Fəmfest, il primo (e più che mai necessario) festival transfemminista intersezionale delle Marche

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di Sephani Maddage

La scienza è oggettiva e imparziale? Le risorse del pianeta sono accessibili a tuttɜ allo stesso modo? La medicina è una pratica inclusiva? E, nel mondo ipertecnologico in cui viviamo, che ruolo svolgono le intelligenze artificiali e come agiscono sulla nostra quotidianità? Queste sono solo alcune delle domande che ci porremo sabato 5 e domenica 6 agosto, nella seconda edizione del Fəmfest: il primo festival transfemminista intersezionale delle Marche che, con grande fermento, quest’anno animerà all’interno delle mura del centro storico di Monte Urano (FM) con un weekend all’insegna di inclusività e tecnologia, femminismo e scienza.

Il festival nasce dall’esigenza di affrontare argomenti a sfondo femminista che, nelle piccole realtà come i borghi in cui viviamo, vengono spesso ignorati o trattati con superficialità, senza coglierne la loro complessità e importanza sociale. Come ragazzɜ di Common Bubble– associazione di volontariato con sede a Monte Urano, impegnata nello sviluppo culturale, sociale e artistico del territorio monturanese– abbiamo, dunque, deciso che quest’anno fosse necessario e urgente provare a capire ed affrontare le micro e macro dinamiche che intercorrono tra il progresso tecnologico-scientifico e il nostro vivere quotidiano, il tutto con un’ottica transfemminista intersezionale.

Il mondo sta profondamente cambiando, e con esso anche il nostro agire individuale e collettivo. Se, infatti, da una parte è possibile scrivere un articolo o comporre un brano musicale grazie ad alcune intelligenze artificiali come Chat Gpt, dall’altra, in scala nettamente più ampia, altre AI (acronimo di Artificial Intelligence) sono utilizzate in tutto il mondo per determinare la distribuzione di beni e servizi– istruzione, servizi sanitari pubblici, giustizia e alloggi–, come nel caso dei programmi sociali di allocazione delle risorse che però, se utilizzati senza una certa etica, trasformano l’esperienza vissuta della vulnerabilità in dati leggibili dalle macchine, riproponendo dinamiche discriminatorie e, dunque, nocive.

Non siamo di certo lɜ primɜ a porci queste domande: c’è una lunga tradizione di filosofia della scienza femminista da cui siamo ispiratɜ. Sono, infatti, decenni che questa branca della filosofia– che studia i fondamenti, gli assunti e le implicazioni del sapere (da quello puramente scientifico a quello socio-economico)– è in dialogo con prospettive transfemministe intersezionali. Per quanto, infatti, la scienza miri ad essere oggettiva e indipendente da pregiudizi e discriminazioni, nel corso della storia, diversi sono stati i casi in cui è accaduto il contrario, lasciando un enorme impatto sulla produzione e l’applicazione della conoscenza scientifica. Basti pensare, ad esempio, alla ricerca scientifica nel periodo coloniale, basata su teorie antropologiche razziste utilizzate a lungo per giustificare la discriminazione razziale, e le cui conseguenze sono ricadute in moltissimi ambiti come, tra i tanti, quello medico-sanitario, ulteriore aspetto trattato dal festival. Ancora oggi, infatti, la medicina occidentale adotta una pratica di cura che ha come unico modello di riferimento quello degli uomini etero, cisgenere, bianchi e senza disabilità, escludendo o sottorappresentando tutti gli altri corpi e identità diversi da essi (dunque donne, persone di origini razziali ed etniche, identità di genere, orientamento sessuale e corpi, differenti da quelli ritenuti “nella norma”). Ma tutto questo ha dirette implicazioni nel vissuto di ognuno di noi già a partire, in primis, dal rapporto che abbiamo col nostro corpo, da sempre bersaglio delle insicurezze instillate da una società con standard di bellezza irraggiungibili– che, come suggerisce “Il mito della bellezza” della giornalista statunitense Naomi Wolf, sono strettamente legati a motivi capitalistici, creando dei circoli viziosi di cui giovano senz’altro le grandi catene dell’industria cosmetica–, toccando poi la questione dell’accessibilità alle cure, fino a quella della possibilità di emancipazione e autoaffermazione delle soggettività. D’altronde, infatti, se come dice la nota giornalista e scrittrice italiana Jennifer Guerra “il corpo è politico” – riprendendo la famosa citazione di Carol Hanisch “il personale è politico”–, è politica anche tutto ciò che riguarda direttamente i nostri corpi: basti vedere le drammatiche percentuali di professionistɜ obiettorɜ di coscienza che impediscono alle persone socializzate come donne di avere libero accesso al diritto di aborto, limitando loro la possibilità di scelta e autodeterminazione.

Parallelamente a queste tematiche, però, fondamentale è anche affrontare la nuova sfida del nostro tempo: quella dell’emergenza climatica. L’enorme impatto che l’uomo ha provocato sugli ecosistemi del pianeta alterando drasticamente il clima globale è qualcosa che certamente sentiamo continuamente, ma di cui, purtroppo, si parla ancora senza una reale consapevolezza. I fenomeni atmosferici estremi come quelli registrati negli ultimi mesi diverranno sempre di più la norma, e a pagarne le conseguenze saranno o, meglio, sono già le comunità marginalizzate sia al livello locale– rispetto ad una famiglia benestante, quella che vive in una situazione economica precaria avrà certamente più difficoltà a tenere l’aria condizionata accesa tutto il giorno per contrastare l’estremo caldo estivo– che globale. Infatti, tenendo conto dell’impatto che la storia coloniale dell’Europa nel Global South– il Sud Globale (che comprende: l’Africa, l’America Latina, l’America Centrale, l’India, il Sud-est asiatico e molti paesi del medio ed estremo Oriente)– ha avuto e sta avendo sulla crisi climatica e la problematica distribuzione del welfare e delle risorse del pianeta, il movimento transfemminista si sta occupando di sensibilizzare riguardo a quei gruppi oppressi che soffrono particolarmente i risultati della distruzione climatica, sviluppando così le basi di un nuovo ramo del movimento transfemminista intersezionale: quello dell’ecofemminismo.

Questo weekend, quindi, con discussioni, tavole rotonde, laboratori ed esibizioni artistiche, affronteremo con lɜ nostrɜ ospitɜ queste e altre domande, volte a farci riflettere su che posto occupiamo nel mondo, su quali comportamenti tendiamo ad attuare e sul contributo che il transfemminismo intersezionale può dare, per un progresso scientifico che rispetti davvero ogni diversità.

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