di Gianluca Traini
L’anno prossimo si ritornerà al voto per l’elezione del sindaco e del Consiglio comunale nel capoluogo istituzionale della nostra provincia, e già sembrano esserci movimenti tra le forze politiche per la scelta dei candidati sindaci, soprattutto nel campo delle attuali minoranze consiliari, che paiono essere alla ricerca di un candidato comune da opporre al più che probabile candidato della maggioranza, il sindaco uscente Marco Fioravanti.
A questo proposito potrebbe risultare di qualche curiosità proporre una tabella che sul modello già utilizzato per le città di Grottammare e San Benedetto del Tronto (gli altri due comuni ad avere attualmente una popolazione superiore ai 15.000 abitanti nella nostra provincia e, quindi, ad essere interessati dalla legge elettorale che prevede l’eventualità del secondo turno) riporti sinteticamente i risultati elettorali delle sei precedenti consultazioni popolari per il sindaco di Ascoli Piceno, svoltesi dal 1995 al 2019.
Lasciando al lettore gli eventuali approfondimenti che potrebbero nascere dalla lettura delle informazioni proposte nella tabella presentata nel file (che hanno come fonte l’archivio storico delle elezioni del Ministero dell’Interno consultabile on line), credo però si possano fornire delle prime osservazioni generali partendo dai dati più evidenti.
Innanzitutto, nelle sei elezioni tenutesi finora tre volte si è andati al ballottaggio, e tutte e tre le volte ha vinto il candidato sindaco che al primo turno aveva preso più voti. Il sindaco eletto con il maggior numero di voti, anche in termini percentuali, è stato Guido Castelli nelle elezioni del 2014, dopo il suo primo mandato, in cui è stato votato da 18.451 cittadini, pari al 58,93% dei voti validi.
I politici che si sono più volte candidati alla carica di sindaco in Ascoli Piceno, tre volte ciascuno, sono stati Piero Celani, due volte eletto e una volta sconfitto al ballottaggio, e Davide Massimo Aliberti, tutte e tre le volte sconfitto al primo turno senza mai accedere al ballottaggio.
Il numero di candidati alla carica di sindaco non è mai stato inferiore a 4, arrivando a toccare nelle due elezioni vinte da Guido Castelli il numero massimo di 8 candidati.
Proprio nel 2014 con la seconda elezione di Guido Castelli abbiamo anche il candidato sindaco con il maggior numero di liste in appoggio alla sua candidatura, ben 12, a cui seguiranno le 10 a sostegno di Marco Fioravanti nel 2019. Non è un caso, quindi, che nelle ultime due elezioni, nel 2014 e nel 2019, ci sia stato il maggior numero di liste presentate in totale da quando il sindaco è eletto in maniera diretta dai cittadini: 25.
A questo lievitare del numero di liste presentate (dovuto probabilmente in parte anche alla modifica del numero dei componenti del consiglio comunale, ridotti in seguito alle modifiche apportate per legge tra il 2009 e il 2014) non ha però fatto seguito una maggiore partecipazione al voto dei cittadini alle elezioni comunali.
Infatti, come già notato per la città attualmente più popolosa della nostra provincia, San Benedetto del Tronto, anche in Ascoli Piceno negli ultimi 25 anni si sono evidenziate due tendenze curiosamente divergenti in sede di elezioni comunali: da una parte la tendenza alla diminuzione dei votanti, attestata da una percentuale passata dall’82,40% del 1995 al 70,29% del 2019; dall’altra la tendenza a un aumento notevole delle liste, e, quindi, dei candidati consiglieri presentati, evidenziata da un numero totale di liste presentate passato dalle 9 del 1995 alle 25 già citate del 2019.
Il combinato disposto di queste due tendenze divergenti fa sì che oggi ad Ascoli Piceno il peso elettorale del numero delle liste di appoggio a un candidato sindaco sia naturalmente più forte che in passato, in cui, invece, è anche potuto accadere che un candidato sindaco – Piero Celani nel 2004 – vincesse le elezioni al primo turno pur avendo addirittura la metà delle liste a sostegno rispetto al primo degli sconfitti, per la precisione 4 liste contro 8.
Oggi, probabilmente, data appunto la tendenza alla riduzione dei votanti in atto (tra l’altro anche tendenza nazionale) e il sempre minore peso delle liste dei partiti nelle elezioni comunali, almeno a livello anche di città delle dimensioni demografiche di Ascoli Piceno (a questo proposito, a fronte di 4 liste di partito che avevano ottenuto più del 15% ciascuna nelle elezioni del 2004, quindici anni dopo, nel 2019, nessuna lista ha ottenuto più del 15% e solo 2 sono andate oltre il 10%) si può presumere che la competitività di un candidato sindaco sia misurabile, più che nelle prime elezioni dirette del passato, con il numero delle liste che lo appoggiano, e, quindi, con una coalizione larga a sostegno e, di conseguenza, inevitabilmente eterogenea.
Concludendo con una notazione forse più politica questo breve sguardo d’insieme alle elezioni dirette del sindaco di Ascol Piceno, si potrebbe affermare, infine, che in un quarto di secolo si è passati elettoralmente a livello comunale dalla forza delle idee della politica, espressa dai numeri predominanti a sostegno delle liste dei partiti nazionali, alla forza di quella che potremmo definire la rete delle conoscenze cittadine, mostrata dalla proliferazione delle liste civiche presentate e dalla corrispondente riduzione dei consensi alle liste dei partiti nazionali (un punto di svolta in tal senso sono senza dubbio le secondo elezioni comunali vinte da Guido Castelli nel 2014 con le 12 liste a suo sostegno e con nessuna lista tra queste 12, neanche di partito, che arriva al 10% dei consensi).
Tale estendersi di questa forza della rete delle conoscenze cittadine non ha però giovato a una maggiore partecipazione elettorale, anzi, come dimostrano i numeri sopra evidenziati, si è accompagnata a una riduzione dei votanti, conducendo, paradossalmente, non a un allargamento della partecipazione ma a una sua riduzione, che sembra finire per premiare più che la forza di una idea politica di città, la forza derivante dai candidati consiglieri che si riescono a coinvolgere direttamente nella competizione elettorale, appunto la rete delle conoscenze cittadine, senza che poi però questa rete riesca a tradursi in una maggiore partecipazione popolare.
Al contrario, invece, questo proliferare di liste civiche sembra quasi contribuire a condurre, a livello di numeri elettorali, a un rinsecchimento della vita democratica cittadina (forse acuito anche dal declino demografico di Ascoli a favore in parte della costa, fenomeno tra l’altro in qualche modo simile a quello che nell’ultimo decennio si sta verificando nella nostra regione tra Macerata e Civitanova Marche), purtroppo comune a molte città italiane e in primis nella nostra provincia al comune più popoloso, San Benedetto del Tronto, come ricordato sopra.