Continuiamo a dare visibilità a libri mai comparsi nelle classifiche di vendita e il cui autore non è stato mai intervistato dal mezzobusto della cultura sullo sfondo delle bancarelle di libri nella piazza accanto al ministero della Giustizia. Insomma veri e propri libri simili a clandestini che si intrufolano, per la loro qualità di scrittura insieme con il ripudio assoluto delle fake (come testimoniano le decine e decine di pagine di bibliografia e le note) fra i testi più celebrati. Non si tratta inoltre di pubblicazioni recuperate da polverose biblioteche, ma uscite nei mesi scorsi e reperibili in libreria. Quello di stavolta è il lavoro di una vita dello storico Paolo Preto, docente di storia moderna presso l’Università di Padova. Purtroppo non è riuscito a vedere la sua opera, è scomparso nel 2019 e le sue ricerche, utilizzando gli appunti che aveva ancora sulla scrivania, sono state completate dai suoi assistenti Walter Panciera e Andrea Savio. E’ toccante, verso la fine, quando una frase si spezza a metà, al punto in cui il prof. Preto ha smesso di scrivere. Da lì in poi per le ultime pagine sono subentrati i suoi collaboratori.
Le ricerche decennali del prof. Preto erano incentrate sulla storia dei falsi, delle fake diremmo oggi, dall’antichità fino ai nostri giorni. Riviviamo così vicende e soprattutto storie di straordinari personaggi riuscivano ad ingannare i sapienti del tempo e soprattutto ricavare quasi sempre onori e denaro e spesso potere. Come non citare ad esempio, il falso più clamoroso, la donazione di Costantino su cui la chiesa di Roma fonderà il suo primato sul potere imperiale insieme con la facoltà di acquisire territori e un’organizzazione statale. Ci vorrà un umanista del Quattrocento, Lorenzo Valla, a dimostrarne la falsità e cercare per primo chi fosse l’autore. I sospetti si concentrano (ovviamente) sulla curia romana negli anni intorno all’ottavo secolo. C’è anche un capitolo dedicato alla Sindone e all’uso politico-dinastico che i Savoia ne hanno fatto nei secoli. Da quello che si legge emerge che il prof. Preto aveva consistenti dubbi sulla sua autenticità.
Godibili e spassose anche le vicende dei frati falsari che costruivano documenti in serie sia per smentire quelli resi pubblici dal convento avversario sia per rivendicare terre e privilegi. Il problema era quello di retrocedere il più possibile nel tempo la concessione dei beni dall’imperatore e accreditarne così il possesso.
In questo mare di falsi documenti, iscrizioni misteriose c’è spazio anche per una vicenda truffaldina di casa nostra che risale alla seconda metà del 1800 e che fu smascherata dal celeberrimo studioso tedesco Theodor Mommsen che, smessi i panni dell’erudito, in questa occasione indossò quelli dell’investigatore. Un falso questo di cui ci sono gli echi ancora oggi e speriamo che in questi giorni in cui si parla tanto di cultura non venga a qualcuno la tentazione di riesumarlo.
Tutto comincia intorno al 1860 quando il mercato antiquario europeo viene invaso da glandes o ghiande (palle in genere di piombo da scagliare con la fionda contro il nemico, in questo caso i romani che assediavano Ascoli) incise con nomi di romani illustri cui in teoria sarebbero destinate. Venditori e intermediari, spiega il prof. Preto, assicurano un’origine da Ascoli, ma anche da Macerata, Cortona e perfino da Francia e Grecia. Ma queste ultime hanno poco successo surclassate per quantità, ma anche soprattutto per qualità da quelle targate Ascoli. Ma da dove spuntano? Secondo una voce sarebbero state rivenute durante uno scavo nell’alveo del torrente Castellano. Le glandes hanno un successo straordinario, vengono acquistate anche da prestigiosi musei. Quello di Berlino incarica un collaboratore di Mommsen, Karl Zangemeister di catalogarle. Lo studioso comincia ad avere dubbi sulla loro autenticità, ma le sue perplessità non sfiorano due eruditi, uno francese e uno tedesco, che ne curano, ciascuno per conto suo, la pubblicazione confermandone l’autenticità, ma a chiarire tutto è lo stesso Mommsen. Inviato ad Ascoli nell’estate del 1876 dall’istituto archeologico tedesco di Roma scopre che dagli scavi sono affiorate sì glandes ma, salvo due, senza alcuna iscrizione. Proseguendo nelle indagini Mommsen scopre il falsario, un fabbro di nome Giuseppe Vincenzini o Vicenzini che sottoscrive anche una confessione. Probabilmente è solo l’ultima ruota di una truffa colossale. Vicenzini o Vincenzini è infatti quasi analfabeta e non conosce nulla di storia romana, forse le ha soltanto realizzate invecchiando il metallo con una tecnica raffinata e incidendo su di esse iscrizioni raffinate o tratte da monete dell’epoca. Insomma Mommsen ha scovato il braccio, ma non la mente, colui che ha fornito le iscrizioni da copiare e che si è tenuto anche i ricchi proventi delle vendite di glandes. Di soldi il povero fabbro ne ha visti pochi tanto che morirà, nella miseria più nera, di lì a pochi mesi.
“Il suo libro – commentano i curatori nella prefazione dell’opera del prof. Preto – quasi un compendio generale di ogni menzogna, mistificazione e manipolazione fatta dal mondo antico fino a quello contemporaneo, ci aiuterà a riflettere ancora meglio sui significati e sui pericoli della falsificazione”. E su questo dovrebbero riflettere anche chi nega in questi giorni i progressi della scienza.