Il voto e il vuoto (l’astensionismo), perché si vota

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Giorgio Gaber e Papa Francesco, in secoli diversi, con modalità diverse (canzonetta di musica leggera ed enunciazione “urbi et orbi”) dicono la stessa cosa: bisogna esserci comunque.

A Bologna, agli inizi degli anni ’70 Gaber in un concerto al Palasport cantava:

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche avere un’opinione,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione!.

Ad Assisi, Papa Francesco, mezzo secolo dopo, con altre parole dice le stesse cose rivolto alle giovani generazioni: fatevi sentire e se non avete niente da dire fate chiasso! (fate casino non lo poteva dire).

E cosa c’è di più partecipativo, importante, facile e immediatamente riscontrabile (come il gratta e vinci) del voto?

Si può, e si deve, scendere in piazza. Organizzare dibattiti, mobilitazioni, flashmob, girotondi e quant’altro. Ma il primo passo deve essere il voto. La facoltà, la libertà, di votare non è una cosa così scontata. Può sembrare pedante ricordare che le donne in Italia hanno avuto diritto di votare (e di essere elette) il 23 febbraio del 1946, fino ad allora erano considerate solo angeli del focolare. Non l’hanno ottenuto gratis ma grazie alle lotte, che hanno portato anche alla Costituzione, che sta diventando una coperta che ognuno tira come gli pare.

Il voto è il primo passo della partecipazione. Certo anche l’astensione è un diritto. Quello che fa riflettere è che nessun condomino si astiene regalando il suo voto al vicino di casa che lo sveglia alle tre di notte suonando la batteria. Invece se si tratta di scegliere un governo, chi decide diritti e doveri della nostra vita ci asteniamo tranquillamente.

Certamente la classe politica non è che si sforzi molto per cambiare questo stato di apatia e disinteresse. A pensare male si potrebbe supporre che gli faccia comodo. Una legge elettorale che il termine bizantinismo non riuscirebbe ad esprimerne la fallacità ed incomprensibilità. Candidati che non possono essere scelti, intralci burocratici a far votare i fuori sede in Italia, italiani residenti all’Estero che votano con modalità e legittimità opinabili.

Ciononostante, in una società democratica come la nostra, la partecipazione al voto è il fondamento da cui occorre partire. Tutti i dati sul voto li trovate nel nostro articolo QUI. Con un’affluenza al 60% la coalizione che prende il 40% in realtà rappresenta il 24% della popolazione che ha diritto al voto e potrebbe decidere per il 100% degli italiani.

L’astensione non assume valore politico ma solo indifferenza e distanza dalla politica stessa, nuocendo in modo letale al concetto di democrazia e partecipazione (con buona pace di Giorgio Gaber e Papa Francesco).

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