La cantautrice e attrice romana Margherita Vicario ha costruito il disco un pezzetto alla volta, a partire dal 2019, e adesso che prende forma per intero, ogni canzone si incastra perfettamente e con l’altra.
Se da un lato ci sono canzoni più ballad come “Fred Astaire” e “Come noi”, dall’altro troviamo tematiche di denuncia sociale contro l’odio ingiustificato nei confronti degli stranieri, l’oppressione che ostacola l’emancipazione femminile e l’influenza della religione nella vita pubblica.
Seguo Margherita da qualche anno e l’ho sempre apprezzata, non solo per la sua musica ma come persona. Perché diciamocelo, quando percepisci la volontà di un artista di portare parte della sua vita nelle canzoni che scrive, alla fine ti sembra un po’ di conoscerle.
Così nel momento in cui sono uscite le date del tour e ho visto che nella lista c’era anche Monsampolo del Tronto non mi sono lasciata scappare l’occasione.
L’evento per di più era gratuito e, come mi ha spiegato un signore della zona, è stato ideato per dare un po’ di vita e far smuovere l’economia del posto.
E così in una notte di 25 Agosto mi sono piazzata in prima fila, proprio sotto al palco in piazza Marconi.
Il concerto è iniziato con un bingo dentro al Bingo, tipo Inception. Infatti all’entrata due ragazze hanno distribuito a tutti cartelle con 4 numeri, che poi sono stati estratti dalla corista.
A rendere tutto più reale il sottofondo musicale della canzone omonima al gioco.
E come ogni bingo che si rispetti chi aveva la cartella vincente riceveva un premio: in palio la tote bag del merchandising firmata da Marghe. Oltre alla gloria eterna ovviamente.
La fortuna al gioco non l’ho mai avuta ma, dato che ultimamente in amore non va molto bene, c’ho sperato un po’. E invece la dea bendata ci ha visto bene stavolta, perché ha scelto una ragazza bionda carinissima che è corsa verso il palco esultando, giustamente.
La seconda canzone non poteva che essere “Orango Tango”, ideata dalla mente perfida della Vicario e del suo produttore DADE per farci venire voglia di ballare.
Sono rimasta davvero stupita dalla sua voce, allo stesso tempo piccola e possente, morbida, graziosa ed esplosiva. Cantava con un’estrema naturalezza, che ti faceva sentire davvero in mezzo alla savana o in un villaggio dell’Africa centrale.
In realtà prima di salire sul palco, l’avevo intravista girare tra l’edificio in cui c’era il suo camerino e lo spiazzo a fianco, e ammetto che un po’ di agitazione era salita anche a me, come se dovessi cantare io davanti a 400 persone. I pensieri erano del tipo: ma si ricorderà i testi? Ce la farà a rimanere concentrata? E invece ho notato che era molto più a suo agio sul palcoscenico con il suo microfono che nell’attesa pre-esibizione.
Sembrava così tanto il nostro concerto che ogni volta che beveva dell’acqua dopo aver cantato, tutti noi ci sentivamo in dovere di prendere le nostre bottigliette e reidratarci insieme a lei.
Anche la bravura della band mi ha spiazzato, in particolare si è distinta la corista Micol Touadi, soprattutto all’inizio della hit “Piña Colada”, quando ha cantato il verso in spagnolo esibendo un perfetto vibrato.
Lo spettacolo è stato un alternarsi di commozione e allegria, e lo può confermare il mio amico Valerio, che ho visto piangere e ballare contemporaneamente sulla cover di “Is This Love”.
In particolare un momento toccante della serata è stato quando Margherita ha fatto un appello che gli era stato richiesto dai ragazzi di Etnici, un negozio della zona, per raccogliere dei soldi con lo scopo di aiutare un senzatetto di San Benedetto del Tronto.
La scelta di comunicarci il bisogno di quest’uomo, che forse chi sta leggendo l’articolo potrà facilmente ricordare vendere palloncini per i bambini in compagnia dal suo cane, è perfettamente coerente con il modo di fare della cantante, che nei suoi testi spesso denuncia le ingiustizie commesse nei confronti degli emarginati e degli stranieri:
“Quelli che dormon per strada il più delle volte sono i più sereni
A volte li fermano i carabinieri
Ma se fermano me
Che ho bevuto non proprio del tè
Magari son bionda e parlo anglais
E son cazzi amari, cazzi in divisa
Oh cazzo, che sfiga
Questa è l’Italia che odia l’indiano che mette benzina”
In “Mandela”, che forse è la sua canzone più popolare, fa riferimento a un fatto di cronaca del 2017, quando dei carabinieri hanno abusato di due studentesse inglesi. La società di oggi ci porta ad avere paura degli extracomunitari, ma il comportarsi bene o male delle persone non dipende dall’estrazione sociale o dall’etnia.
Ma la nostra Marghe non ha proprio peli sulla lingua, e dice la sua anche sulla questione del distanziamento sociale anticovid: “Vi siete vaccinati, avete fatto il green pass…e vi fanno stare seduti”.
C’è stato un momento speciale del concerto in cui si è visto chi erano i veri veterani: parlo di coloro che la seguono dai tempi di “Castagne”, “La matrona”, e “Per un Bacio”.
Nonostante siano anni e anni che porta queste canzoni sul palco, per lei ogni volta sembra come essere la prima. Durante “Castagne” tentava di coprirsi il viso per nascondere la commozione, poiché ci ha raccontato di aver scritto questa canzone per ringraziare la sua famiglia prima di prendere la sua strada.
Anche le altre fanno sempre un grande effetto, soprattutto se chi le canta si impersona nella vicenda narrata. In “Per un Bacio” la cantautrice ha interpretato i due interlocutori che dialogano all’interno della canzone: modificare il tono della voce e recitarla faceva proprio un bell’effetto.
Poi finalmente è arrivato il momento della canzone più bella di tutte (dico così solo perché è la mia preferita), il “Pincio”, che l’autrice ci racconta come “una ninna nanna delicata, ma anche ballabile ed energica, proprio come quei pezzi da fine concerto”.
Purtroppo, però, l’ora e mezza dall’inizio del concerto era già passata, e ci stavamo avviando al termine. Margherita ha deciso di salutarci con “Abauè (Morte di un Trap Boy)”, uno sfogo contro l’istigazione all’uso di droghe da parte dei trapper, ed è stato un momento magico perché ha chiesto a noi del pubblico di fare i cori. Le donne dovevano riprodurre una melodia soave mentre gli uomini avevano una parte alla cori degli ultras.
In ogni caso fin dall’inizio i miei occhi erano puntati sulla scaletta dei brani, il premio più ambito dai fan sotto al palco, così una volta finito tutto sono corsa a prendermela. Stare in prima fila ha aiutato, lo ammetto, perché la corsa alla scaletta è uno sport che richiede agilità ma anche scaltrezza.
Credo che il bello di Margherita sia che se non la conosci ti conquista con le gradevoli sonorità della sua musica e ti incanta con la voce, se la conosci e vai a scavare un po’ più a fondo, la apprezzi per i testi e i messaggi che ci sono dietro parole apparentemente innocue e ritmate.
Beh non avrò vinto al Bingo, ma poter cantare di nuovo tutti insieme sotto a un palco è stata la vera vittoria, mi mancava la stagione dei concerti, e poter chiudere l’estate con una cantautrice talentuosa e divertente è stato davvero il top.