Turismo, fra Italia e Francia non c’è partita: perché?

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Seconda puntata del nostro racconto sul viaggio, iniziato QUI

Più di 90 milioni d’arrivi internazionali all’anno. Oltre l’8 per cento del PIL per 210 miliardi di euro circa. La Francia. Meno di 65 milioni d’arrivi internazionali e del 6 per cento del Pil per circa 100 miliardi di euro. L’Italia. Se sulla vetta ci sono i nostri cugini francesi (Parigi, in particolare, è la città più visitata d’Europa), al secondo posto c’è la Spagna e a seguire le due principali potenze mondiali: Stati Uniti e Cina. Noi siamo solo al quinto posto. Ma com’è possibile?

La Francia e Spagna, in virtù del loro passato coloniale, hanno diffuso la loro lingua e cultura in molti Paesi del mondo e questo facilita scambi e viaggi incrociati. C’è poi la posizione invidiabile della Francia, vicina ai grandi Paesi ricchi dell’Europa occidentale, oltre alla dotazione di infrastrutture di trasporto avanzate, fra aeroporti internazionali e reti di treni veloci. Ma, forse, ancora di più a contare è l’incredibile capacità di valorizzare in modo efficace il proprio patrimonio, lanciando siti turistici che altrove potrebbero passare del tutto inosservati. O destagionalizzando gli arrivi, anche con molta creatività.

D’altro canto, l’Italia è il Paese al mondo con più siti Patrimonio dell’umanità protetti dall’Unesco e ha una tradizione migratoria notevole: noi, però, non sappiamo proporci adeguatamente. Manca il fare squadra, manca una comunicazione abbastanza forte, univoca e integrata all’estero. Oltre che, non è raro che i turisti debbano affrontare disservizi, scarsa organizzazione e poca attenzione all’accoglienza. Dovremmo, insomma, fare di più e, soprattutto, meglio.

Place de la République a Parigi, luogo simbolo della Repubblica francese

“Che belle le spiagge francesi” “In che senso?” “Beh, hai visto! La spiaggia è pubblica, non viene privatizzata da immensi stabilimenti balneari. Siamo ad agosto e le persone si portano il loro asciugamano e/o ombrello e/o sdraio e a fine giornata se ne vanno”. “Infatti non ci sono i servizi che in Italia ci offrono”. “Non mi pare. Ci sono i bagni pubblici. La spiaggia è pulita, ci sono le docce fredde gratuite. Se vuoi consumare qualcosa ci sono ogni tanto degli stabilimenti, che non hanno un servizio spiaggia”. “Sì, ma in Italia gli stabilimenti permettono a tanti di lavorare”. “Parli tu? Fin da quando sei adolescente hai lavorato in nero totale o parziale, sfruttata, sottopagata, vessata”. “Sì, ma ora stavo lavorando per 60 euro a serata”. “Sì, senza giorni liberi. Con un contratto finto. Lavorando di notte a dei ritmi pazzeschi. E, rispetto ad altri, sei pure fortunata”. “I turisti vogliono tante attività e gli stabilimenti offrono molto”. “Sono dei bar-ristoranti che in alcuni casi mettono la musica la sera. Non mi pare proprio granché”. “Ci hanno investito per generazioni”. “So che non parli così perché la tua famiglia ha un piccolo stabilimento balneare, l’avete aperto da pochi anni… Però parliamo di persone che pagando cifre irrisorie ogni anno si comportano da padroni di un bene pubblico (che sottraggono alla pubblica fruizione). E per di più con grossi problemi di nero ed evasione. Ripeto, senza offrire molto nella stragrande maggioranza dei casi”. “Sì, ma le concessioni che l’Europa vuole rimettere a gara andranno alle multinazionali straniere. Preferisci? E poi si è sempre fatto così, c’è gente che ci ha investito parecchio”. “Si è sempre fatto così, è vero. Rinnovando concessioni assurde. Però esisteva la consapevolezza che prima o poi sarebbe finita. La direttiva europea è del 2006. Quanto alle multinazionali ti dico, dipende da come prepareranno le gare. Io vorrei che privilegiassero progetti sociali, di giovani in cooperativa, con ricadute culturali sul territorio e così via. Dipende dal Governo”.

