Sono trascorsi 34 anni da quella maledetta domenica in cui fu brutalmente assassinato Nazzareno Filippini, che tutti chiamavano Reno. Giunsi sul ponte Rozzi qualche minuto dopo che si era consumato l’atroce fatto: Reno giaceva lungo steso sul marciapiede mentre i soccorritori tentavano di rianimarlo. Portato in ospedale sembrava che potesse farcela ma a distanza di otto giorni di penosa agonia Reno non ce la fece a causa delle numerose fratture che aveva riportato. A ridurlo in quelle condizioni furono gli ultras dell’Inter, un gruppo di vigliacchi che si sentirono forti ad attaccare un tifoso solitario mentre in gruppo stavano andando verso piazza Immacolata dove era stato parcheggiato il pullman che li aveva portati ad Ascoli per assistere alla partita. Alcuni di loro indossavano scarponi paramilitari. Mentre Reno era a terra lo colpirono prima con pugni poi con calci: un’autentica barbarie.
Reno amava come pochi il calcio. Era un ottimo attaccante che in altri tempi avrebbe avuto un futuro roseo. Ricordo di averci giocato insieme nella Pro Calcio Ascoli. Ero ormai sulla dirittura d’arrivo per cui quello doveva essere il mio ultimo campionato alla guida di una “banda” di pulcini, tutti mi potevano essere figli ma facendo il “libero” potevo ancora competere. Disputai la partita d’addio sul campo federale di Monpiano ad Ancona. Era la finale per il titolo regionale riservato a squadre cadette: difronte avevamo la Cagliese, favorita dal pronostico. Ma gli “esperti” non avevano tenuto in considerazione il fatto che nelle file ascolane giocava un certo Nazzareno Filippini il quale realizzò due splendidi goal. L’incontro terminò 3 a 1 per la Pro Calcio che si fregiò del titolo di campione regionale.