Giorgio Aquilanti e il sogno nascosto

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Conoscere Giorgio Aquilanti non è impossibile, visto le sue iniziative nel campo della comunicazione. Molti lo ricordano ancora come giornalista di TVA, (la prima e unica vera televisione professionale del Piceno), fondata da Pedro Fabiani e portata avanti da Basilio Censori che ha formato vari professionisti oggi in RAI e Mediaset. 

Aquilanti ha spaziato anche in altri settori come la Corale Cento Torri. Dopo Azzara e Buondi ne ha preso le redini mantenendo ben salda la rotta, nonostante i periodi bui del Covid.

C’è però un sogno nel cassetto che da anni prova a realizzare per ora con poca fortuna. Ma “prima o poi ci riuscirò.” Aquilanti è il nipote di Zavattini e il suo sogno è farlo conoscere con un evento che ricordi la sua poliedrica attività: scrittore, sceneggiatore, registra, pittore…

Con Giorgio mi incontro dal giornalaio, tutti i giorni della settimana, sole, pioggia, vento che sia; compriamo il giornale, lui i locali io i nazionali e parliamo di Ascoli. Poi il discorso finisce quasi sempre su Zavattini perché, mi ricorda, Zavattini ha avuto un legame con Ascoli forte e duraturo. In Ascoli ha vissuto sua sorella e, per lungo tempo, anche sua madre;  e non ultimo, in Ascoli ci vive lui, che ne è il nipote.

Mi ha raccontato di tutto del suo grande zio, al punto di poter dire che oggi conosco Zavattini, come fosse un amico di vecchia data. Anzi mi diverto a volte a sognare un’intervista, o meglio una chiacchierata sui fatti della sua vita.

Se fossimo vissuti negli stessi anni, se fossi stato un giornalista, se avessi avuto l’occasione di intervistarlo, se mi avesse raccontato… Se, se, se… Dio mio quanti se, ma con i se non si scrivono articoli, non si incontrano persone, con i se non si fa nulla.

Ma se… Un ma dubitativo e un se di speranza, invece… Giust’appunto un se per pensare di potercela fare. A modo mio. Con la fantasia. 

Cesare Zavattini nacque il… Che banale inizio per un personaggio che ha fatto la storia del cinema! 

Forse, se lo avessi davanti, si sarebbe offeso e starebbe rimpiangendo il momento che aveva deciso di accettare la mia intervista.

Ricominciamo da capo allora e vediamo di comportarci come dicono le regole del giornalismo, Giogio Mottana, “Il giornalismo e la sua tecnica”, pag. 103. È sempre sulla mia scrivania.     

Trovo Zavattini in veranda. La primavera quest’anno è stata precoce e la temperatura è già calda alle nove. 

Sta scrivendo qualcosa con la sua vecchia macchina da scrivere. Timidamente domando se è una nuova sceneggiatura.

Finisce di scrivere quello che aveva in mente, poi mi guarda pensieroso. Non capisco se non sa cosa rispondermi o se offeso per essere io l’unico a non sapere le sue iniziative.

  • Da quanto tempo fa questo mestiere? – mi domanda.

Vorrei dire d’essere navigato, ma mi sembra di prenderlo in giro. Risponde lui per me.

  • Sei un principiante! – dice sconsolato – Non è quello che mi aspettavo dal tuo giornale, ma può starci. Anche per me c’è stata una prima volta e, quando presentai un mio progetto, ero convinto che mi avrebbero buttato fuori a calci.
  • Lo fecero?
  • No, ebbero pietà. Perciò lo faccio anche io con te, non ti prendo a calci. Ma fai attenzione: una volta può andare, una seconda si rischia. Da dove vogliamo cominciare.
  • Da quando è nato? – domando timidamente.
  • Banale.
  • Dai suoi sogni giovanili.
  • Ancora peggio.
  • Da quello che sta scrivendo…
  • È già meglio – Si alza in piedi e prende a passeggiare per la stanza pensieroso, poi si ferma – Scrivi. Il maestro è seduto alla scrivania. Sta battendo nervosamente sui tasti della sua vecchia Olivetti 22. Non si cura di me che resto in piedi sull’uscio. Scrive come se avesse timore di dimenticare quello che ha in mente. Aspetto uno, due, tre minuti che sembrano una eternità. Poi finalmente alza la testa, mi guarda come a soppesarmi, fisicamente e curiosamente. In fondo è la prima impressione quella che conta di più in un incontro.
  • Cerca me? – ma si ferma subito – No, no, no, accidenti! – esclama punitivo nei suoi confronti – Chi voglio che cerchi se sono solo in questa casa. Vedi, giovane scribacchino, anche i grandi hanno cadute di stile. Impara dagli errori e fanne tesoro. Ricominciamo. Sei fermo sulla porta ecc. ecc…. Io sto scrivendo nervosamente, ecc. ecc…. – Per un momento resta in silenzio, come se stesse immaginando la sequenza successiva, alza la testa e si accorge di me. Gli occhi si muovono come una cinepresa. Con un cenno della mano mi invita a sedermi. 

Fine del sogno. Davanti c’è ancora Giorgio c he mi guarda e aspetta.

  • Che dici, ci riproviamo? – domando.
  • Certo che ci riproviamo. “Finché c’è vita c’è speranza”, ed io sono un ottimista per natura, perciò in campana perché prima o poi di Zavattini parleremo a questa città un po’ sonnecchiante, un po’ snobista, ma dalle grandi potenzialità. Basterebbe solo dargli la stura, mettergli le briglie e non lasciarla andare come la scimmia impazzita. Allora Spoleto, Ravenna, Arezzo, tanto per dire le località che portano ad esempio come maestri di innovazioni, ci faranno un baffo.

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