Ascoli 2024, cosa riproporre e cosa no della nostra programmazione culturale?

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Diciamo subito che aspirare a diventare “Città della cultura” in tempo di pandemia non è proprio la cosa più facile del mondo. Perché teatro, letteratura, arte, cinema, musica e tutto ciò che attiene a questo settore non deve coinvolgere solo un pubblico di nicchia, così come ospitare pubblico in dimensioni ridotte, anche all’aperto, non può essere il miglior biglietto da visita per un luogo che ambisce ad aprirsi ad essere turisticamente conosciuta e amata fuori dalla regione e dall’Italia.

Per attrarre gli appassionati di arti e discipline colte, bisognerebbe lavorare il più possibile ad eventi di grande qualità, attirando il più vasto pubblico: spettatori interessati, motivati, incuriositi, capaci di scegliere, viaggiare ed essere attirati da appuntamenti e iniziative che altrove non si trovano facilmente. E diversificare, soddisfacendo ogni esigenza e fascia anagrafica con temi e forme di intrattenimento e di istruzione più varie possibili.

Ascoli dunque, pur non avendo nulla da invidiare ad altre bellissime città antiche della penisola, tra scenari storici, bellezze architettoniche e location mozzafiato, dovrebbe investire su eventi differenti, molteplici, non troppo elitari ma neanche di matrice nazional-popolare. Bene dunque la scelta di voler mettere su un palcoscenico raffinato della città voci pop amatissime, coniugandole con modalità differenti, con sonorità “live” dai climi diversi dalle incisioni da cui provengono, come è accaduto davanti ad oltre mille spettatori lo scorso 29 agosto in piazza del Popolo con il Memorial “Troiani”, in cui idoli incontrastati della musica leggera come Emma ed Alessandra Amoroso, hanno saputo sposarsi a meraviglia con il piglio erudito fornito dall’universo delle sette note di Dardust.

Benissimo le residenze d’artista create a fine estate al Ventidio Basso, capaci di garantire debutti di spettacoli nazionali considerevoli, fornendo pubblicità e prestigio alla città e assicurando qualità al teatro ascolano, grazie a testi forti, coraggiosi, estremamente attuali, grazie a registi e attori di livello al servizio di autori scabrosi, non convenzionali quali Tenessee Williams e Nicolas Bedos. Come è accaduto per i sold out agli spettacoli “La dolce ala della giovinezza” diretto da Pierluigi Pizzi con Elena Sofia Ricci e “Promenade de santè” con la regia di Giuseppe Piccioni e la coppia di attori formata da Lucia Mascino e Filippo Timi.

Non è sbagliata neppure l’idea di creare rassegne come “Futuro Memoria Festival” , “La Milanesiana” e “App –Ascoli Piceno Present”, attraverso le quali si utilizzano vari scenari cittadini all’insegna di performance teatrali e musicali, relazioni filosofiche e interventi letterari, alla scoperta di quanto di buono la contemporaneità sta offrendo. Magari una maggiore promozione di ogni iniziativa in merito non guasterebbe, soprattutto per evitare di far pensare ai maligni che certi progetti debbano essere allestiti per gratificare politicamente o economicamente qualcuno. Questa eventualità, allo scopo di rendere credibile l’immagine della città fuori dai confini, deve essere assolutamente evitata, così come la tendenza volta a proporre sempre gli stessi personaggi coinvolti nelle iniziative, a meno che non siano nati e cresciuti nel territorio e non si siano attivati nel tempo per lo sviluppo culturale a largo raggio della città.

Male invece l’idea di affidare palcoscenici nobili a concerti e spettacoli non degni di ciò che li accoglie. Organizzare la “Notte Bianca” in centro storico può, anzi deve, significare creare occasioni di cultura, come è stato dimostrato in passato, in cui idee ed eventi hanno avuto legami profondi con il territorio ed il suo passato. Momenti gratificati non poco anche dalla affluenza del pubblico. Che cosa manca invece per far abbracciare ad Ascoli una connotazione elevata a 360 gradi!? Manca la danza, sono assenti gli eventi di musica sinfonica, è molto carente il cinema. Divulgare la conoscenza cinematografica non significa solo disquisire di settima arte ma soprattutto poter vedere pellicole dall’alto contento autoriale, attraverso testimonianze, ospiti, relazioni, confronti. Tutto questo magari avvalendosi di esperti nelle varie materie, possibilmente non animati da scopi di lucro o impegnati in carriere partitiche o in rincorse al potere. Perché la cultura è ben altro.

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