La penisola di Giens a Hyères
Dalle saline di Hyères
La spiaggia d’argento a Porquerolles

Mentre parlavo con un’amica in Francia, discutevamo animatamente di queste questioni. E di località di mare ne abbiamo viste parecchie d’estate. Leucate. Arcachon. Collioure. Sète. Nizza e dintorni. La penisola di Hyères e l’isola di Porquerolles. Fra oceano e mar Mediterraneo con le loro acque cristalline di un azzurro sorprendente, ciò che balzava agli occhi era l’autenticità. In Costa Azzurra si è costruito e tanto. Ma se si guardava dall’apposito belvedere costruito ad Arcachon, rinomatissima stazione balneare, delle tante ville liberty, degli splendidi edifici del centro si vedeva in realtà solo un immenso bosco. Collioure aveva un centro pulito e animato, ricco di botteghe con prodotti di qualità. Leucate aveva le sue splendide falesie incontaminate, ricche di macchia mediterranea, a strapiombo sul mare. Porquerolles era il regno delle passeggiate a piedi o in bici, in una natura intatta (la presenza umana è praticamente solo il porto). Eppure, sono località molto frequentate. Partendo con un bus da Nizza, che pullula di turisti, ci si sposta in zone naturalisticamente straordinarie in cui attraverso sentieri boscosi si sale dalla spiaggia verso borghi medievali intatti come Èze-Village (sentiero di Nietzsche) dove quasi ad ogni porta, se non si tratta di un ristorante, c’è una piccola galleria d’arte o un negozio di gioielli, magliette, creazioni artistiche o vestiti, sempre molto creativi e originali. Spostandoci all’oceano, la visita della Dune du Pilat è impressionante. La salita sulla duna più alta d’Europa fra il verde dei boschi retrostanti, il blu dell’oceano di fronte e la chiara sabbia finissima. In basso negozi e servizi ristorazione in belle strutture in legno ecosostenibile.

Collioure
La Dune du Pilat
Nizza

Bagni, bagni pubblici ovunque. In tutte le città visitate, piccole o grandi. Gratuiti (tranne che nelle stazioni ferroviarie, purtroppo), con pulizia automatica. Un segno di civiltà. E poi la cura del verde urbano quasi maniacale, con l’intervento evidente di paesaggisti. E non serve parlare di Parigi. Al Parc Mauresque di Arcachon tutti i visitatori rimanevano colpiti. Certo, i fiori, i ruscelli, il prato curato, gli alberi ombrosi ma la particolarità era una biblioteca all’aperto. Libri di ogni genere e per ogni età,  ogni sorta di comode sedute sull’erba, un responsabile pronto a consigliare, a leggere per voi e a chiacchierare di cultura. A Tolosa la creazione di un giardino giapponese perfetto, gratuito e non in centro, ma che attira i visitatori come noi fin lì. Addirittura, in un piccolo comune come Lieurac, sui Pirenei, in un terreno di campagna i proprietari hanno realizzato il Jardin Extraordinaire: un’unione di fiori e frutta, sculture ecologiche sempre mutevoli, sul bordo di un torrente, con anche un laghetto, il belvedere e il bar dove vengono trasformati e venduti i prodotti che crescono al suo interno.

