L’etica cinica di una città smemorata

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Le traversie del tennis ascolano, senza più campo e senza più il nome “Morelli”; segno di una classe politica che a parole promette decisioni salomoniche, ma poi fa accordi con chiunque. Con una nota finale di Sandro Conti, che del tennis ascolano per 16 anni è stato la voce.

A volte, per parlare del presente c’è bisogno di una metafora. Di solito viene in aiuto la fantasia, altre il passato. Per parlare del tennis ascolano mi sono venuti in mente i “ciclopi”. Beninteso non quelli omerici, bensì persone normali, individui moderni, ma sempre con un occhio solo e per questo con un raggio visivo più ridotto. Diciamo non più della larghezza del loro naso. Per ovvi motivi detestano Ulisse. Ciclopi uguale politici, Ulisse uguale ognuno di noi, uguale Nessuno.

Si può essere Ulisse/Nessuno da sempre, ma anche diventarlo in corso d’opera, quando le situazioni si complicano così tanto che peregrinare per mari tempestosi diventa una banale odissea. È il caso di questa lettera che abbiamo ricevuto e che merita attenzione.

il primo a sinistra è Ezio Galosi, a fianco Mario De Simone, Franca Matricardi, Rosaria De Berardinis, dietro Francesco Morelli, Lina Galosi, Rina Bachetti (con il fazzolettino in testa!!), Dino Pagliari. 

In questi ultimi anni ci è mancata la presenza del Circolo Morelli, con il suo tennis ‘di qualità’; per fare un esempio il nostro Stefano Travaglia è lì che è cresciuto. 

Sotto la guida di Vittorio Roiati generazioni di ragazzi hanno imparato sui suoi campi il tennis ed il valore dello sport; nelle gare erano temutissimi ed i maestri usciti dal Morelli insegnano ancora oggi in tutta Italia, stimati e competenti (n.d.r. Vagnozzi per Sinner).

Il Circolo è rimasto privo dell’impianto in seguito ad un bando indetto dal Comune di Ascoli nel 2016 e, dopo di allora, non è riuscito ad ottenere un’altra collocazione per mantenere in vita la sua storia di oltre mezzo secolo di lavoro appassionato e di successi.

Si trova quindi costretto ad emigrare, a cercare soluzioni fuori dalla Città dove è nato e cresciuto mirabilmente, lasciandosi dietro un valore di altri tempi, che forse non si riesce ad apprezzare nell’attuale modo di vivere più convulso e superficiale. 

Gli auguriamo comunque di riuscire a recuperare quanto perduto e crescere con rinnovato successo.”

Cosa dire se non sottolineare, in una signorile lettera, un velo di amarezza?

Come sempre succederà in queste situazioni, tutti cadranno dalle nuvole, nessuno si reputerà colpevole e qualcuno proverà a correre ai ripari, allargando il buco invece di chiuderlo.

Eppure stiamo parlando di uno degli sport più storici della città e che  vanta risultati di tutto prestigio, secondo solo all’Ascoli calcio.

Francesco Morelli negli anni ’30

Pochi credo conoscano la storia del tennis ascolano e forse pochi conoscono veramente il tennis, anche se si ostinano a giocarlo scimmiottando Federer o Nadal, ma solo nell’abbigliamento.

Se dico, per esempio, che il pioniere del tennis ascolano è stato un indiano, quanti saprebbero rispondermi? Si chiamava Bosuly Lhaaore ed era di Bombay. Arrivò in Ascoli nel 1923 per frequentare i corsi di bachicoltura. Conobbe i fratelli Galosi, a quel tempo ottimi atleti, i Galosi costruirono il primo campo da gioco in terra rossa in viale Vellei e il tennis ascolano cominciò la sua avventura. 

Francesco Morelli, Giancarlo Polidori, Serafino Voltattorni, Franca Matricardi, Filippo Mercatili, Maria Teresa Sacconi, Marco Priori, Rina Bachetti, Rosaria e Mario De Berardinis, Argentino Viccei, Pio Fanini, furono i primi ad avvicinarsi a questo sport, aprendo la strada ad altri praticanti. In pochi anni Ascoli divenne uno dei centri più importanti in Italia, tanto da ospitare più volte manifestazioni nazionali ed essere frequentata dai migliori giocatori italiani, come Pietrangeli, Panatta, Lea Pericoli. 

