Prosperi e Ithaca, un successo sotto il segno della scrittura di Dafne Perticarini

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Cosa ti ha portato a restare qui ad Ascoli Piceno?“. R. lavora come operatore culturale in città e si rivolge alla scrittrice Dafne Perticarini, originaria di Recanati (Macerata). Siamo al termine di “Stories matter: scrivere è un mestiere indispensabile”(che avevamo annunciato QUI). Negli spazi de “La Birretta” stiamo sorseggiando un boccale gentilmente offerto da Daniele De Angelis, il giovane libraio indipendente che ha organizzato il tutto (l’ho recentemente intervistato QUI). “Ho scelto di vivere in città perché mi piace l’atmosfera che si respira in città, quel non so che… mi ispira!“. Ma la replica di R. è fulminante: “Lo capisco, qui ad Ascoli non c’è possibilità di venire distratti da nulla, siamo nel deserto“. Dafne lo guarda spiazzata e lui continua: “Guardati intorno, ovunque ti giri trovi bellezza. Anche qui in largo Carlo Crivelli, peraltro dedicato al nostro pittore più noto… ma si tratta di involucri: belli ma vuoti. Questa città non ha un’anima. Non so, o non ce l’ha più o forse è ben nascosta da qualche parte“.

L’evento, in effetti, nasceva dall’idea di dover unire realtà giovani, dinamiche, interessanti che provano a farsi strada in una città che perde abitanti, in cui cresce la disoccupazione (soprattutto giovanile), in cui l’età media di chi resta a viverci aumenta spaventosamente (un po’ di dati QUI) e in cui la sconfitta nella candidatura a Capitale italiana della cultura (ne abbiamo scritto tante volte, l’ultima QUI) simboleggia una crisi di identità profonda… eppure c’è chi resta e prova a resistere: la Libreria Prosperi, Ithaca editoriale e la protagonista della serata: una scrittrice che si mantiene aiutando aziende e singoli a raccontare la loro storia, con libri (ghostwriting), articoli strategia comunicativa e contenuti su tutti i supporti e le piattaforme. 

Ciao, scusate se vi disturbo [intanto la birra è ancora a metà, ndr]. Vorrei far autografare uno dei libri di DafneScrivi: ‘A M.’ anzi no, metti anche G.: sai, ci stiamo per sposare…” E dopo qualche dettaglio in più, Dafne racconta: “L’ultimo lavoro a cui mi sono dedicata è proprio di scrittura per un matrimonio. I matrimoni civili come il vostro, ma anche la promessa ecco… Tutti momenti in cui occorre – per molti – una parola diversa, una cura diversa della parola, e così arrivo io“.

Vivere di scrittura è il vero filo conduttore che accomuna le nostre esperienze, in modo sorprendente visto la salute che il settore sembra avere nel nostro immaginario collettivo. Eppure si tratta di qualcosa di cui abbiamo bisogno. Io, nel corso della serata, ho rievocato i miei evergreen sull’importanza del giornalismo locale (se siete fra i pochi che non li hanno ancora letti, li trovate QUI). E per il resto ho cercato di trovare i punti d’incontro fra i nostri mestieri: giornalista e docente nel mio caso, scrittrice per Dafne, con una breve riflessione a partire dai miei maestri.

Io nasco storico di formazione e Cicerone come padre di questa disciplina pone il greco Erodoto, autore de Le Storie: si tratta giusto del titolo della nostra conversazione.
Ryszard Kapuściński, tra i più grandi reporter del XX secolo, ha intitolato uno dei suoi famosi libri “In viaggio con Erodoto”. Erodoto, primo attento indagatore degli usi, dei costumi e della religione di popolazioni barbare di cui i Greci avevano fino ad allora una conoscenza molto limitata, diventa per lui il vero maestro del reportage. In questo libro le vicende di questi due grandi trascolorano le une nelle altre. Ogni reporter, per Kapuściński, è innanzitutto uno storico perché spiega le cause, non si limita a descrivere dei fatti: vuole rispondere alla domanda del ‘perché’. Il reportage viene scritto dalla persone che si incontrano – letteralmente – lungo la strada, non si può fare a distanza: il reporter non può essere un cinico per dirla col titolo di un altro testo di Kapuściński.

Per George Mead, ‘i cronisti non vanno in giro a cercare fatti, ma a procurarsi storie” e infatti l’inglese story si traduce con cronaca intesa come raccontare storie. In questo discorso a cavallo fra giornalismo e letteratura, il settore oggi di gran lunga più fecondo, si usa spesso il termine ‘faction’ nel tentativo di superare proprio questa distinzione. Gli essere umani hanno bisogno di storie, che scandiscano la loro giornata, che facciano sospendere il giudizio perché, incuriositi, si ha necessità di sapere come andrà a finire. La sociologa Milly Buonanno ha scritto: ‘Narrare equivale a dare ordine e senso agli eventi, disporli in sequenza temporale, metterne in luce i nessi causali, rendere intellegibili i loro significati simbolici e morali. Sotto ogni profilo un modo attraverso cui è dato conoscere e comprendere meglio il mondo in cui viviamo. In più essa è fonte di piacere e di emozione’“.

A questo punto racconterei qualche aneddoto di Michele Gambino, quando interveniva alla mia scuola di giornalismo e ci raccontava alcuni aneddoti gustosi che ho subito collegato ai temi che sopra ho riportato. Con una riflessione anche sulla vocazione a cambiare il mondo che i giornalisti devono avere, secondo Kapuściński. Se volete saperne di più ne riparleremo nei prossimi appuntamenti fisici e virtuali di Ithaca. A presto!


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