Ascoli, riflessioni sulla mostra Cavallini Sgarbi

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L’operazione della mostra Cavallini Sgarbi ad Ascoli è la riprova di come il nostro territorio non abbia al suo interno la capacità, lo spessore, la qualità per “produrre” cultura. Ci piace essere eterodiretti, pronti ad aprire le porte, e la borsa, a chi ci “porta” da fuori non la cultura ma la fama, le paillettes, la visibilità effimera dell’evento fine a sé stesso, che non produce, non crea, non semina ma si limita a raccogliere quel po’ di estemporanea e transitoria notorietà che ci appaga facendoci vedere e toccare da vicino personaggi famosi.

Emanuele Pirella, grande intellettuale della comunicazione, diceva che “l’evento è il silicone della cultura” pensando agli interventi estetici che provano a camuffare, abbellire dei corpi, dei volti che presto poi sfioriscono diventando peggio di prima. Siamo terra da conquistare, destinata a non brillare di luce propria ma ad accontentarsi dei riflessi che ci vengono elargiti, magari con lauti compensi. Se questa è la strada per la Capitale della Cultura ci sarà ancora molto da camminare.

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