25 aprile – I romanzi che raccontano la Resistenza

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Il 25 Aprile festa della libertà riconquistata dopo anni bui, dopo la guerra, dopo l’occupazione e la guerra civile, grazie a donne e uomini coraggiosi che hanno lottato e combattuto per renderci un popolo libero. Negli anni sono nate polemiche divisorie che forse hanno perso di vista il fatto che i partigiani erano di tutti gli schieramenti, di tutti i colori ma uniti per resistere all’occupazione del proprio paese, tema tremendamente attuale di nuovo in Europa. 

Ci sono pagine che raccontano come e perché tante persone di ogni età ed estrazione sociale decisero di vivere insieme la lotta sulle montagne, o nelle valli, rischiando la loro vita per portare un messaggio come staffetta o per difendere la propria linea dai tedeschi o semplicemente per conquistare la propria libertà. 

“Il partigiano Johnny” di Beppe Fenoglio è forse il più noto romanzo sulla resistenza, il partigiano più noto della nostra letteratura: racconto di un giovane studente amante della cultura inglese che dopo l’8 settembre sceglie con coscienza di andare sulle colline a combattere; questa è la storia che attraverso le parole di Fenoglio ci porta a conoscere le avventure ma anche i pensieri di quei giovani. 

Se ormai è stato ampiamente riconosciuto il ruolo delle donne nelle fila della resistenza è grazie anche a libri come “L’Agnese va a morire” di Renata Viganò che narra una storia vera. Come in un film neorealista l’autrice segue la protagonista, una semplice e robusta contadina che dopo la morte del marito preso dai tedeschi, rompe ogni legame con la sua vita, la sua casa, il suo paese e si mette letteralmente a sevizio dei partigiani nelle pianure romagnole,

diventandone un po’ come la loro mamma, lei che figli non ne aveva, trova una nuova dimensione di vita spinta da un coraggio che non ha niente da invidiare a quello di un uomo. La sua semplicità la avvolge di un alone di coraggio che le farà affrontare la morte con la dignità che è propria degli eroi.

Ci sono poi i romanzi di Cesare Pavese come “il compagno” che attraverso la visione intimistica delle coscienze dei giovani che vivono la guerra e l’invasione nella loro fase di formazione, nel superamento della “linea d’ombra” in un momento in cui tutto era negato, anche il valore della vita.

I tormenti che sono già di per se complessi nella fase di crescita di una generazione nata durante il fascismo e che  dopo la guerra più cruenta del novecento si troverà un paese distrutto diviso e senza guida da ricostruire, da risanare e da pacificare.

In questa breve carrellata non può mancare il nostro Secondo Balena, figura di spicco della storia e dalla cultura ascolana che ha dedicato tanto della propria vita anche alla narrazione delle storie che hanno attraversato il nostro territorio. Uno dei libri a cui era più legato “Bandenkrieg nel Piceno”.

Un testo che racconta di episodi dal settembre del ’43 a giugno del ’44, in cui Balena fu parte.

Le forze armate si erano dileguate e lo Stato non esisteva più. Con grande sorpresa dei tedeschi e, occorre dirlo, anche degli alleati, il vuoto venne riempito dalla Resistenza e gli avvenimenti del 12 settembre ad Ascoli furono di particolare interesse.

Lo stimolo ad agire venne per alcuni dalla passione politica, per altri dal patriottismo, per molti dall’odio contro i tedeschi e la rabbia contro i fascisti. Dalla molteplicità venne fuori l’azione concorde e a ragione si piò dire che la Resistenza du un vasto movimento popolare spontaneo che si affiancò alle forze alleate, le supportò e ne trasse vigore. 

È bene che di questo le giovani generazioni si rendano conto.

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