Al “Leopardi” sul palco la voce delle senza voce

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“Senza voce” lo spettacolo teatrale scritto e diretto dagli studenti del liceo classico “Leopardi” è andato in scena al Teatro delle energie di San Benedetto del Tronto il 22 maggio scorso. Il “Progetto teatro” ha dato lo spazio alla voce dei ragazzi che, con la loro fantasia, si sono cimentati nella stesura di una sceneggiatura, nella creazione di una scenografia e di uno spazio che potesse rappresentare la loro creatività. Quest’anno, a dare vita a questo progetto, è stata Aurora Fantone, studentessa del quinto anno e rappresentate d’Istituto.

LA TRAMA – Tre storie, che vedono come protagoniste tre donne. Sono dei filoni narrativi che si intrecciano e vedono al centro tre figure femminili che in comune hanno la disgrazia di essere inascoltate, letteralmente “senza voce”. Le tre sono distanti l’una dalla vita dell’altra ma sono unite da uno stesso destino. Le contraddistingue un carattere forte, controverso e hanno una dote comune: possono prevedere il futuro. Tuttavia proprio questa dote si trasformerà nella loro condanna, ne causerà la disfatta. Poiché, nonostante il loro tentativo di fare la cosa giusta, di compiere il bene… la loro posizione da inette, ignorate segnerà la loro disfatta.

L’altro giorno ho incontrato l’autrice e le ho chiesto se fosse disposta a raccontarmi la sua esperienza. Grazie alla sua disponibilità, abbiamo potuto parlare di questo progetto nato per caso, da una chiacchierata nata intorno al tavolino di un pub.

Il progetto è stato abbastanza casuale. Una sera al bar parlando con degli amici abbiamo iniziato a ricordare l’ultimo spettacolo fatto insieme, dato che io faccio teatro anche al di fuori della scuola, e così ci siamo chiesti perché non riportare quella esperienza anche a livello scolastico, riproporre questa idea anche agli altri ragazzi e condividere un’esperienza senz’altro unica.

A questa risposta segue un’altra domanda che sicuramente sarà sorta anche a voi, sulla difficoltà nel trasformare l’idea in un progetto concreto.

Diciamo che si, è stato abbastanza complesso. È stata una sceneggiatura pensata per tanti attori, in scena eravamo una ventina e altri ancora hanno lavorato dietro le quinte. Inoltre, a livello burocratico come normale che sia, è stato abbastanza complicato nonostante il preside abbia approvato il progetto non appena l’ho presentato.
Tolto questo fatto però è stato gratificante. C’è stata passione, impegno e collaborazione da parte di ognuno. Abbiamo creato questo spettacolo step dopo step e ad ogni ostacolo che superavamo insieme vedevamo la fine sempre più vicina.
Sicuramente chi devo ringraziare maggiormente sono i ragazzi. Hanno partecipato alla creazione di una mia idea, si sono uniti e hanno lavorato insieme. Non importa di che anno fossero, primo, secondo, terzo anno… non c’erano divergenze o lontananze. Si è venuto a creare un ambiente familiare spontaneo, nato per caso, ogni incontro che si faceva era un pretesto per staccare la spina, divertirsi e lavorare per un fine comune.

Come vorresti definire questa esperienza?

Credo che la definirei come la soddisfazione più grande di tutta la mia vita. È stato bello perché ho sentito di aver lasciato un bel ricordo e un segno in tutti gli attori che hanno recitato. Sento che nell’aria è rimasto un legame, un ricordo che unisce tutti quanti anche se questa esperienza è terminata. I legami che si sono venuti a creare in questi mesi sono rimasti e anche se molti fanno parte del quinto anno e tra qualche mese se ne andranno da qui, si porteranno dietro amicizie e tanta felicità.

E a quanto pare queste emozioni e sensazioni non sono proprie solo della regista ma anche di tutti gli altri attori. Una ragazza del quinto anno, Francesca Leonzi, ha definito questa esperienza emozionante, fresca, bella.

Andare sul palco per me è sempre un po’ come tornare a casa. Potrebbe sembrare strano ma lo trovo uno dei pochi luoghi dove posso essere me stessa, senza sentire il peso di chi sono. Interpretando un’altra persona posso lasciarmi andare, non trattenere ciò che di norma trattengo.
Tuttavia sono riuscita ad apprezzare questa esperienza solo alla fine. In particolare il giorno dello spettacolo quando tutti, ma proprio tutti, hanno collaborato, spinti e uniti da quell’ansia che provavamo. Eravamo tutti in una stanza dalla mattina, si vedevano ragazzi nei camerini a provare le battute, chi sul palco a provare la scena, chi fuori a prendersi una pausa e chi seduto a godersi il tutto.
Abbiamo pranzato mentre si effettuava il controllo microfoni e ci siamo vestiti e truccati a 10 minuti dall’inizio
. Nonostante l’ansia però ho vissuto con molta leggerezza questa esperienza, poi di quanto pensassi. Pensavo che sarei scoppiata a piangere sul palco, di non riuscire a cantare e a muovere e invece no, è filato tutto liscio. Questo è il mio ultimo anno qui, il mio ultimo mese dentro questa scuola e sento di aver lasciato un ricordo.

E proprio così credo che sia stato. Da giornalista e attore (molto) in erba posso assicurare di aver vissuto un momento che resterà scritto nelle mie memorie da liceale. Anche per me questa è la mia ultima settimana all’interno di questo Istituto e credo che nessuno di noi abbia ancora realizzato appieno questa fatto. Questa è l’impronta che abbiamo lasciato, probabilmente nessuno parlerà di noi, nessuno citerà questa avventura, ma certamente noi la porteremo dentro la nostra anima per sempre. È stato un momento unico, inaspettato, emerso solo grazie alla pazienza e alla forza di volontà di alcuni ragazzi che da fuori, forse, potrebbero sembrare quasi un po’ matti.

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