Il 20 novembre 2022 alle ore 17 l’arbitro italiano Daniele Orsato ha dato il fischio d’inizio al mondiale più discusso della storia.
Il primo mondiale in Medio Oriente è al centro di ogni discussione sui mass media, in primis la scelta della nazione ospitante, il Qatar, sembrerebbe essere il frutto di una serie di accordi e stratagemmi, legati anche al costo spaventoso di questa competizione che ammonta a circa 220 miliardi di dollari (cifra nettamente superiore rispetto a quella investita per il precedente mondiale in Russia) e la vita di molti operai. Il progetto del mondiale di calcio è stato inserito all’interno della “Qatar National Vision 2030”, il piano d’investimento governativo che mira a far sviluppare il Paese, seguito e controllato da sceicchi estremamente conservatori che stanno calpestando libertà di espressione e diritti umani.
Il rapporto di sudditanza che intercorre tra i potenti del Qatar e il popolo ha portato ad oltre 6500 morti durante la costruzione degli stadi.
Molti personaggi di rilievo nel mondo dello spettacolo hanno rinunciato a ingaggi elevatissimi pur di non piegarsi ad un sistema che continua imperterrito a soffocare i fondamentali diritti umani e la diffusione delle idee. È il caso del divieto di indossare la fascia arcobaleno, simbolo della comunità LGBT, che porterebbe avere come conseguenza sanzioni di vario genere, se non rispettato.
Dall’inizio del mondiale anche molti calciatori hanno cavalcato la baraonda mediatica per protestare e far sentire la loro voce. Un esempio è rappresentato dai calciatori dell’Iran, che hanno scelto di non cantare l’inno nazionale per dimostrare lo sdegno rispetto a quanto sta accadendo negli ultimi mesi nel loro Paese.
Tra corruzione, dittatura, violazione dei diritti umani e scandali, riuscirà il calcio a far risuonare per le strade del Qatar il suo inno di pace?
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