Paul Giorgi e Giacomo Borraccini, due ingegneri (o quasi) “Sulle note dell’Umanità”

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In Her Room, Butterflies, Ash and Dust, Rain, Flowers, Leaves, Forest, Underwater. Questi sono i titoli dei brani inediti eseguiti domenica 27 giugno nello spettacolo musico-audiovisivo “Echos Project – Sulle note dell’Umanità” all’interno della cornice del chiostro di San Francesco ad Ascoli. A firmarli due giovani e talentuosi compositori ascolani Giacomo Borraccini Paul Giorgi, a eseguirli i musicisti Anastasia Fioravanti, Melissa Cantarini, Letissia Fracchiolla, Nadia Fracchiolla ed Enrica Menghi, mentre la visual performance è stata firmata dal light artist designer Pietro Cardarelli coadiuvato da Giulia Canala (set designer).

Nei titoli compare tanta natura, da dove viene l’ispirazione?

Paul Giorgi (PG): “Posso dire di essere cresciuto a contatto con la natura, perché i miei hanno delle terre in campagna a Monterocco. Non soltanto i brani di questo progetto ma anche per i titoli dei miei singoli ‘animaleschi’ si sente l’influenza di questa esperienza. ‘Gazza’, che è l’ultimo singolo ad essere uscito, l’ho scritto una sera che arrivavo lì in macchina e c’erano decine e decine di questi uccelli, come sempre. Per quanto riguarda il primo “Tigre” vi rassicuro che no, non mi è capitato finora di incontrarne a Monterocco. Probabilmente è legato al gioco che facevo e faccio ancora con mio padre, ovvero abbinare i volti delle persone con specie anche specifiche di animali”.

Qual è la genesi del vostro Echos Project?

Giacomo Borraccini (GB): “Siamo partiti nel 2017 ed è andata così: Paul aveva scritto per pianoforte, mi aveva fatto ascoltare il tutto e io gli dissi che potenzialmente si trattava di temi per composizioni più importanti. E qui allora sono entrato in gioco io, a dare uno sfondo sinfonico-classico ai brani. Insomma nasce così questo progetto comune, che unisce me e Paul, musicisti sì ma con due background molto diversi. In particolare sempre io mi sono occupato, avendo conoscenze nel campo accademico, di trovare i musicisti. Al conservatorio di Torino ho studiato con Nadia, mentre Letissia viene da Berna ma è la sorella di Nadia; con Melissa ho fatto una produzione d’opera e, conoscendola, sapevo che aveva la capacità di andare oltre il semplice repertorio classico; Enrica è una conoscenza di Melissa mentre Anastasia è un grande talento della nostra zona. Ho scelto gli interpreti più affidabili e allo stesso tempo coloro che potessero fidarsi di un prodotto che era alla sua prima assoluta: è andata oltre le nostre aspettative. Non vorrei però dimenticare Pietro e Giulia che hanno curato il palco e la visual performance, che è davvero l’altra metà dello spettacolo, il suo tratto distintivo rispetto ad altri format”.

PG: “Aggiungo solo qualche elemento. Il concerto è stato il frutto di diversi anni di lavoro e di confronto, una vera sfida. Così sono nati questi otto brani, ma ce ne sono anche altri nel cassetto. Ad accomunarli il cinema e la natura. Il progetto poi va avanti, nonostante un po’ di rallentamento dovuto agli impegni che abbiamo ora. Quando è nato eravamo durante la fase post-terremoto e poi è arrivata la pandemia. Abbiamo avuto l’opportunità tramite la Croce Rossa di Ascoli di dar voce a Echos proprio perché erano alla ricerca di un elemento di rinascita. Si è trattato anche di un bel modo di incontrarsi, persone da varie parti d’Italia e non solo”.

Quando inizia il vostro rapporto con la musica?

GB: “Cominciai a studiare musica alla scuola media Luciani, scegliendo l’indirizzo musicale. Tromba perché alle elementari avevo assistito a un concerto con orchestra e la tromba mi aveva colpito particolarmente. Alle medie preparai quindi l’ammissione al conservatorio di Fermo. Durante il liceo parallelamente frequentavo il conservatorio (che ho terminato in quarto). L’altra attività musicale che svolgevo era l’orchestra giovanile di Roma, in cui entrai dopo l’audizione che svolsi a 14 anni: l’ho continuata a frequentare, come prima tromba, per sei anni. Nel frattempo partecipavo ad attività concertistiche nelle nostre zone. Dopo le superiori ho preparato l’ammissione al Politecnico di Torino, per ingegneria elettronica: la preoccupazione era assicurarmi un futuro economicamente sostenibile. Il mio cuore era altrove, ma poi ingegneria mi è piaciuta (e ora d’altronde sono al secondo anno di un dottorato di reti di fibre ottiche, mi sono spostato nel ramo telecomunicazioni). Intanto avevo iniziamo a comporre per conto mio, perché il mio maestro di armonia complementare al conservatorio mi aveva trasmesso questa passione, questo modo di vedere la musica, il tentativo di andare a capire cosa c’è dietro la partitura. Così, durante terzo anno di ingegneria, ho passato l’ammissione al conservatorio di Torino per composizione e ora sto continuando gli studi. Insegno anche tromba alla scuola popolare di musica”.

