioniero per sette, otto, nove giorni di quel vicolo siciliano in cui è stato catturato”. Ma qualcuno ci vuole spiegare cosa rappresenta oggi Cosa nostra? Qualcuno ha il coraggio di dire che non è nei dintorni di quel supermercato che ne troveremo le tracce ma forse a Dubai e nei paradisi fiscali? Dove sono i soldi, 40 miliardi di euro che ogni anno la mafia incassa? Questi sono gli interrogativi di Santoro. Che conclude: “Questo fenomeno mafioso è così intrecciato al capitalismo che è difficile capire dove mettere le mani, perché blocchi l’economia, blocchi i bitcoin, anche l’economia sommersa… e allora lì sguazza la grande mafia, non gli spacciatori nei vicoli”.

Nei media si parla tanto di Zelensky a Sanremo, “per carità cosa importantissima… anche se forse lo sentiamo pure troppo. Io, comunque, non andrò a manifestare contro la sua partecipazione: la libera espressione per me è sacra”. E, soprattutto, “il mio nemico non è affatto Zelensky, il vero nemico è la guerra. Un nemico più grande persino di Putin”. Santoro rievoca il geniale finale di Full Metal Jacket di Kubrick, con i marines che marciano in uno scenario bellico post-apocalittico fatto di edifici distrutti in fiamme… cantando “Topolin, topolin”: questa è la situazione che stiamo vivendo. “Siamo noi a marciare in quel modo”. Dal fornire armi difensive, siamo passati ai missili a medio raggio. “Oggi qualcuno, Biden, autorizza a colpire la Crimea. E noi italiani, noi europei? Aspettiamo che i caccia provino a bombardare Mosca? Ma tanto c’è qualcuno che decide e noi sempre supini”. E a questo punto un urlo: “Basta armi, è sbagliato! Ci vuole qualcuno che le dica queste cose, senza se e senza ma”.

Il conduttore ricorda quante delle armi che arrivano in Ucraina poi passano al mercato nero per essere rivendute con lauto profitto. “Pensiamo all’elicottero caduto del ministro dell’Interno: in quel paese si combattono anche guerre fra signori della guerra che si costruiscono una loro posizione con questo business. Noi continuiamo a raccontare questa guerra come il lupo cattivo contro la casetta dei tre porcellini. Ma voi l’avete sentita la Merkel? Gli accordi di Minsk per tutelare l’autonomia delle regioni russofone erano solo un pretesto per prendere tempo e far armare gli Ucraini dagli americani. E questo ben prima dello scorso anno”. Ci si sofferma poi su una dichiarazione del candidato alla segreteria Pd Gianni Cuperlo: “Se si fermano gli ucraini, finisce l’Ucraina. Se si fermano i russi, finisce la guerra. Ma come si fa anche solo a pensare a un concetto simile? Putin è un criminale, ma pensare che smetta senza aver ottenuto nulla… come dire che farebbe bene a spararsi una pallottola in testa e non presentarsi più al suo popolo: ci sono 100mila soldati russi morti e altrettanti dall’altra parte, più 40mila civili. E qual è il risultato?”. Inflazione in Europa e anche negli Stati Uniti. “Ma mentre negli Usa è più bassa e comunque legata a un eccesso di domanda (si consuma di più), da noi, a causa dei costi dell’energia, è molto alta e vede una contrazione dei consumi”.

Insomma, “ce lo volete spiegare dove stiamo andando? Churchill nell’ora più buia ha spiegato agli inglesi la situazione e cosa si voleva e perché”. Oggi invece l’orologio dell’Apocalisse segna appena 90 sec alla mezzanotte. “E avete visto che appunto l’Organizzazione mondiale della sanità chiede ai paesi di tenersi pronti con le scorte nell’eventualità atomica?”. E poi la considerazione: “Io penso che la Russia sia europea, io voglio la Russia in Europa”. La Meloni oggi riscopre l’Africa, “ma perché è l’Eni che fa la nostra politica estera”. Perché la nostra classe politica è così scadente? “E la Meloni non è il peggio, ha passione, si è fatta da sola, è giovane… il punto è che speravo si svegliassero dall’altra parte”. E una soluzione non possono essere i tecnici “quelli che il riscaldamento non va, li chiami, agiscono e resti al freddo”. Una disgrazia Monti, una disgrazia quello che hanno fatto in Grecia. “Il capitalismo ha fatto 254 miliardi di utili per gli azionisti solo dei settori dell’alimentare e dell’energia, mentre milioni restano al freddo e alla fame. Pensiamo alla pandemia in cui il 95% della popolazione si è impoverito e il 5% si è arricchito”.

