Referendum (8-9 giugno): fermati per un volantino e riparti più diritti

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Ho fermato un anziano che camminava insieme a sua figlia. Lei, in modo molto scortese, ha fatto segno di allontanarmi ma il padre è voluto tornare indietro e prendere il volantino: ‘E poi me lo leggerai, voglio essere informato sul referendum!’”. A raccontare l’interessante scena è Michelle Marafini, studentessa ascolana di Filosofia e membro del direttivo di Officina universitaria con cui è diventata rappresentante degli studenti nel Dipartimento di Studi umanistici dell’università di Macerata. “Siamo stati la lista più votata alle scorse recenti elezioni in ateneo e siamo attivi dal 2007. Il nostro è un vero e proprio sindacato che difende le ragioni e gli interessi degli studenti e delle studentesse, ma non ci limitiamo a questo”.

Impegnarsi insieme per il referendum – “Alcuni mesi fa ci siamo detti, nell’ambito delle tante iniziative che svolgiamo (eventi culturali, di approfondimento politico e sociale, ecc.), di occuparci dei referendum che voteremo i prossimi 8 e 9 giugno. Poco dopo ci è arrivata la proposta della Cgil di incontrarci, insieme ad altre realtà studentesche universitarie della regione, per definire la possibilità di una collaborazione. Ci capita di collaborare, da sindacato (piccolo, il nostro) a sindacato (grande, il loro) per iniziative come queste. Ritengo personalmente importante che ci si metta insieme per battaglie così importanti, serve la collaborazione di tutti: un vero sforzo collettivo. E così abbiamo avuto il piacere di ospitare a una delle ultime nostre riunioni del martedì a Macerata una formazione della Cgil sull’argomento in vista dell’organizzazione di banchetti informativi in città. Un momento importante, esauriente… li abbiamo riempiti di domande: ora sta a noi”.

I banchetti – “Recentemente abbiamo fatto il primo della serie di banchetti che abbiamo messo in piedi ed è stata una bella esperienza (anche se, a volte, faticosa) per tutti noi. Abbiamo scelto il momento del mercatino antiquario, così potevamo intercettare un certo movimento di persone. In mattinata erano soprattutto giovani, tendenzialmente universitari. Un buon 60% circa era informato sul referendum e ci ha detto che si sarebbe recato alle urne. Chi non lo era, si fermava curioso e interessato. Io sono anche abbastanza irruenta -se necessario.- ma c’era davvero molto interesse. Situazione diversa il pomeriggio, quando la fascia d’età si è più spostata verso gli over 30. Qui abbiamo riscontrato molto disinteresse, risposte scontrose, difficoltà ad accettare il volantino. E anche un bel: ‘Ma andate a lavorare!’. Una buona quota rispondeva di non recarsi mai alle urne, per nessun motivo. Nota a parte per i più anziani, quasi tutti non informati sui referendum e le loro ragioni ma con un certo interesse in una parte di loro per approfondire”.

Il quesito sulla cittadinanza – “Proprio domani, mercoledì 14 maggio, abbiamo organizzato un ulteriore evento: un aperitivo per parlare di storia di cittadinanza, diritti, futuro e referendum in vista dell’8 e il 9 giugno! E saremo in dialogo con Clara Osma e Hadil Tarhouni di Italiani senza cittadinanza. Ci piace ospitare persone interessanti con cui approfondire, in modo informale, tematiche varie. Speriamo di riuscire a fare anche altro sui quesiti sul lavoro. Anche se è più difficile per noi organizzarli, bisogna avere contatti e disponibilità a venire…”.

La spiegazione dei quesiti – “Innanzitutto sottolineare quanto sia fondamentale andare a votare. L’unico vero esercizio di democrazia diretta che abbiamo a disposizione è questo. Occorre raggiungere il quorum, ovvero che il 50% più uno degli elettori si rechino alle urne a esprimere la propria posizione e i temi di lavoro e cittadinanza sono cruciali. La situazione lavorativa ci riguarda tutti e da vicino. Meno precarietà, più sicurezza e più diritti! E mi fa piacere che tutta l’opposizione -a parte qualche distinguo..- l’abbia capito, finalmente, dopo la legge Renzi del 2015”.

  1. Stop ai licenziamenti illegittimi
    Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui la/il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo.
  2. Più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese
    Nelle imprese con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata  l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene le/i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione rispetto alla/al titolare. Abroghiamo questo limite, aumentiamo l’indennizzo sulla base della capacità economica dell’azienda, dei carichi familiari e dell’età della lavoratrice e del lavoratore.
  3. Riduzione del lavoro precario
    In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.
  4. Più sicurezza sul lavoro
    Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.
  5. Più integrazione con la cittadinanza italiana (su Ithaca ne abbiamo parlato QUI)
    Riduciamo da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter fare domanda di cittadinanza italiana, che una volta ottenuta sarebbe trasmessa ai figli e alle figlie minorenni. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.

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