Quando al termine del campionato cadetto della stagione 1973-74 l’Ascoli approdò per la prima volta nel massimo campionato di calcio italiano ci si rese subito conto che l’impianto del Del Duca non sarebbe stato sufficiente ad accogliere tutti gli sportivi della regione e non solo che avrebbero resistito al fascino della serie “A” .
Fu allora che Costantino Rozzi, dopo il miracolo calcistico, ne compì un altro: nel corso di una conferenza stampa ad hoc proclamò che avrebbe ristrutturato lo stadio nel lasso di tempo di 100 giorni. Sembrò al momento una “guasconata” perché l’opera avrebbe richiesto lavori molto più lunghi. Ma guai ad obiettare a Costantino i suoi pensieri per cui non restava che attendere la fine del mese di agosto di quell’anno. Se si passava durante le notti davanti al Del Duca si potevano vedere le luci dei fari accese e i camion che incessantemente facevano la spola stadio – discarica.
Tutto il mondo lavorativo di Ascoli era all’opera, giorno e notte, perché Costantino non avrebbe mai voluto uscire… sconfitto. Ed anche questa volta alzò al cielo il trofeo della vittoria perché i lavori Del Duca erano stati portati a compimento entro i 100 giorni proclamati da colui che poi divenne il “Presidentissimo”.
Il mondo del calcio avrebbe avuto bisogno quanto il pane, e lo ha anche oggi, di uomini come lui perché aveva una dote che nessuno poteva vantare: era lungimirante e guardava aldilà del proprio naso.
Basterebbe ricordare un fatto sul conto dei procuratori dei giocatori. Era andato a Castorano nella sua tenuta di campagna – parliamo di quasi 50 anni fa – dove aveva dato appuntamento a due giocatori per discutere di ingaggi. Trovato l’accordo con il primo, toccò al secondo il quale si presentò accompagnato da una persona. Costantino si rivolse a chi stava seduto accanto a lui e chiese: “Nchi è venute quisse?”. La risposta lo raggelò. “Custanti, è lu procuratore”. Sobbalzò sulla sedia poi aggiunse: “Famme lu piacere, dì a lu giocatore che i’ parle sule che isse. Perciò faghie mannà viè quille che s’è pertate arrete!”
Tornando ad Ascoli, mentre viaggiavamo in macchina ci disse: “Velete sapè perché nen sò velute parla che lu procuratore? Chisce sarò la revina de lu pallò!”
Dixit 50 anni fa!