Nel titolo scelto insieme all’editore, “Le due particelle“, c’è già tutta l’ambizione e la delicatezza di questo esordio narrativo di Enso Beqari, classe 1991, nato in Albania, oggi cittadino “quasi italiano” e voce di chi, come lui, è cresciuto tra due Paesi, due lingue, due età della vita, e due ruoli: il ragazzo che è stato, ferito e spaesato, e l’uomo che è oggi, capace di guardarsi con lucidità, senza più abbassare lo sguardo.
Queste “due particelle” non sono solo due fasi della sua vita, ma due coscienze che si osservano, si interrogano, si riscrivono a vicenda. Il libro nasce da questo dialogo intimo, e si sviluppa come un racconto di formazione atipico: non lineare, non indulgente, ma crudo e profondamente reale.
La narrazione si muove tra l’Albania degli anni Novanta — segnata dalla fine della dittatura e da rigide strutture patriarcali — e l’Italia di oggi, osservata prima con occhi incantati e poi con lucidità disillusa. In mezzo, c’è l’esperienza concreta dell’emigrazione: il peso delle aspettative familiari, il bullismo subito da adolescente, l’isolamento, le fatiche del lavoro, la lotta quotidiana per trovare un posto nel mondo.
Beqari alterna episodi potentemente concreti — come l’orecchino strappato come gesto di ribellione, o le incomprensioni familiari taciute per anni — a riflessioni su identità, mascolinità, amore, appartenenza. Il tutto senza indulgere nel vittimismo, ma anche senza reticenze. Il tono è quello del realismo più duro, quasi cinematografico, capace di restituire il peso di ogni gesto e di ogni parola trattenuta.
Il risultato è un’opera ibrida e intensa, che ha qualcosa dell’educazione sentimentale e qualcosa del diario di guerra. Solo che la guerra è tutta interiore, silenziosa, combattuta ogni giorno contro la vergogna e il senso di inadeguatezza. L’arma scelta da Beqari, la sola possibile, è la parola.
Le due particelle è, in definitiva, una storia vera che parla di migrazione, certo, ma anche di crescita, di silenzi familiari, di possibilità negate e riscattate. Una storia personale che riesce a farsi collettiva, e civile. E non è un caso che Enso Beqari oggi stia mettendo la sua voce anche al servizio di una battaglia pubblica.
Lo incontro, infatti, a pochi giorni dal voto per i referendum (fra cui quello sulla cittadinanza)dell’8 e 9 giugnoprossimi. Ma prima di arrivare a quel capitolo, torniamo al principio. Al libro.
“Non ho avuto modelli letterari, se non un grande scrittore albanese”
Il titolo è affascinante: chi sono queste due particelle?
“Sono due parti della stessa persona. Il ragazzo che ero, e l’uomo che sono. Due modi diversi di affrontare la vita. Solo raccontando entrambi, si può capire la mia storia. E forse anche quella di tanti altri“.
Hai detto che il tuo è realismo puro. È così che lo hai pensato mentre scrivevi?
“Sì. Senza filtri, senza imbellettare. Non volevo compiacere nessuno. Per me è stata una scrittura terapeutica. Dire tutto è stato necessario, non solo utile“.
Nessun filtro, quindi: non hai mai pensato di “addolcire” qualche passaggio?
“No, non avrebbe avuto senso. Questo libro l’ho scritto anche per chi non riesce a parlare. Per chi trattiene, perché viene da famiglie o società in cui non si piange, non si chiede aiuto. Io vengo da una cultura dove gli uomini devono resistere e basta. Ma non è così che si guarisce. Per questo il mio consiglio è semplice: parlate, parlate, parlate. La verità ci salva“.
“Italia: da sogno televisivo a comunità reale”
Nel libro l’Italia ha un ruolo ambivalente: terra desiderata, poi vissuta. Com’è stato lo scarto tra sogno e realtà?
“Da piccolo ero affascinato dalla televisione italiana, dai racconti dei parenti che ci vivevano già. Sentivo l’Italia un po’ mia già allora. E in parte è stato così: quando sono arrivato, mi sono sentito accolto, parte di una comunità. Però ci sono aspetti che non puoi prevedere, soprattutto le difficoltà pratiche: anche se avevo vinto un programma per venire a studiare in Italia, non potevo permettermi di mantenermi. E questo è uno dei tanti paradossi“.
Nel libro racconti bullismo, solitudine, fatica. Ma anche un senso forte di appartenenza. Come si tiene tutto insieme?
“Non è facile. La fatica dell’emigrazione è continua. È fatica di ottenere la fiducia, fatica nel capire i codici sociali, fatica economica. Ma proprio per questo, quando trovi accoglienza vera, la senti profondamente. Per me è stato fondamentale imparare subito l’italiano. Comunicare era il primo passo per non restare in silenzio, per non sparire“.
“Non è il numero di anni a fare un cittadino”
Sei attivo nella campagna referendaria per la cittadinanza. Perché hai scelto di impegnarti pubblicamente?
“Perché non posso ancora votare, ma posso parlare. E lo sto facendo. In particolare per il quesito 5, quello che riguarda l’abbassamento del numero di anni per richiedere la cittadinanza. Lo dico con forza: non è il numero di anni che definisce l’appartenenza a una comunità. È la conoscenza della lingua, della cultura, della storia, l’impegno nella società“.
Cosa dici agli italiani che sono indecisi se andare a votare?
“Dico: andate. Questo referendum parla di giustizia e di possibilità. Rimanere dipendenti dai permessi di soggiorno ti complica la vita in mille modi. Chi non ci è passato non può capire fino in fondo quanto sia faticoso anche solo fare le cose più semplici. Ma se ci si mette in ascolto, si può comprendere. E cambiare idea“.
E a chi invece è contrario? Chi dice “prima gli italiani”?
“Rispondo con il mio libro. Con la mia vita. L’appartenenza non è sangue, non è eredità. È contributo, responsabilità, desiderio. Se un cittadino straniero si sente italiano, parla italiano, lavora, paga le tasse, partecipa alla vita pubblica… allora lo è. Punto“.
“Questo libro è per chi ha vissuto qualcosa di simile. E per chi ha il coraggio di ascoltare”
A chi consiglieresti Le due particelle?
“A chi ha vissuto storie simili alla mia: potrà riconoscersi e sentirsi meno solo. Ma soprattutto lo consiglio a chi non ha mai vissuto niente del genere. Per capire. Per allenare l’empatia. Per imparare a guardare l’altro senza paura o pregiudizio“.
In un Paese che troppo spesso divide ancora le persone tra “veri” e “non veri” italiani, tra “nostri” e “ospiti”, Le due particelle è una voce necessaria. Perché la storia di Enso Beqari – con la sua durezza e la sua speranza – ci dice una cosa fondamentale: che cambiare è possibile. Ma solo se lo facciamo insieme.
LA BIOGRAFIA – Enso Beqari nasce nel 1991 nella città di Fier, in Albania, proprio mentre il suo Paese si affaccia alla fine della dittatura. Si forma come ingegnere, ma la sua vera vocazione è la comunicazione: aiutare le persone a esprimersi, a trovare la propria voce — missione che nasce anche dalla difficoltà personale di essere ascoltato e riconosciuto. Dopo anni di impegno nella politica giovanile e nel volontariato, si trasferisce in Italia nel 2017, dove lavora in un’azienda conserviera scalando tutte le posizioni, fino a dedicarsi al social media marketing per aziende e professionisti. Le due particelle è il suo primo libro, una storia vera e senza compromessi che parla di identità, memoria, e trasformazione.