La classe dirigente deve essere selezionata dall’informazione. “Rai1 quando era l’unico canale, era governato dalla Dc. Un partito paternalista che credeva che gli italiani fossero dei bambini da guidare fra le brutture del mondo. Eppure ogni anno quella rete si rinnovava, creava nuovi personaggi. E tutto questo pur non avendo alcun tipo di concorrenza. C’era un senso di responsabilità culturale per l’innovazione”. E poi l’affondo: “Bersani dice che la prima cosa è il lavoro, ma no la prima cosa è la cultura!”. Poi arriva Rai2 e “quei programmi fanno ancora ridere oggi, mentre quelli di oggi faranno piangere”. E persino Berlusconi “con Dallas, Dynasty ci hanno iniziato al consumismo americano. Guardavamo con più libidine i nostri colleghi e le nostre colleghe in ufficio ed eravamo tutti un po’ più mascalzoni”. Infine la risposta pubblica con Rai3: “La tv dei senza voce, la dimostrazione pratica di come una cosa minore può incidere moltissimo: come? Se riesce a mettere un punto interrogativo su quello che accade e su come viene raccontato”.

All’epoca dell’intervento in Afganistan c’era chi metteva questo punto interrogativo mentre oggi “Crosetto dice che se fosse stata la Russia a essere invasa avremmo fatto la stessa cosa. Ma a chi lo vogliono far credere che sia per la semplice questione dello Stato sovrano? In Kosovo non abbiamo staccato un pezzo di territorio sacro per i serbi, a maggioranza albanese, con le bombe? Peraltro l’Italia era guidata da un comunista. E fu illegale. Questo deve dire il partito che non c’è. Basta armi, si è solidali sì ma senza armi. Come dice la Costituzione”. Per informarsi occorre leggere i giornali Usa, purtroppo ascoltare i corrispondenti italiani significa ascoltare la voce degli ucraini combattenti: “Possibile che non venga mai mostrato nessuno degli ucraini che è stufo di questa situazione, non ne può più?”.

In conclusione, “Il capitalismo non si ferma davanti a nulla. Si guadagna anche nelle catastrofi”. E in questo periodo, pensiamo agli effetti del cambiamento climatico e alle relative e sempre più importanti distruzioni. Bisogna cambiare direzione, verso dove? “I partiti lavoristi devono mettersi in testa che non è questione di avere 50 euro in più in tasca al mese. La questione non è il lavoro. Bisogna avere la possibilità di accedere a case popolari in quartieri in cui si viva bene, avere a disposizione posti negli asili, una tac in ospedale funzionante e in tempi brevi, dei boschi curati, un mare pulito. Bisogna recuperare il tempo della nostra vita, questo è ciò che conta davvero”.

Pd e M5S si dividono nel Lazio, il cosiddetto Terzo Polo corre solo a Milano. Ci vuole la ricostruzione di un’alternativa unitaria. Ci vogliono i giovani. I partiti devono aprirsi. “Diciamo a trecento giovani di uscire un po’ dai social e diventare socialisti. Il virtuale ci permette tanta libertà di esprimerci in tanti modi, ma è l’algoritmo che poi controlla tutto e anche contro di questo bisogna combattere. Riconnettiamo la Rete ai territori. E, beninteso, non parlo di giovani alla Di Maio, che prima sono eletti e poi studiano, ma di giovani che prima hanno studiato (o si sono distinti per il loro impegno civile e sociale) e poi vengono eletti”.

Io credo nella partecipazione e nella volontà popolare. La speranza è un’idea di libertà”.

CHI È – Giornalista, conduttore e autore televisivo, è un volto tra i più noti del panorama italiano. Figlio di un ferroviere comunista di Salerno, Santoro muove i primi passi nella redazione del Tg3 per compiere poi un lungo cammino, da Samarcanda al Moby Dick targato Mediaset, dal cosiddetto editto Bulgaro ad Annozero, passando per l’esperienza di parlamentare europeo, fino alla nuova avventura televisiva di Servizio Pubblico. Nel 1991 ha ideato e condotto, con Maurizio Costanzo, la maratona Per Libero Grassi, in cui tv pubblica e privata si unirono per una lunga diretta contro la mafia. Più di recente ha condotto su Rai 3 il programma di approfondimento M. È autore dei documentari Robinù (2016), ritratto dei baby-boss della camorra presentato alla Mostra del cinema di Venezia, e C’è qualcuno (2017), reportage sulla tragedia dell’hotel di Rigopiano.
Per approfondire la sua carriera, la Rai gli dedicò un bellissimo speciale che potete recuperare QUI.

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