Ascoli, il Supercinema come contenititore di film e spettacoli d’ogni tipo “venne, penza mpò, Cicciolina”

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Di seguito la quinta puntata (qui la prima, qui la seconda, qui la terza, qui la quarta) della nostra serie sul cinema ascolano, che abbiamo presentato qui. Liberamente tratta dalla ricerca di Nicolò Piccioni, che ringraziamo.

Il Supercinema ha rappresentato il vero punto focale per ogni evento, convegno, spettacolo, prima cinematografica e forma di intrattenimento passata per la città a partire dal dopoguerra, tale da poter essere paragonato anche al “teatro massimo” Ventidio Basso.

La sala aprì al pubblico il 1° ottobre 1935 nella centrale via delle Torri, a 50 metri circa dal teatro Filarmonici, in un locale appartenente alla famiglia Merli che dal 1929 era adibito a garage. Lo spazio venne riconvertito in locale pubblico dal progettista geometra Abele Cappelli, che ne ricavò una sala di ben 1800 metri quadrati che, con la relativa galleria, era capace di ospitare ben 1500 persone. Il locale era dotato anche di biglietteria e bar, spaziosi servizi igienici e di un grande palcoscenico largo 11 metri sopra il quale era attrezzato lo schermo, adatto anche ad accogliere spettacoli teatrali. La sala aveva anche comode poltrone, un buon impianto di insonorizzazione, e efficienti impianti di riscaldamento, aerazione e illuminazione, cosa che lo rendeva il locale più moderno della città. Una gestione intelligente gli permetteva sempre di avere in offerta film di prim’ordine, e di ospitare spesso prime cinematografiche con personalità provenienti da tutta Italia. Nel tempo vi vennero aggiunte altre migliorie strutturali, tra cui un atrio ancora più grande, due balconate laterali a prolungamento della galleria, allargamento del boccascena e l’installazione di uno schermo panoramico.

Ricorda la professoressa Erminia Tosti: “Il Supercinema! Sempre ci andavo, era bello, era bellissimo, era Super- cinema perché era grande! Intanto l’atrio, tu non l’hai visto, in via delle Torri, adesso ci hanno fatto degli appartamenti. Quindi si entrava, qua c’era la cassa, un atrio, non puoi immaginare, immenso, non grande, enorme! Tenuto benissimo, con delle vetrinette, c’era la pubblicità, vendevano che ne so, profumi, cose, erano in esposizione … credo, per sponsorizzare forse qualcuno, per farsi pubblicità. Poi a sinistra lì c’era e si entrava, c’era la maschera cosiddetta che ci strappava il biglietto e entravamo. Là dentro c’era una platea grande, poi sopra una galleria che faceva due ali, laterali … sono andata tante volte … e lì facevano anche degli spettacoli”.

Il suo ingresso, come appare oggi

Paolo Ferretti, imprenditore ascolano impegnato nel settore cinematografico, ricorda lucidamente l’occasione in cui andò a vedere un evento di grande portata spettacolare per quegli anni: “Io mi ricordo che andavo a vedere i film con mio zio, Ernesto, ci portò lui … un emozione eccezionale … c’era un sipario rosso chiuso, che si apriva pian piano, si apriva su una piazza romana piena di persone, e più si apriva più tu vedevi questa piazza, la cominciavi a vedere, più aumentava il rumore … il rumore poi era quello della piazza, non c’ erano le parole, e non finiva mai. Erano 15 metri, forse ne erano 18, non lo so, ma uno schermo enorme … la differenza era che era più schiacciato rispetto allo schermo precedente, che aveva un rapporto di circa ¾, quello il cinemascope [per approfondire cos’era, qui, ndr] era un rapporto di 1 a 2,35 quindi molto più stretto, molto più stretto anche delle televisioni attuali, che sono a 16/9, cose del genere, invece 1 a 2,35 è molto più schiacciato e più largo [….] Era un evento, è stato il primo film in cinemascope … sì, La tunica con Richard Burton, Jean Simmons, e poi ci fu il seguito, I gladiatori (1954; D. Daves). Con “la tunica” si intendeva la tunica di Gesù Cristo … comunque c’è la crocifissione da fa’ paura … per la prima volta dentro il cinema mi ricordo che tutta la sala saltò per aria … il cinema era avvolgente, tutti gli effetti, a un certo punto si sente il fulmine che cade dietro … ma proprio sembrò che era entrato dentro alla sala, la gente saltò per aria!”.

Tra l’altro la sala era l’unica in città a proporre i cosiddetti matinée, cioè le proiezioni mattutine, virate soprattutto su film didattici di genere storico e saghe a puntate. Alla sua apertura il locale faceva pagare “8 soldi” per uno spettacolo singolo e 16 per uno spettacolo doppio, arricchito da un altro film o un numero di varietà. L’elemento che distingueva davvero la sala rispetto a tutte le altre sale della città infatti era che, con un biglietto a un prezzo maggiore rispetto a quello di una proiezione classica, si poteva vedere un film e poi godere successivamente di un piccolo spettacolo di varietà, con ballerine e cantanti.