PG: “A quattro o cinque anni e i miei genitori mi portarono a scuola di musica, perché già studiava canto mio fratello. Poi ho iniziato a studiare tastiera con Emidio Cecchini, fino a dieci/undici anni.  Sono seguiti oltre due anni di pausa a causa… dei videogame: tutti i giorni alla playstation. Poi mi sono appassionato alla chitarra e questo mi ha portato a conoscere Giacomo, perché abbiamo suonato nello stesso gruppo 11 anni fa: i Buddha’s Popcorn. Eravamo tanti ragazzi e… quando suonavamo facevamo il panico. Abbiamo suonato in tutta Ascoli, ognuno aveva le sue conoscenza, il suo sestiere… Tante volte ci siamo trovati a pagare noi le birre (perché ok che ci pagavano ma, riuscivamo comunque ad essere in debito). Con la scuola di musica avevo cominciato anche un corso di jazz guidato da Francesco Ghezzi, e con lui suono tutt’oggi: è una persona che stimo tantissimo. Poi mi sono appassionato alla produzione musicale, perché mi piaceva mettere mano ai suoni, stare con le mani in pasta. Mi sono appassionato alla registrazione. Ho vinto una borsa di studio al Cet di Mogol. La storia è incredibile: arriviamo a Firenze con un viaggio organizzato in cui eravamo ospiti, a 19 anni. Il pomeriggio in piazza scopriamo, senza saperne nulla, di questo concorso organizzato da Mogol. Mi fanno iscrivere e manco avevo idea di cosa suonare. Mi hanno passato la chitarra dei ragazzi di Vicenza e ho suonato la prima canzone che avevo scritto, un anno prima. Vinsi la borsa di studio. Un’esperienza che mi ha lasciato tanto, ma anche un po’ di paura. Paura di entrare in un vortice accademico… Diventare il prodotto di quel meccanismo, fai quello e sai fare solo quello. Il Cet è uno dei posti più belli in assoluto, in cui puoi fare quello che vuoi, esprimerti come vuoi e sei capito… purtroppo fuori non è così, è un’isola dei sogni. Nel frattempo mi ero iscritto a ingegneria biomedica, ma l’ho lasciata un anno e mezzo dopo per dedicarmi alla musica a tutti i costi (anche fare gli inventari alle 3 del mattino nei centri commerciali). Adesso sto ritornando un po’ indietro perché, per conto mio, programmo. Da un po’ di anni mi sono appassionato al linguaggio swift per iPhone e ho pubblicato un paio di anni fa un Omnichord sull’Appstore, uno strumento musicale distribuito dalla Suzuki negli anni ’80”.

Paul Giorgi

Quali le vostre ispirazioni musicali?

GB: “Per diletto potrei dire cantautorato, musica leggera americana e altro ma vorrei concentrarmi su quello che ho studiato e che ispira il mio lavoro. Durante il conservatorio, tutte le partiture importanti del repertorio trombettistico: autori classici e barocchi dal ‘600 all’800. Per quanto riguarda la composizione, cerco di prendere il suono che mi incuriosisce indipendentemente dal genere. Se devo fare dei nomi: Puccini, Debussy, Ravel, Mahler”.

PG: “Nel corso degli anni le mie fonti d’ispirazione sono evolute, non posso dire in meglio ma di certo sono cambiate. Quando ero più piccolo ascoltavo musica da un giranastri di mia madre, la mia cassetta preferita era quella di Ennio Morricone, un best of. Durante le medie c’è stato il mio periodo rock. Poi sono passato a Eric Clapton. Alle superiori, con i Buddha’s, tutto il soul, il funky, l’R&B. Dalla fine delle superiori mi è iniziato a piacere di più il cantautorato, ad esempio Simon & Garfunkel: mi ricordo la mia prima fidanzata che mi regalò a San Valentino il dvd di uno dei loro primi live, lo tengo ancora gelosamente. Negli ultimi anni mi sta appassionando molto la musica americana e inglese: le chitarre col chorus, dai suoni molto brillanti, ricchi di armoniche; mi piacciono le melodie, i suoni avvolgenti (Foster the People, gli MGMT, gli Empire of the Sun). Ovviamente nel periodo Cet: Battisti, Mango, Lucio Dalla.

Giacomo Borraccini

I vostri attuali progetti?

PG: “C’è l’album che sto pubblicando, con una serie di singoli che sono stati scelti con l’etichetta. Abbiamo deciso per una spalmata di singoli. Stiamo valutando se andare avanti così. Un album autoprodotto, in quanto negli anni mi sono costruito uno studio, mi sono messo a smanettare. Quasi tutti gli strumenti li ho registrati da me, tranne alcune cose per la batteria. Il master lo faccio fare a un mio caro amico che lo fa di mestiere. Alle grafiche Giulia Canala, che è la mia compagna ma era da prima che apprezzavo quello che faceva. Posso dire che quasi mi piace un po’ di più la copertina della canzone che la canzone stessa. Quest’estate dovrei avere alcuni live”.

GB: “Il primo progetto in assoluto è Echos, stiamo cercando di portarlo avanti, pubblicizzarlo e proporlo anche in cornici pertinenti, ovvero eventi che parlano di cinema, di immagini, di suono. Per la composizione, invece, intrattengo collaborazioni abbastanza regolari con gruppi da camera, dal quartetto d’archi, trio d’archi fino al quintetto d’ottoni e poi solista con pianoforte. Ultimamente ho scritto una sonata per tuba, un brano per quintetto d’ottoni con trombone solista. Dal punto di vista trombettistico, si tratta di un settore che deve riprendere post-Covid mentre l’attività di composizione è ripresa più velocemente, rispetto a quella come musicista”.

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