“Non vado a genio a molti, almeno all’inizio. Sarà il mio carattere espansivo, la mia esuberanza… Il fatto è che troppi si nascondono, soprattutto ad Ascoli, dietro una pesante coltre di conformismo. Se hai un determinato atteggiamento, un certo stile, dei particolari gusti, vieni escluso. Io voglio seguire le mie regole”. A parlare è Martina Tarquini, in arte Grasel, 18enne cantautrice originaria di Ascoli. Il suo primo singolo “La stanza” è uscito il 4 aprile di quest’anno.
COME NASCE IL PRIMO SINGOLO – “Ad ottobre scorso ero triste. Non sarà molto originale, ma era per un ragazzo. Tutto inizia allora come uno scherzo insieme alla mia sorella più piccola; stava venendo bene e mi sono detta: perché no? Il testo gioca sulla questione della chiusura nella stanza emotiva e nella stanza fisica, in cui eravamo tutti rinchiusi a causa della pandemia. All’epoca ero completamente autodidatta e ho iniziato a suonare i pochi accordi che conoscevo (ora sono di più eh!) e li ho modificati spesso fino a che non mi sono potuta dire soddisfatta”.
LA RECITAZIONE E IL CANTO – “È recitando che ho iniziato a calcare il palcoscenico. Sono una persona molto melodrammatica. Ho modi teatrali, modi quasi da sceneggiata napoletana. Teatro l’ho fatto con corsi extracurricolari a scuola e anche fuori. Mi piaceva l’impostazione, fatta di improvvisazione e anche di canto e ballo. All’epoca non mi proponevo per cantare. Mi sentivo a disagio, mentre nella recitazione mi divertivo molto. Il canto mi spaventava. Da novembre però, dopo aver scritto la canzone, ho iniziato le lezioni di canto. Avevo iniziato infatti a far sentire ‘La stanza’ in giro e mi consigliarono di iniziare canto, in modo da poterci poi fare qualcosa. Ora devo ammettere che mi piace molto cantare”.
GRASEL – “Il mio nome d’arte significa letteralmente ‘anguilla d’erba’ e dietro c’è un aneddoto. Una sera, mentre ero un po’ su di giri, ho iniziato ad avere la sensazione di vibrare e, non so come, l’ho associato all’animale dell’anguilla (mentre, quanto alla specificazione, non farmi aggiungere altro). Inizialmente, comunque, volevo chiamarmi ‘Frilla, l’anguilla che vibra e brilla’. Però me l’hanno bocciato tutti. In realtà la vera protagonista è Frilla. Mio padre, invece, voleva chiamarmi ‘Niña’: ‘Così richiami Martina e poi significa ‘piccola’ in spagnolo, cosa che rispecchia il tuo carattere infantile’. Gli ho detto no, piuttosto ti cancello dalla mia vita. E ha dovuto accettare le mie condizioni. In ogni caso è stato lui a farla ascoltare ad Andrea Luzi e Caterina Tancredi della Music House, a cui è piaciuta e che poi l’hanno prodotta. Sono riconoscente a lui e a loro, anche se il mio sogno resta la liberazione da tutti i vincoli, spero di poterlo fare in futuro”.
LA NUOVA CANZONE – “Io scrivo d’impeto, seguo l’emozione del momento (che non sempre ha senso). Scriverò canzoni più felici. La melodia della prossima è più felice, anche se il testo è più triste: sarà giocata su un contrasto. Se ‘La stanza’ è l’oppressione, la nuova canzone esprimerà il bisogno di liberazione. Proprio ora che mi sto liberando dalle catene di una relazione finita, da quelle della scuola, da quelle di Ascoli in generale. Nel mio prossimo futuro continuerò a comporre, in particolare canzoni più impegnative che racchiuderanno le mie nuove esperienze e riflessioni. Il precedente video non l’avevo deciso io, per il nuovo avrò carta bianca e quindi mi divertirò parecchio. Vorrei farlo stile The Smashing Pumpkins con ‘1979’: un gruppo di ragazzi che girovaga e fa caz…te in giro (che è essenzialmente quello che faccio io)”.
SOCIAL – “Sto pensando di usare di più i social network, Instagram certo, ma anche Tiktok. Non che mi piaccia particolarmente, anzi non lo capisco proprio, anche se è il social del futuro. Vorrei ricantare delle canzoni scrivendoci sopra il testo; cambiare un po’ la melodia (che deve però rimanere riconoscibile): cantare una strofa e la seconda parte tradurla con un testo in italiano, un mesh-up”.
ESTATE IN MUSICA – “Mi piacerebbe molto fare eventi dal vivo. Quest’estate ci saranno eventi a cui parteciperò, però ancora non posso dire nulla. E poi se riuscissi a collaborare con qualche piccolo artistino, mi piacerebbe. Nei miei sogni vorrei conoscere Damiano dei Maneskin, la persona più pazzesca del mondo. Poi è romano e io adoro i romani. Loro fanno un rock commerciale, io faccio un indie commerciale e quindi in un mondo ideale… C’è invece molto più concretamente una ragazza, ‘Sveglia Ginevra’, e con lei (che non conosco ancora) mi piacerebbe fare qualcosina nel breve. È molto più conosciuta di me, ma sempre nella cerchia dell’indie meno conosciuto.