Ad esempio Erminia Tosti racconta: “C’era la programmazione di un film, e poi varietà, le ballerine, pure Wanda Osiris penso sia venuta ad Ascoli … ah ma erano ballerine, avanspettacolo! Leggeri. Barzellette, tipo Gino Bramieri che intratteneva il pubblico raccontando le barzellette, gli uomini ci andavano. Adesso fanno ridere, per l’epoca erano spinti; e queste ballerine di avanspettacolo poi alloggiavano là all’albergo Posta, e siccome mio padre era molto amico del proprietario, del gestore, Tullio si chiamava, allora andavamo a vederle pure queste ballerine, ma soprattutto gli uomini là sotto si mettevano. Era frequentato!”

Bisogna distinguere due fasi nella storia degli spettacoli di varietà offerti dal Supercinema. Dagli anni ’30 a circa la fine degli anni ’60 il locale propose per la maggior parte gli spettacoli di rivista, sketch comici accompagnati da musica e ballerine, con intenti talvolta satirici, e a carattere brillante, in un periodo storico, successivo alla distruzione della guerra, in cui questo genere di intrattenimento serviva a distrarre il pubblico dalle brutture della vita quotidiana negli anni della ricostruzione. Venne poi un’altra fase, che iniziò invece a partire dagli anni ’70 e si acuì soprattutto negli anni ’80, cioè l’ultimo periodo di vita del cinema, in cui gli spettacoli di varietà si trasformarono in veri e propri spettacoli di ballerine e di strip, dalla forte carica erotica. Tale cambiamento fu dovuto in parte alla trasformazione dei tempi e dalla liberalizzazione dei costumi che ormai aveva preso piede, e in parte alla crisi generalizzata dei cinema della città (dovuta all’avvento delle televisioni private e delle nuove tecnologie home video) che costrinse i gestori delle sale a variare la programmazione portandola verso strade più appetibili al pubblico.

Spettacolo di ballerine, primi anni ’80

Per dare un’idea della varietà dell’offerta di cui si poteva usufruire al Supercinema riportiamo questi stralci ripresi da una raccolta di cronache cittadine: “Al Supercinema un incontro di lotta greco-romana con campioni di calibro internazionale richiama un folto pubblico” (1950), Oppure: “Lo showman Corrado presenta al Supercinema Italia la Gara Interregionale di Economia Domestica Rurale nell’ambito della XX edizione della Fiera Avicunicula e degli animali da pelliccia. Lo spettacolo d’arte varia ‘Un po’ di storia e un po’ di folklore’ propone una sfilata di pellicce, musica con Jimmy Fontana e il complesso Gianni Davoli, una coreografia della Quintana, il gruppo folcloristico di Cingoli” (1968).

O ancora: “A maggio al Supercinema Italia si conclude l’attività didattica di danza del Gruppo artistico culturale ‘Tersicore’, che ha al suo interno il Corpo di ballo di Caterina Ricci, quest’anno partecipante, con i suoi venticinque componenti, al Festival internazionale ‘Tersicore d’oro’ nella cornice del Parco di Poggio a Caiano, su invito dell’Accademia Internazionale Medicea di Firenze” (1981).

Fernando Luzi, storica maschera del Supercinema: “Ho conosciuto tutti gli artisti di questo mondo, tutti! Meno Totò e Alberto Sordi, il resto li ho conosciuti tutti. Venivano, lì al Supercinema ci so’ passati tutti. Rascel, Macario, Dapporto, Tognazzi … Rascel c’aveva la compagnia. Facevano le compagnie rivista. Pure l’opera, per l’opera facevamo pure, ci vestivamo da comparse no? Ho visto anche il grande tenore, famosissimo, Beniamino Gigli! Tutti!

E ancora sull’ultima fase: “Da principio erano tutte ballerine e basta, solo col costume, si portava almeno un completo nero a coprire il capezzolo … dopo dal varietà proprio a spogliarello, quello, ma neanche me piacque tanto, dopo, negli anni ’80 … dopo venne, penza mpò, venne Cicciolina, che era stata incaricata a onorevole, come no? Cicciolina, Moana Pozzi … Ma prima erano spogliarelliste, ma di classe, quella Rita Renoir, che era ‘na francese, ma gli spettacoli erano spogliarelli veri … con arte, e non è che te faceva vede tutt’, invece dopo di tutto, una cosa proprio, ‘no schifo, faciè schifo … Por la madonna! Era pieno! […] “Ascolani!” faceva: “Ascolaniii!” perché se mettiè su, su lu siparie, che era di velluto pesante, e siccome questo era piccolo e simpatico, se mettiè succima e faciè la liana come Tarzan …134 “Ascolaniii!” Calava con la cosa e faciè… “Cambiano i governi, cambiano le stagioni, ma le facce della prima fila non cambiano mai!” Tutti in prima fila. Cellò era memorabile … Cellò, Barlò erano proprio i classici … Eh! Erano quelli, le maschere di Ascoli … eh, le macchiette, sì sì quel periodo lì era Cellò…”.

Audace impresa di Cellò, uno de “i soliti” frequentatori degli spettacoli erotici proposti negli anni ‘80

Dopo aver affrontato una fase discendente, il locale si dovette infine arrendere alla chiusura il 30 giugno 1988 quando, dopo un periodo di scarsa affluenza di spettatori, i proprietari giudicarono antieconomica la spesa che si sarebbe dovuta sostenere per metterlo a norma con le nuove regole di sicurezza.

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