Emidio di Treviri, come risollevare La comunanza sul monte Cerasa tramite l’autocostruzione

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Il centro Italia era già un territorio debole e disgregato, ma la catastrofe del terremoto del 2016 non ha fatto che accelerare dinamiche già presenti, amplificandone la portata. Parlando di ricostruzione e sviluppo di questi territori: innanzitutto, il peso della macchina burocratica ha ostacolato la ricostruzione, si pensi alle criticità legate al susseguirsi dei commissari. Uno dei problemi odierni è invece legato al bonus 110% (insieme a tutti gli altri), che rende difficile trovare le imprese per dare il via a cantieri nelle zone distrutte: quasi tutte le aziende della zona sono infatti impegnate nella ristrutturazione edilizia altrove.
Per quanto riguarda lo sviluppo, un ruolo centrale viene giocato dalle scelte politiche, in particolare nell’ambito del turismo. Il Pnrr ha l’obiettivo di utilizzare la montagna per i flussi turistici, senza tenere in grande considerazione le numerose dimensioni dei borghi abbandonati oppure espropriati per lasciare spazio a resort e piste da neve artificiale. La reazione delle popolazioni rispetto a questa gestione è ambivalente ed è complesso riuscire a raccogliere un’opposizione, soprattutto in un territorio sempre più spopolato e frammentato, a fronte delle tante contraddizioni.

Il lavoro del gruppo di ricerca sul post-sisma dell’Appennino centrale Emidio di Treviri va in questa direzione, costruendo incontri pubblici in cui approfondire le contraddizioni che riguardano il tema dello sviluppo tentando di organizzare dal basso comitati e gruppi di lavoro. Composto da ricercatori, professioniste e attiviste riunitesi a partire da una call to action diffusa durante le scosse del 2016-2017 compie un lavoro di ricerca militante, un progetto che tenta ricostruire relazioni e incidere nel contesto in cui si lavora stando a fianco delle persone coinvolte. Un altro aspetto è la ricerca azione ossia far ripartire filiere negli ambiti agricoli e produttivi locali oppure organizzando cantieri di autocostruzione, come nel luglio appena concluso sul monte Ceresa.

Nel cuore del cratere sismico, ci rialziamo da noi” era lo slogan. L’obiettivo era concentrare le forze collettive sul recupero di un rudere nel cuore di un borgo in via di spopolamento. Tramite tecniche costruttive tradizionali e grazie all’autofinanziamento popolare, si è ricostruita una casa in comunanza per le molte anime del Ceresa. Laboratori, workshop, socialità ed eventi hanno preso forma durante il mese della mietitura per un cantiere collettivo che, per la prima volta in Italia, voleva autocostruire un bene comune.

Tutto ha funzionato attraverso una call-to-action online, in cui si chiedeva la disponibilità a chi avesse “manualità e giorni liberi per partecipare al cantiere“, mentre si invitavano gli altri sostenitori ad aiutare “col finanziamento popolare“, “donando o prestando materiali utili al cantiere, attrezzi, logistica per il campeggio, cibo che autoproduci…“, o anche semplicemente andando a visitare i luoghi. Ai partecipanti erano offerti laboratori sulle tecniche tradizionali con esperti, materiali e strumenti, spazio tende, servizi igienici, vitto sano e giusto, eventi e socialità. Proprio rispetto a questi ultimi era stata chiesta la disponibilità anche ad artisti volontari per uno spettacolo, un momento di discussione, un incontro, una mostra, un concerto.

Questo il messaggio conclusivo dell’esperienza: “Lontano dai social sembra che le cose non accadano.. invece quassù le mani si intrecciano, le catene si spezzano, si ritirano su i muri, si aprono i boschi, si mescolano suoni e ricette, la paglia cammina lungo i crinali.
Anche volendo, anche potendo, non avremmo le parole. Per fortuna sono passati degli amiche e ci hanno pensato loro a raccontarlo per noi.
Godetevi questa anteprima di quello che diventerà un doc di questa follia collettiva
“.

Da Radio Blackout

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