Ho poi un pensiero fisso: mettermi per strada e suonare. Sono molto esibizionista, mi piace mettermi in mostra. Purché se ne parli. Sempre pronta a dare scandalo. E d’altronde mi piace conoscere gente sconosciuta. Sono alla ricerca di persone interessanti. Perché non conoscerle? Magari incontri un amico, fai nuove esperienze. Quest’estate mi piacerebbe poi un workaway, se lo trovo.
ISPIRAZIONE MUSICALE – “Ascolto di tutto. Perlopiù rock angloamericano: Arctic Monkeys, Velvet Underground, che poi rimandano all’indie (e infatti di italiano ascolto Frah Quintale, Calcutta, Coma Cose..). I gusti musicali dei giovani italiani si dividono essenzialmente in due gruppi: trap-rap vs. pop. E io il primo tipo non lo ascolto granché, almeno non quello italiano; certo Eminem o Machine Gun Kelly sì. Ma non sono cruenta come i loro testi, è un genere che non mi rispecchia. Quindi vado verso l’indie”.
LA SCRITTURA – “Ho sempre tenuto dei diari (che includono una sex list). Scrivo solo quando sono triste; al contrario, quando sono felice, non ne sento il bisogno. Sono un’anima romantica. Se non fosse pretenzioso direi che mi sento (in tutto e per tutto) come quei poeti maledetti di inizio Novecento. Scrivicchio delle poesie e dei pensieri (che risuoneranno poi nelle mie prossime canzoni). Mio padre una volta ha osato leggere il mio diario, da allora ho quasi paura a scriverci. Nel mio futuro vedo la scrittura, intesa come canzoni, vera forma di moderna poesia, ma anche altro. Ad esempio, d’impulso avevo iniziato tempo fa a scrivere un romanzetto fantasy. Però sono così, parto in quarto e poi mi fermo”.
L’UNIVERSITÀ – “Attraverso la mia formazione in Lettere spero di affinare la mia capacità di scrittura. Come lettrice sono onnivora (e termino ogni libro che inizio). Ho iniziato davvero, come tutte le bambine, con Twilight. E da lì mi sono appassionata. Dai classici a Baricco, dal genere distopico a quello fantasy. A tutti piace leggere, se si trova la chiave giusta. Leggere è come viaggiare, con la mente. Io d’altronde faccio continuamente viaggi mentali e penso sia anche colpa dei libri. Vivo in un mondo ideale e non riesco troppo ad adeguarmi a questa realtà e a queste persone. Ho aspettative troppo alte forse proprio per colpa dei libri”.
BOLOGNA VS. ASCOLI – “Quando andrò a studiare a Bologna, spero di trovare il tempo per studiare. Venendo da Ascoli – città chiusa sotto tutti i punti di vista – me la immagino aperta di mente, in tutto. La mia città mi ha proprio stancato. Sembra di vivere in uno di quei paesini, anche se è comunque un capoluogo di provincia. E mi dispiace davvero che sia così. Credo partirò per non tornare più (se non a Natale e Capodanno per tranquillizzare mia madre su di me). Mia zia lavora già come giornalista a Bologna: mia madre le dice che dovrà controllarmi, lei ha risposto che al massimo verrà alle mie feste (che amava come me quando era più giovane)”.
LIBERTÀ – “Voglio anni interessanti. Anche se non arriverò a 27 anni (tanto dobbiamo morire tutti). Fra qualche anno mi vedo nel circolo dei cantanti dannati, tutta intenta nel tempo libero a scrivere cose mie. Altrimenti sogno il giornalismo, quello d’assalto. Bisogna dare fastidio al potere. Fin da piccola, ho rifiutato in qualsiasi modo l’autorità, a partire da quella dei genitori. Loro si sono abituati col tempo ad avere una figlia un po’ indisciplinata, mi lasciano fare, ma ho vissuto pure dei momenti di reclusione. Siamo otto fratelli e sorelle in famiglia. Sono cresciuta lì e non può non piacermi il casino. Non riesco a star sola, non mi piace. Sarà infantile, ma mi nutro di socializzazione”.
ANEDDOTO – “Tre sono gli aggettivi che mi descrivono: impulsiva, caotica, testarda. Io molto spesso le cose che inizio non le concludo, però se mi metto in testa qualcosa la faccio, costi quel che costi. E queste cose spesso finiscono anche male. Con la mia migliore amica, che è l’opposto di me, capita di scontrarci. L’altro giorno eravamo al fiume e io propongo (e realizzo) di fare il bagno nudi. Vi lascio immaginare la sua reazione. Mi piace provare sempre cose nuove, mai escludere nuove esperienze. Mi butto senza pensare alle conseguenze, al pericolo. Quando ero più piccola coi roller, quasi appena presi, provai una discesa pericolosa. La feci senza problemi e invitai la mia migliore amica a farlo. Lei cadde facendosi parecchio male (da allora peraltro non si è più fidata davvero di me)”.
Per concludere, torniamo al tuo primo singolo, che rapporto hai con “La stanza” oggi? “Beh dopo che l’ascolti 10, 15, 20 volte una canzone ti viene la nausea e così a me per la mia. Ora sono del tutto proiettata sulla nuova”. Io, invece, da parte mia non le ho rivelato che l’ascolto in loop ormai da giorni, altro che 20 volte.