La Pasqua ad Ascoli, un tuffo nella tradizione

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Vi siete mai chiesti cosa è la Pasqua veramente? Proviamo a pensarci per un momento; non vinceremo niente, ma avremmo fatto luce su qualcosa che alla fine dovrebbe terminare nell’avere le idee chiare.

Molti diranno resurrezione di Cristo, qualcuno rispolvererà lontani ricordi di scuola e farfuglierà qualcosa con la primavera, i meno prosaici parleranno di due giorni di grandi abbuffate.

Niente e tutto, ma dietro si nasconde qualcosa che si barcamena tra, storia e fede, al punto da farci concludere che la Pasqua è la somma di riti differenti, che si sono contaminati tra loro: pagani, giudei, cristiani.

Gli antichi, i pagani, celebravano l’arrivo della primavera e lo facevano con balli propiziatori, canti e sacrifici agli Dei, per un raccolto abbondante e una terra fertile.                              

Nella tradizione giudaica, è il tempo della festa del “Pessach” (letteralmente “oltrepassare”) e celebra la fine della schiavitù del popolo ebraico e l’esodo dall’Egitto.

Per la cultura cristiana, invece, sono i giorni che scandiscono la Settimana Santa e ripercorrono gli ultimi momenti della vita di Gesù, dal tradimento di Giuda fino alla Resurrezione.

A differenza del Natale, che cade sempre il 25 dicembre, la Pasqua è una “festa mobile”. Senza perdersi in calcoli troppo complessi, la Pasqua coincide con la domenica successiva alla prima luna piena che si verifica dopo l’equinozio di primavera. Per questo motivo, la festa ha luogo in un periodo compreso tra il 22 marzo e il 25 aprile.

Dire Pasqua oggi è dire uova di cioccolato, colomba e agnello.

Le uova sono da sempre simbolo di vita e rinascita. L’usanza di regalare uova di cioccolato, però, è relativamente recente e si deve ad un’azienda dolciaria inglese, la Cadbury. L’idea di aggiungere una sorpresa all’interno delle uova porta invece la firma del famoso orafo Fabergé che, rifacendosi alla tradizione russa delle matriosche, realizzò per la zarina Maria di Russia un gioiello a forma di uovo che conteneva una seconda sorpresa.

La colomba pasquale è quello che è il panettone per il Natale. Impossibile definirne le origini visto che le leggende sono praticamente infinite. Ne prendiamo una a caso, quella della regina longobarda Teodolinda. Intorno al 610 accolse l’arrivo a corte di San Colombano con un banchetto degno di un re. Trattandosi però di periodo di Quaresima e digiuno, il santo declinò l’invito, ma, per non offendere i sovrani, trasformò i piatti che imbandivano la tavola in bianche colombe di pane. Più reale, invece, è attribuire l’invenzione della colomba ad un pubblicitario mantovano, Dino Villani, che negli anni 30 pensò ad un dolce che potesse sostituire la produzione del panettone durante i mesi primaverili.

Infine l’agnello, rituale con il quale, anche nelle culture pregiudaiche serviva a propiziarsi il volere degli Dei. L’agnello viene associato all’idea di vita perché offre carne per mangiare, lana per i vestiti e latte per dissetarsi.

Quindi nella Pasqua c’è un po’ di tutto: fede, storia, leggenda e, naturalmente, tavola imbandita, visto che per tutta la Quaresima si è mangiato di magro (o si sarebbe dovuto mangiare di magro). 

Così come il Natale e il Carnevale, anche la Pasqua non fa eccezione ad Ascoli, portando con sé usanze e specialità culinarie che hanno fatto la storia del Piceno, ma che spesso purtroppo finiscono nel dimenticatoio.

Resistono invece la tradizione della gara di “scuccetta” (di cui abbiamo parlato QUI) e quella delle uova colorate. La prima a buon diritto possiamo assimilarla a una competizione sportiva, la seconda è la classica gara tra ragazzi. Sia in città ma soprattutto nei paesi, a inizio Quaresima i bambini erano soliti mettere in un vasetto (spesso un barattolo) semi di grano, di cicerchia, di lenticchia o legumi vari. Il contenitore veniva poi posto in un luogo caldo per favorire la crescita dei semi.

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