“Provincia Cosmica” a Ripatransone: 9 artisti per una nuova geografia dell’arte

497 visualizzazioni
4 minuti di lettura

Ripatransone è una piccola cittadina marchigiana aggrappata alla collina. Da qui, in un ex locale di dodici metri quadri affacciato sul centro storico, riparte FIUTO Art Space: il progetto indipendente fondato da Alex Urso nel 2023 e riconosciuto dal Ministero della Cultura come Luogo del Contemporaneo.
Con “Provincia Cosmica” (13 settembre – 15 novembre 2025), FIUTO inaugura la nuova stagione espositiva proponendo una riflessione profonda e non priva di ironia sul rapporto fra arte, territorio e comunità.

Un titolo che è una dichiarazione di poetica

Provincia Cosmica sintetizza in due parole l’orizzonte teorico della mostra: la provincia come spazio di relazione, e la dimensione cosmica come tensione espansiva, quasi metafisica.
Lontano dai grandi centri e dai loro automatismi, nove artisti provenienti da tutta Italia – Ricardo Aleodor Venturi, Elena Bellantoni, Deriva (Denis Riva), Giovanni Gaggia, Adinda‐Putri Palma, Alicya Ricciuto, Elena Ricciuto, Marco Rossi e Giuseppe Stampone – presentano lavori e progetti che si radicano nei territori marginali del Paese, usando l’arte come strumento di riattivazione sociale e culturale.

«L’intento – spiega Urso – è capire chi, dopo la retorica del “ritorno ai borghi” seguita alla pandemia, abbia davvero scelto di restare, di operare nelle periferie geografiche e umane, trasformando le fragilità in possibilità».

FIUTO Art Space: un piccolo spazio per grandi visioni

Non è una galleria in senso tradizionale. È piuttosto un laboratorio relazionale, nato dall’esigenza di riportare il contemporaneo in un contesto che ne era rimasto ai margini.
In due anni di attività, lo spazio ha esposto artisti italiani e internazionali, instaurato collaborazioni con istituzioni pubbliche e private e coinvolto la cittadinanza in pratiche partecipative.
Un esperimento di rigenerazione culturale che, con “Provincia Cosmica”, trova la sua sintesi: un progetto che riflette sulla capacità dell’arte di creare comunità a partire dai luoghi che abita.

Geografie del ritorno: quando l’arte abita i margini

I nove artisti coinvolti sono accomunati da una decisione condivisa: investire energie creative e progettuali in contesti periferici, spesso fuori dalle mappe del sistema dell’arte.
È il caso di Giuseppe Stampone, che dopo anni trascorsi tra Bruxelles, Roma e New York è tornato nel suo Abruzzo. Qui ha fondato uno studio in provincia di Teramo e rilanciato il programma Global Education, ideato con la performer Maria Crispal: un progetto educativo e partecipativo basato sulla costruzione di un “nuovo alfabeto collettivo”.
In mostra, una serie di opere dedicate al Gran Sasso racconta il ritorno come gesto politico: riabitare il proprio luogo d’origine per trasformarlo.

Un percorso analogo guida Marco Rossi, pittore formatosi all’Accademia di Brera e rientrato a Romano di Lombardia, dove nel 2021 ha fondato Tempo-rari place. È una vetrina urbana che, a intervalli regolari, ospita interventi di artisti contemporanei, visibili a chiunque passi per strada. L’arte come presenza quotidiana, non come evento eccezionale.

Giovanni Gaggia, Ho le tue mani sui capezzoli. Ricamo su asciugamano da mare, 2020. 86×159 cm

Le Marche come laboratorio diffuso

Sono rappresentate da due figure chiave della scena indipendente: Giovanni Gaggia e Ricardo Aleodor Venturi.

Con Casa Sponge, fondata a Pergola nel 2008, Gaggia ha creato la prima residenza per artisti della regione. Oltre trecento autori da tutto il mondo vi hanno soggiornato, contribuendo alla crescita culturale di un territorio periferico ma vitale. La casa è diventata un dispositivo politico e affettivo: un luogo dove l’arte genera appartenenza.

Venturi, dal canto suo, porta avanti progetti performativi e relazionali in contesti “fragili”. Il suo Studio con finestra, nato in un ex capannone alla periferia di Pesaro, è oggi un centro interdisciplinare aperto al dialogo tra arte, musica, filosofia e comunità. Un luogo dove la pratica artistica diventa terapia collettiva e occasione di incontro.

Abitare come atto estetico e politico

A incarnare in modo radicale la nozione di “abitare” come pratica artistica è Adinda‐Putri Palma, che nel borgo di Braccano (Macerata) ha costruito in bioedilizia la propria casa-studio. Un processo lento e meditativo, che intreccia sostenibilità, autodeterminazione e sperimentazione. Il suo lavoro parla di ricostruzione e di radicamento, di un’arte che nasce da un gesto concreto: piantare radici.

Una riflessione affine guida il progetto Le Fonticelle delle sorelle Alicya ed Elena Ricciuto. A Frosolone, piccolo comune del Molise, le due artiste hanno trasformato un antico sentiero boschivo in una residenza d’artista all’aperto, coinvolgendo artigiani e abitanti del luogo. Lì, dove un tempo passavano i muli, oggi transitano artisti: un esempio virtuoso di rigenerazione lenta e condivisa.

Deriva, o la poesia dei materiali

Nel Veneto, l’artista Deriva (alias Denis Riva) ha scelto di spostarsi nell’entroterra trevigiano, a Follina, dove ha trasformato parte dello storico Lanificio Paoletti in uno studio-laboratorio. Disegnatore, pittore e “raccoglitore di tracce”, Riva lavora su materiali trovati e oggetti di scarto, restituendo dignità poetica a ciò che la società industriale espelle.
Il suo spazio è insieme archivio, officina e rifugio: una “bottega cosmica” che unisce la manualità artigiana alla ricerca concettuale.

Elena Bellantoni: il corpo come territorio

La sezione conclusiva della mostra è dedicata a Elena Bellantoni, tra le artiste più significative della scena performativa italiana. Da sempre impegnata su questioni di genere e politiche del corpo, Bellantoni presenta a FIUTO Pane e libertà, un’installazione ambientale e performativa nata da una residenza a Conselice (Emilia-Romagna).
L’opera coinvolge la comunità locale in un dialogo sul valore simbolico e sociale del pane, intrecciando memoria storica e attualità politica. “La mia pratica – afferma l’artista – si muove nei territori che attraverso e negli incontri che faccio”.
In questa affermazione risuona l’intero spirito di Provincia Cosmica: un’arte che si fa itinerante, relazionale, capace di attivare micro-utopie nei luoghi che tocca.

Periferie geografiche, periferie esistenziali

“Provincia Cosmica” è dunque una mostra sull’Italia laterale, ma anche sullo spostamento di sguardo che essa impone.
Non è la celebrazione di un localismo nostalgico, bensì il tentativo di mostrare come il centro possa essere ovunque si produca una visione condivisa. L’arte, in questo senso, diventa una pratica politica della presenza: una forma di resistenza alla dispersione, al rumore, alla disconnessione.

Nei margini geografici si aprono così spazi cosmici, dove il tempo rallenta e la relazione diventa linguaggio.
È qui che FIUTO Art Space, con i suoi dodici metri quadri e la sua ostinazione gentile, continua a ricordarci che il futuro dell’arte – e forse anche della comunità – non nasce più nei centri, ma ai bordi.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Previous Story

Gaza, i giovani si riappropriano delle piazze ad Ascoli Piceno

Next Story

“Scommessa sul passato”: il teatro Filarmonici va in analisi

Ultime da