Senza Tregua Fest, raccontare la Resistenza oggi: una battaglia contro l’oblio e le semplificazioni

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Cronache ribelli. Quattro persone, quattro voci che lavorano in orizzontale e si presentano con una narrazione precisa e priva di orpelli, senza oratori singoli né portavoce. Sono collettivamente la voce di un progetto nato con la consapevolezza che la storia, quella vera, raramente passa attraverso i manuali scolastici. Nel pomeriggio conclusivo del “Senza tregua Fest“, la rassegna di cui abbiamo parlato ieri QUI, c’è la loro esperienza al centro.

Nel giugno del 2016 nasce il collettivo Cannibali e Re che, attraverso le piattaforme social, si pone l’obiettivo di creare uno spazio di racconto storico alternativo a quelli classici poiché mette al centro della sua narrazione le vicende delle classi popolari, delle minoranze e delle soggettività oppresse“. Un obiettivo ambizioso, che si è tradotto in una costanza operativa imponente: almeno quindici contenuti settimanali su Facebook, Instagram, TikTok, YouTube e Telegram, una community attiva e appassionata di oltre 350.000 persone e un’intera casa editrice indipendente, che rifiuta Amazon e le grandi catene, e ha comunque distribuito più di 40.000 libri.

Nel 2018 nasce il primo almanacco, Cronache Ribelli. Un libro che diventa anche dichiarazione di intenti: raccogliere storie dimenticate, marginali, volutamente taciute, e farle detonare nella contemporaneità. E se ogni parola costa, questo collettivo le spende tutte, nella convinzione che la divulgazione debba essere gratuita, accessibile e al servizio di un’idea. “Siamo una realtà totalmente indipendente. Tutte le nostre pubblicazioni e tutte le nostre attività culturali sono finanziate attraverso il supporto dei singoli lettori“.

Dal rifiuto dei grandi canali di distribuzione all’autoproduzione, dalla costruzione di una rete di librerie indipendenti alle oltre 350 presentazioni in tutta Italia, tutto il lavoro di Cronache Ribelli si fonda su una coerenza radicale: “Fin dalla prima pubblicazione abbiamo scelto di non vendere all’interno dei grandi siti di e-commerce e nelle grandi catene librarie… In ultimo, ma non per importanza, ci teniamo a dire che tutto il nostro lavoro è strutturato in modo orizzontale. Non esistono gerarchie all’interno del nostro gruppo“.

Ma a far riflettere è anche la parte più esplicita del loro intervento, quella in cui viene messa a nudo la logica tossica del mercato editoriale italiano: “Conviene mandare al macero decine di migliaia di copie di libri“, dicono, “e poi pubblicare i libri – scritti solo nominalmente da loro – dei grandi nomi del momento, influencer, personaggi dello spettacolo o dello sport, che diventano subito vecchi e invendibili“. La denuncia è netta: i distributori si prendono fette importanti del prezzo dei libri, i contenuti vengono sviliti da logiche di profitto a breve termine, e a farne le spese è l’idea stessa di cultura come spazio di resistenza e trasformazione.

A dare il titolo all’incontro, però, è il libro: Partigiani contro. La Resistenza oltre la narrazione istituzionale. Un testo che sin dal sottotitolo chiarisce l’intento di offrire una lettura alternativa della Resistenza: non pacificata, non istituzionale, non simbolica. “Il biennio 1943-1945 rappresenta un passaggio determinante nella storia di questo Paese… una guerra civile contro gli italiani che rimangono fedeli al fascismo, una guerra di classe contro le componenti più reazionarie della società, una guerra contro gli occupanti tedeschi per la liberazione della nazione“.

La Resistenza, nel racconto di Cronache Ribelli, non è la parentesi che precede la nascita della Repubblica, ma un’epifania collettiva di ciò che poteva essere e non è stato. Un movimento fatto di giovani e giovanissimi mossi da idealità – non da paghe, né da una generica patria – che sognavano un mondo nuovo, e che agirono insieme alla popolazione civile in una guerra asimmetrica e disperata. “Dall’altra parte c’era un esercito di occupazione che sosteneva l’esercito regolare dei fascisti di Salò, dall’altra bande partigiane appoggiate dalla popolazione civile: nascoste, protette, nutrite”.

Il libro è diviso in due parti. La prima affronta le memorie della Resistenza: “le loro origini, le loro finalità, il successo e l’oblio a cui sono andate incontro“. La seconda raccoglie cinquanta storie di resistenti, uomini e donne che hanno “scelto di donare la propria vita per sconfiggere il nazifascismo e realizzare un mondo nuovo“.

Non mancano riferimenti storiografici precisi. Claudio Pavone e il suo Una guerra civile è il punto di partenza teorico per comprendere la complessità di quella lotta: “non fu solo guerra di liberazione nazionale, ma anche guerra civile e guerra di classe“. Cronache Ribelli aggiunge: fu anche una lotta di genere, una risposta collettiva alla visione patriarcale e misogina del fascismo. Le bande partigiane, oltre che nuclei armati, furono laboratori di democrazia diretta, esperimenti di nuove forme di organizzazione politica e militare.

Eppure, fin da subito, la Resistenza viene ridotta e normalizzata. Già nel dopoguerra si parla di una Resistenza inattuata, e col passare dei decenni si passa da un antifascismo istituzionale sempre più svuotato all’attuale retorica qualunquista. La contraddizione è bruciante: in un’Italia dotata di una Costituzione saldamente antifascista, il neofascismo si riorganizza quasi subito. Non solo: vengono perseguitati antifascisti attivi prima del ’43. La spiegazione è amara, ma lucida: è il tema della continuità dello Stato.

Mentre in Francia, con una popolazione paragonabile, furono processate circa 180.000 persone e in Norvegia 16.000, in Italia, con un ventennio di regime alle spalle, il numero dei condannati fu irrisorio. La mancata epurazione, la continuità degli apparati, la marginalizzazione dei partigiani più radicali non sono episodi isolati, ma il riflesso di un paese che ha scelto di non fare i conti con la propria storia.

Essere antifascisti oggi, per Cronache Ribelli, significa prendere posizione. Non basta commemorare: bisogna prendere la parola. La Resistenza è una pagina della lunga storia delle classi subalterne che lottano per un mondo diverso. Non è finita nel ’45. “L’Italia di oggi non è quella che avrebbero voluto i partigiani – dicono – e quindi la loro lotta prosegue: sulle questioni di genere, sul lavoro, sulla pace“. La guerra dei partigiani non era per il potere, per arricchirsi, ma per costruire una società più giusta.

Infine, un appello: i giovani e giovanissimi, oggi, spesso vedono nella Destra l’unico spazio di ribellione possibile a un sistema che sentono profondamente ingiusto. Ed è qui che il lavoro di contro-narrazione si fa urgente. Perché – come sottolineano – la Destra è proprio la garante di quello status quo che quei giovani vorrebbero abbattere. D’altronde “il Biennio Rosso 1919-1921 fu un momento di sommovimenti impressionanti… Il fascismo fu la risposta dei padroni del vapore“.

La Resistenza, in questo senso, è ancora una volta attuale. Una scintilla da raccogliere, raccontare, riscrivere. Una lotta senza tregua.

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