Successi? Tanti. Roiati vinse la Coppa Lambertenghi, la squadra (Galosi, Morelli, Roiati, Fanini, Paladini) la Coppa Facchinetti, Narducci il titolo italiano nel 1988 e entrò in Davis, Travaglia nei circuiti internazionali.

Ciò nonostante, se oggi vuole ancora vivere (o sopravvivere?), è costretto a migrare fuori Comune e, quello che più fa male, con il rischio di perdere quel nome (Morelli) che lo ha contraddistinto per anni.   

Pubblicare la lettera ci è sembrato il modo più naturale per lanciare un grido di allarme: dove sta andando il tennis ascolano, se alle Zeppelle si gioca a paddle, se l’ex Morelli se ne va fuori comune e se i vari Pavoni e company per insegnare tennis sono costretti a mendicare un campo in giro?

Ecco allora i Ciclopi, non quelli omerici, ma individui normali, seppure con un occhio solo ed Ulisse/Nessuno eternamente costretto alla sua odissea.

La parola (e naturalmente la risposta) passa ora all’assessore Stallone. Se ci sei (almeno tu che nello sport ci hai passato una vita) batti un colpo!

* * *

La memoria corta degli ascolani e l’esempio di un galantuomo spigoloso

di Sandro Conti

Ho letto con molto interesse e compiacimento l’articolo sul Circolo “Francesco Morelli”: perfetto, soprattutto perché è una “mazzata” sul volto dei nostri “presunti” amministratori. Sono Sandro Conti e mi permetto di intervenire sulla questione avendone titolo: sono stato per 16 anni segretario del circolo sportivo, per 16 anni ho girato i circoli tennistici italiani per accompagnare i nostri magnifici ragazzini, mai secondi a nessuno nelle varie competizioni giovanili e non solo.

Se il circolo Morelli è assurto a vertici impensati, il merito va ascritto a Vittorio Roiati, maestro di tennis impareggiabile che ha “forgiato” decine e decine di ragazzi in uno sport difficilissimo da praticare per il semplice motivo che il tennis è uno sport individuale dove nessuno può aiutarti se non la tua forza psicologica. Se sei forte di testa puoi vincere contro chiunque, se non le sei diventi un perdente.

Parlavamo di Vittorio Roiati, mal apprezzato dagli ascolani. Aveva un carattere difficile, è vero, ma le sue conoscenze tennistiche incredibili, accomunate a tanta generosità

Vittorio Roiati

Vi racconto due dei tanti episodi che lo hanno visto protagonista. Un giorno andai a casa sua: come si entrava si poteva godere sul pavimento un campo di tennis in maiolica che testimoniava, senza ombra di dubbio, la sua passione maniacale per questo sport. Ad un certo punto mi fece vedere una lettera che gli avevano inviato i davis-men australiani – era il periodo in cui l’Australia era la “regina” del tennis – Laver, Newcombe e Roche, i quali gli chiedevano se era disposto a dirigere il complesso tennistico che avrebbero aperto in Costa Smeralda. Un riconoscimento professionale di enorme valore! Ma Vittorio era troppo legato alla sua terra e non ebbe dubbio alcuno nel rifiutare la proposta.

Accompagno la squadra under 16 a Torino. Al centro sportivo de “Le Pleiadi” si giocano i quarti di finale del campionato italiano a squadre. Sto appoggiato alla balaustra del campo seguendo il nostro Marco Marcelli contro il numero uno della squadra piemontese. Mi si avvicina un distinto signore il quale con garbo mi chiede se sono di Ascoli. Risposi di sì. “Allora mi può confermare che i vostri due giovani tennisti sono allenati da Vittorio Roiati”. Rimango di stucco. “Mi scusi, lei è torinese ma come fa a conoscere Vittorio Roiati?”. “Non lo conosco di persona – ribatte – ma nel vedere i vostri ragazzi giocare un tennis “piatto”, possono aver acquisito tale tecnica soltanto da Vittorio Roiati, unico tecnico italiano che detesta gli “arrotini”. 

Proprio così, la fama di Roiati lo precedeva ovunque i suoi ragazzi andassero. Adesso i nostri amministratori hanno accantonato il glorioso circolo tennis “Francesco Morelli” per dare spazio ad un gioco ibrido: il paddle.

Dimenticavo un’ultima annotazione: andai a trovare in ospedale Vittorio Roiati. Era alla fine dei suoi giorni. Preso dalla commozione mi disse: “Gli ascolani non mi hanno saputo apprezzare. Forse perché non ho mai chiesto del danaro per cui non valevo nulla!”. 

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