Biblio-jardin ad Arcachon
Il Jardin Extraordinaire a Lieurac

La gentilezza, contrariamente a quanto si sente dire, è sempre estrema ovunque. In ogni esercizio commerciale. Ma persino al supermercato, in cui compravamo di solito i pasti, tutti ci facevano passare avanti senza nemmeno chiederlo. Gentili e professionali. Sempre disponibili. Si prenda il caso degli Uffici turistici. Sempre aperti, personale giovane e attivo, presenti in ogni piccolo borgo, con vendita di prodotti tipici di qualità e soprattutto un ventaglio di attività da proporre molto ampio. Per fare l’esempio più piccolo, un paesino di tremila abitanti come Mirepoix, quando eravamo sui Pirenei, proponeva l’annuale festival delle marionette. Noi abbiamo deciso di non andare, ma a degli amici è piaciuto tantissimo (e era pieno di avventori provenienti da fuori). Un elemento da sottolineare è l’offerta organica e integrata (e quindi senza sovrapposizioni e sgambetti!): non solo le attività proposte dalla cittadina x, ma anche quelle della relativa provincia e regione. E un calendario di iniziative sempre variegato e culturalmente interessante. Anche per le piccole realtà. E questo vale anche per i musei, luoghi vivi, con visite e proposte per tutti i gusti e le fasce d’età, sempre innovative e particolari.

Arcachon dall’alto

Menzione speciale alle iniziative di resilienza al cambiamento climatico e alla crisi economica. Ogni città, piccola o grande, realizza la sua Plage. Una serie di eventi musicali, sportivi e culturali, installazioni sportive (dall’arrampicata al nuoto, dal ping pong al beach volley e così via), chioschi, fontane per rinfrescarsi, ombrelloni, lettini e sdraio.. gratuiti per tutti.

Per concludere una nota negativa, la scenografica cittadella medievale di Carcassonne. Patrimonio dell’umanità. All’interno una fiera di negozi improbabili che la trasformano in una sorta di Disneyland. Mentre lo stavamo dicendo, camminando fra le sue stradine, passa un gruppo di italiani e una signora: “Adoro questo posto, è speciale con questo tipo di negozi”. Amen.

Negozio di ombrelli artigianali a Pau

Che fare? Una strategia che non punti ai numeri, ma alla qualità. Soggiorni lunghi, con pernottamenti, con iniziative riconoscibili, mirate a segmenti di viaggiatori specifici e integrate con il territorio. Tanta cultura. Dopo aver visitato, oltre alle città già citate, Albi, Bordeaux, Foix, Dun, Bayonne, Saint Jean-Pied-de-Port, Pamiers, Perpignan, Montpellier, Narbona. Città grandi, medie, piccole, villaggi di poche centinaia di abitanti. La Francia sa valorizzare le sue bellezze anche se, molto spesso, non noi non avremmo nulla da invidiare. Anzi. Eppure, i centri storici vivi, di attività varie e bei negozi (come non dimenticare l’ombrellaio artigianale di Pau?). Curati. Con la presenza di ricchi giardini botanici. Rispettosi della loro storia e con innesti scelti di modernità. Con iniziative tutto l’anno.

A Nimes (altra città che ho dimenticato di citare) hanno di nuovo rilanciato la candidatura come Patrimonio dell’Umanità. Ci avevano provato nel 2018 e non ce l’avevano fatta perché i centri storici interi e l’antichità sono elementi già molto presenti sulla lista Unesco. Ci riprovano stavolta con un unico monumento, la Maison Carré, un tempio romano che stupisce per la sua conservazione. Tempi brevi, insomma, per ripartire e una probabile vittoria (la risposta sarà a giorni).

E Ascoli Piceno nell’Unesco? Se ne parla più?

Perché, nell’ottica di resistere a un clima che è cambiato e rendere più bella la nostra città la fontana di viale De Gasperi non è come il Miroir d’Eau?

E sono solo due esempi.

Il Miroir d’eau di Bordeaux. Il punto più fotografato, a seconda dei momenti fontana, specchio d’acqua, vaporizzatore. Imprescindibile nelle ultime calde estati (l’unica foto non scattata da me: ero nell’acqua)
Maison Carrée a Nimes. Prossimo Patrimonio dell’umanità Unesco?

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